PlayStation 4 e la parabola dei videogiochi - editoriale
L'hardware c'è, il software meno: ma è davvero colpa di Sony?
New York - "Nervoso". "Eccitato". "Emozionato". Questi sono alcuni degli aggettivi coi quali i miei colleghi della stampa nazionale e internazionale si definivano ieri sera prima dell'inizio della conferenza stampa di Sony. Io invece, forse perché si trattava della quarta PlayStation che vedevo lanciare, non mi ritrovavo in alcuna delle definizioni di cui sopra. Ero però curioso di vedere se Sony avrebbe messo sul tavolo le carte necessarie a rivitalizzare un mercato asfittico, da tempo artificiosamente bloccato da degli hardware ormai obsoleti.
Me ne sono uscito dal Manhattan Center di New York piuttosto soddisfatto. Erano infatti anni che non vedevo una Sony così aggressiva, con Kaz Hirai (simbolicamente, s'intende) che in pochi minuti dichiarava guerra a Microsoft (bruciandola sul tempo per l'annuncio della next-gen), a Nintendo (copiando l'idea del gameplay asimmetrico del Wii U) e forse anche a YouTube, se è vero che Sony ha deciso di creare un proprio network privato per i video laddove ormai tutti si appoggiano al colosso di Google.
All'insegna del "semplice, immediata, social, integrata e personalizzabile", Sony ha poi ricordato una banalità che molti in questi anni hanno finito per dimenticare, ossia che l'hardware del futuro è un PC, se è vero che la PS4 monterà non più astrusi ed enigmatici processori ma una normale CPU della famiglia x86, affiancata da una GPU anch'essa derivata dai computer alla quale verrà demandata, come ormai è prassi, la gestione della fisica.
La differenza stavolta, oltre ai soliti benefici derivanti dal lavorare su un hardware chiuso anziché aperto, la faranno i servizi, di gran lunga superiori a quelli riscontrabili oggi sulla current-gen e, in parte, su PC. Se infatti la possibilità di condividere le proprie partite in video è già possibile da tempo, altre opzioni paiono inedite. Penso alla possibilità che gli spettatori ci passino degli oggetti da usare "in-game" o a quella che ci permetterà di fare continuare ad altri la nostra sessione. Per chi è cresciuto davanti ai cabinati chiedendo "vuoi che ti finisca il boss?", si tratta di una feature intrigante.
Sony ha ricordato che l'hardware del futuro è un PC
E se pur restano ancora da definire cosucce circa l'effettiva utilità del touchpad del DualShock 4 e della barra da posizionare sul televisore (a che serve se poi in mano teniamo un pad?), mi ha stupito vedere come Sony abbia sfruttato l'acquisizione di Gaikai. Tutti parlavano del servizio di cloud gaming di David Perry in ottica di retrocompatibilità, pochi si aspettavano che la PS4 offrisse anche le stesse funzionalità del defunto Onlive. Banda larga permettendo, ovviamente...
Ci troviamo allora di fronte a una console che sarà facile da programmare, immediata da usare e che, per offrire alcune delle caratteristiche finora appannaggio dei computer, non richiederà neppure mouse e tastiera ma un semplice pad. A tutto ciò andranno poi aggiunte le immancabili funzioni social, un'integrazione col mondo mobile che al momento nessun concorrente offre e l'intrigante possibilità di spegnere senza troppi problemi la console e di ricominciare il gioco là dove lo si era lasciato.
Dalla conferenza di ieri sera ne esce poi rinvigorita anche la PS Vita nella veste di "gamepad" per la PS4. Certo, è facile obiettare che per avere l'equivalente del Wii U ci viene chiesto di comprare due console anziché una, ma chi già possiede il gioiellino tecnologico di Sony sarà senz'altro rinfrancato dall'apprendere che ogni titolo per la prossima PlayStation 4 dovrà sfruttare l'integrazione con la sorellina portatile.
Là dove invece la presentazione è stata meno convincente, è stato quando si è passati a parlare del software. Molti publisher, Ubisoft ed EA in primis, hanno affermato in questi mesi che si sarebbero tenuti nella manica alcuni assi, da calare col lancio della next-gen. Ebbene, ieri sera non ne abbiamo visto nemmeno uno, pur essendo di fronte al lancio di una nuova console, e dunque ci troviamo a parlare ancora una volta di sequel (Killzone: Shadow Fall), di IP nuove ma delle quali già si sapeva da tempo (Watch Dogs e Destiny) o di titoli di guida le cui virtù andranno ancora sondate (DriveClub).
Dalla conferenza di ieri sera ne esce rinvigorita anche la PS Vita nella veste di gamepad per la PS4.
Sucker Punch ha dimostrato di essere fin troppo legata alla serie di Infamous annunciandone Second Son, mentre Blizzard si è limitata a confermare un'indiscrezione che circolava da tempo, portando Diablo su console; peraltro, il fatto che il gioco esca anche sulla "vecchia" PS3, finisce indirettamente per togliere un po' di lustro alla stessa line-up della PS4.
Impalpabili The Witness, dal creatore di Braid, e la tech demo dei Media Molecule: fin quasi alla fine l'avevo letta come una specie di Minecraft però bello da vedere, alla fine mi sono dovuto ricredere di fronte a un'improbabile esibizione canora con tanto di PlayStation Move. Quantomeno ora sappiamo che Sony crede ancora nel motion control, laddove Nintendo, che il fenomeno l'ha creato, se n'è tirata fuori col lancio del Wii U.
Deludenti poi i giapponesi, con Capcom che con Pantha Rei ha mostrato sì una buona grafica ma a ben guardare neppure poi questo granché, e Square Enix che inspiegabilmente ci ha mostrato del suo Luminous Engine lo stesso video che abbiamo qui pubblicato lo scorso 29 agosto.
La sensazione è che il videogioco, inteso come medium, abbia raggiunto la sua maturazione
Insomma, diciamo che se Blizzard al posto di Diablo avesse presentato il famoso Titan (ammesso e non concesso che esca anche per console), se al posto di DriveClub avessimo avuto Gran Turismo 6 e se invece che il quarto Killzone avessimo assistito al lancio di un paio di nuove IP, saremmo usciti tutti dalla conferenza senz'altro più contenti.
Ma a ben guardare, sarebbe cambiato qualcosa? Forse sì, forse no. La sensazione che si ricava da questa presentazione è infatti che il videogioco, inteso come medium, abbia raggiunto la sua maturazione. La next-gen, per quello che s'è visto ieri sera, innova e potenzia il corollario ma non la sostanza, fatta ancora una volta di sparatutto, di giochi di guida, di giochi di ruolo, ecc. E se anche un personaggio del calibro di David Cage vuole farci credere che i videogame sono tanto più belli quanti più poligoni hanno, allora forse non è rimasto più molto da esplorare del fatato mondo dei balocchi elettronici
.Con la speranza, sia chiaro, di sbagliarmi.