Perché Skyrim ha avuto tanto successo?
Storia di un videogioco immortale lanciato 15 volte su 10 sistemi diversi.
Il 13 dicembre 2010, sul canale YouTube di Bethesda Softworks, comparve improvvisamente il trailer di annuncio di Skyrim, la nuova iterazione nella storica serie di The Elder Scrolls che i fan di vecchia data attendevano da quasi cinque anni. Due mesi più tardi, gli appassionati erano in delirio: fu pubblicato un corposo filmato che iniziava a mostrare i primi maestosi scorci della regione nord di Tamriel, svelando una crescita impressionante rispetto all'episodio precedente e un'ambizione a dir poco fuori scala.
Il video si concludeva con la conferma di una data di uscita certa, ovvero l'11 novembre del 2011, un giorno che avrebbe cambiato per sempre, tanto in positivo quanto in negativo, la storia di Bethesda Softworks.
The Elder Scrolls V: Skyrim vendette 3,5 milioni di copie in 48 ore e più di sette milioni prima della fine della settimana, incassando mezzo miliardo di dollari nel giro di una decina di giorni. Entro la fine dell'anno le unità piazzate superarono quota 10 milioni. A gennaio 2012, grazie a Skyrim, Steam ruppe il suo record di utenti connessi toccando l'astronomica cifra di 5 milioni, e l'RPG divenne il titolo più giocato della piattaforma con un margine enorme sul secondo classificato, che all'epoca era Team Fortress.
La media dei voti delle principali testate si assestò sul 95/100, rendendolo di fatto uno dei titoli meglio valutati di tutti i tempi. Mentre fioccava qualche meritata critica attorno a un comparto tecnico non certo rifinito, la media delle ore dedicata da ciascun utente all'opera cresceva a dismisura, seppellendo di fatto qualsiasi metrica conosciuta fino a quel momento.
Oggi, a distanza di quasi 10 anni dal lancio originale, Skyrim ha superato quota 30 milioni di copie vendute - anche se gli ultimi dati ufficiali risalgono solamente al 2016 - venendo rilasciato per ben 15 volte su 10 sistemi diversi e incassando una somma che ha oltrepassato largamente il miliardo e mezzo di dollari. E la storia è ben lungi dall'esser finita, perché a breve vedrà luce una nuova versione next-gen del più recente capitolo nella saga di The Elder Scrolls.
Il cratere lasciato dalla caduta sulla Terra di Skyrim ha finito per condizionare irrimediabilmente la stessa storia di Bethesda, una società che sì, aveva già assaporato il grande successo attraverso Oblivion e Fallout 3, ma non si era mai trovata a confrontarsi con una simile mole di introiti. Ciò ha cambiato l'approccio della casa al mercato, spingendola a tentare nuove strade e tastare il terreno di inediti modelli di business, come quelli offerti da Fallout 76 e The Elder Scrolls Legends.
La domanda sorge spontanea: perché? Come è possibile che un videogioco interamente single-player, per di più un RPG occidentale, sia riuscito a creare uno strappo tanto grande nell'industria dei videogiochi? Qual è il segreto che ha reso Skyrim una produzione immortale?
Una caratteristica completamente incidentale che spesso e volentieri non viene presa in considerazione risiede nella fortuna di intercettare una particolare corrente creativa. Pensate ad esempio al rinascimento degli zombie che ha caratterizzato il finire dei 2000: Call of Duty: Black Ops di Treyarch e lo show The Walking Dead di AMC si sono toccati nel punto più alto di una parabola di successi destinata a spegnersi rapidamente negli anni seguenti.
La stessa cosa si è verificata nel caso di Skyrim, che ha esordito sul mercato assieme alla prima stagione di Game of Thrones, ed entrambe le produzioni hanno inaugurato un'età dell'oro del genere fantasy tanto duratura da trasformare anche The Witcher 3, quattro anni dopo, nel Game of the Year. È evidente che stiamo parlando di opere di grande caratura, ma bisogna tenere in considerazione il peso delle mode che si sviluppano nella cultura pop trasformando ottimi prodotti in veri e propri kolossal.
Un discorso simile si può applicare all'immensa corrente di videogiochi open-world che ha caratterizzato l'interezza della settima e dell'ottava generazione di console, e non è un caso che Skyrim rappresenti l'epitome di quel movimento. In un'era che ha visto la filosofia open-ended infrangere un record dietro l'altro, Bethesda ha confezionato il principe dei titoli vasti e aperti, catturando nella sua rete milioni di persone assetate di libertà.
Questi semplicissimi punti fermi, che brillavano ancor prima di cliccare su "Nuova Partita", hanno trascinato sulle sponde nord di Tamriel un'immensa frangia di pubblico che non aveva mai sentito parlare della serie di The Elder Scrolls. Considerando che Oblivion e Fallout 3, nell'arco di 15 anni, hanno venduto poco meno di 20 milioni di copie combinati, è evidente che tantissima gente poco avvezza alla storia di Bethesda e al mondo RPG si sia gettata a capofitto in Skyrim.
Aggiungete al calderone il fatto che proprio in quegli anni stava nascendo il moderno mercato della creazione di contenuti, e che i videogiochi hanno finito per monopolizzare a lungo l'offerta di un colosso come YouTube, e il gioco è fatto. Bastava registrare un semplice bug fra i tantissimi che costellavano il titolo per far schizzare alle stelle il numero delle visualizzazioni, mentre fra un meme e una leggendaria linea di dialogo Skyrim si stava trasformando in un fenomeno di costume a tutti gli effetti. In poche parole, non giocando Skyrim ti saresti trovato completamente escluso dal loop.
E poi c'era il mondo attraverso lo schermo. Un mondo che si presentava come una tela completamente bianca da dipingere di volta in volta attraverso personaggi originali, storie uniche e imprese straordinarie, regalando respiri di libertà e profumi d'indeterminazione alle esperienze di ciascun giocatore. Un mondo in cui potevi essere chi volevi e fare tutto ciò che desideravi.
Il segreto di Pulcinella nel successo di Skyrim risiede proprio nella costruzione di un universo pensato per mettersi completamente al servizio del giocatore, piegandosi al suo volere e custodendo timidamente centinaia di segreti. Oggi, a distanza di 10 anni dalla release originale, è quasi impossibile tornare con la mente alle sensazioni emerse durante il primo confronto con un titolo che negli anni è stato completamente sviscerato, ma si trattava di un incantesimo a dir poco straordinario.
Il world-design, nello specifico, rappresentava una lezione di cui qualsiasi sviluppatore dovrebbe fare tesoro, come dimostrato dai successi registrati da CD Projekt RED e Larian Studios attraverso The Witcher 3 e Divinity: Original Sin 2. Il pubblico moderno desidera mondi dinamici e minuziosamente caratterizzati nei quali muoversi come figura agente, svelando tonnellate di storie collaterali e dettagli invisibili a uno sguardo superficiale.
Quella di poter impugnare il pad, imboccare una direzione casuale e vivere un'avventura unica, concludente e appagante, è una caratteristica comune a ben poche opere, e l'intera costruzione di Skyrim, con le sue oltre 60.000 linee di dialogo e la sua monumentale offerta secondaria, poggia tutto il proprio peso sul perseguimento di tale obiettivo.
Un mosaico, questo, infiocchettato infine dalla straordinaria rigiocabilità. Se già nella versione vanilla gli utenti accumulavano centinaia di ore rivivendo l'opera sotto diverse prospettive, il sottobosco del modding ha svolto il resto del lavoro, incoronando Skyrim come il videogioco più "moddato" di tutti i tempi, al punto che negli anni sono sbocciate addirittura vere e proprie espansioni interamente create dagli appassionati, con tanto di doppiaggi originali e mappe inedite.
Non è da sottovalutare, in questo senso, anche il supporto post-lancio, dal momento che i DLC Dawnguard e Dragonborn rappresentano probabilmente due fra le migliori iniezioni di contenuti mai realizzate per un titolo single-player. Se queste potevano contare su storie impattanti, personaggi memorabili e dozzine di novità meccaniche, il DLC Hearthfire riuscì invece a leggere perfettamente i desideri dei giocatori, ormai volenterosi di trasferirsi definitivamente fra le montagne della regione.
In fin dei conti il più grande punto di forza nella serie di The Elder Scrolls, e non solo di Skyrim, sta nel fatto di essere un'esperienza irripetibile, impossibile da sostituire attraverso palliativi di sorta. Proprio come nel caso di Grand Theft Auto, è impossibile rimpiazzarla con qualcosa di simile, proprio perché qualcosa di simile non esiste e gli appassionati sono costretti ad attendere anni prima di ricevere un nuovo episodio.
Ciò detto, è possibile che i traguardi raggiunti da Skyrim abbiano finito per scombussolare la filiera produttiva di Bethesda. È difficile biasimare la compagnia, perché anche solo quello di immaginare un nuovo capitolo della saga capace di replicare il successo del quinto episodio è uno sforzo al limite dell'impossibile.
Come si può rimpiazzare una regione affascinante come quella dei nord? Cosa ci si può inventare per sostituire creature uniche come i draghi? E i Thu'um invece, anch'essi destinati a cadere nel dimenticatoio? Ripetersi dopo un enorme successo è un'operazione estremamente complicata, specialmente nel settore dei videogiochi, e il fatto che Skyrim continui ad essere ripubblicato al netto della latitanza della nuova iterazione è una testimonianza concreta di questa difficoltà.
L'annuncio alla QuakeCon di Skyrim: Anniversary Edition non deve sorprendere, perché è ormai sotto gli occhi di tutti il fatto che ci troviamo al cospetto di un videogioco immortale, destinato a riemergere, prima o poi, anche nelle vesti di remake completo. Ma se è sempre fantastico trovarsi sopra quel carro nelle vicinanze di Helgen, ascoltando la voce familiare di Ralof di Riverwood, i tempi sono ormai più che maturi per confrontarsi con un nuovo viaggio, un universo atteso ardentemente da oltre 30 milioni di persone.