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PlayStation compie 25 anni! - articolo

Il grande inizio della console di Sony.

Nel 1994 Sony lanciava la sua console a 32 bit nel mercato videoludico, in diretta competizione con SEGA e soprattutto Nintendo, che aveva cancellato il precedente accordo su un Add-On per la lettura dei CD. Sony puntò dunque alla Next-Gen, tentando di riprendersi con un lancio enorme, con campagne pubblicitarie pervasive e tali da convincere all'acquisto anche il pubblico meno vicino ai videogiochi.

La grigia PSX giungeva nelle case, col suo coperchio scattante e i suoi tondi pulsanti. Con le spesse memory card da 8 mega e il joypad coi suoi quattro simboli che tutti conosciamo e la sua forma tondeggiante, tutt'altro che piatta come i pad del passato. I suoi giochi possono toccare i 650 MB, sbaragliando la concorrenza. Molte le Demo, ricche di prove di forza: qualcuno ricorderà Dino e Manta, due modelli poligonali più che dettagliati, per l'epoca, presentati come tech-demo.

L'anno seguente PlayStation arrivò in occidente e il boom venne accompagnato dagli espedienti tutt'altro che legali dell'utenza, che modificava l'hardware e diffondeva CD duplicati. Così, sembrerebbe quasi che il merito del successo sia dovuto al puro marketing (non solo almeno) e alla cattiva fede degli acquirenti: ebbene, sarebbe fare un torto agli sviluppatori che idearono, in quel clima di fermento, alcuni dei più bei titoli in 3D degli anni '90. E sarebbe un torto alla preveggenza di Ken Kutaragi, il padre della Playstation che riuscì a riprendersi dalle turbolenze dovute agli accordi falliti con Nintendo.

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Già nel 1995 il roster di giochi, pubblicizzato con qualcosa che certo suonerà familiare ("U R Not Red E", non siete pronti), contava tra le sue file Tekken: il torneo con gli immancabili Heihachi e Yoshimitsu, adattato dalla versione per cabinati. A proposito di fighting games, con Virtua Fighter (Arcade e Sega Saturn, 1993) il mondo dei picchiaduro aveva già sondato i binari meno rigidi di un mondo in 3D. Virtua Fighter è, tra l'altro, il motivo per cui Sony comincia a credere in una console orientata alle tre dimensioni, con il team di Yu Suzuki visto come modello virtuoso.

PSX, che condivideva con Sega Saturn il picchiaduro all'arma bianca Battle Arena Toshinden, successivamente si farà le ossa con una moltitudine di altri titoli: Soul Blade, Bloody Roar, il sempre amato Tekken 3, gli stessi seguiti di Battle Arena e persino Dragon Ball GT: Final Bout di Bandai, che insieme a Ultimate Battle fa da apripista a una lunghissima serie di titoli tratti da anime e manga. Al lancio nostrano, mentre tutti gli altri generi videoludici cercavano di spiccare e ritagliarsi un posto d'onore, brillavano intanto Wipeout e Rayman.

Wipeout è un gioiello ludico, capace di rivaleggiare col successivo F-Zero X (Nintendo, 1998) grazie a un comparto potente a 360°, dal sonoro alla fluidità di gioco. Per quanto riguarda i racing game, Sony però punta a vie differenti, non si preclude nessuna strada: con gli anni propone titoli spiccatamente simulativi, come Gran Turismo (top-seller), Colin McRae Rally, gli annuali dedicati alla Formula 1. Per non parlare tra l'altro di tutti gli sportivi: Winning Eleven, ma anche multipiattaforma come FIFA ed NBA Live.

PSX e Playstation Classic a confronto.

Persino quei titoli meno simulativi, come Tony Hawk's Pro Skater, The Mission (un mix di action e soccer game), e perché no, anche Crash Team Racing e Micro Machines, garantivano una varietà tale da raggiungere più fasce d'età, in alcuni casi diventando appetibili grazie alla possibilità di giocare in quattro o addirittura otto giocatori, grazie all'accessorio Multitap. Si aggiungono inoltre titoli come Driver ed Ace Combat 2, che alla simulazione di guida aggiungevano il contorno di una trama d'azione, inseguimenti in macchina e cacce ai velivoli stealth. PlayStation diventa, a tutti gli effetti, una console tentacolare.

Rayman, invece, apre a piena potenza il portale all'universo Platform. Sony aveva bisogno non soltanto di mascotte, per rivaleggiare Sonic e Mario, ma di gameplay convincenti e differenti. In breve ecco nascere titoli come Tombi! (capolavoro di Tokuro Fujiwara, padre di Ghosts 'n Goblins) e Klonoa, che non disdegnano il balzo al 2.5D. Del 1996 è Crash, che metteva a dura prova l'hardware. Segue poi Spyro, col suo mondo parlante, l'incessante ricerca di collezionabili, e la capacità tutta fiabesca di far leva su giocatori grandi e piccini.

Ape Escape, del 1999, è tra i primi giochi, insieme a Gran Tursimo, a sfruttare magistralmente il DualShock: il controller con levette analogiche e vibrazione. Tolti i sequel, la lista di Platform di qualità sarebbe ancora lunga: Medievil, Muppet Monster Adventure, Gex, Croc, Bugs Bunny & Taz: Time Busters, Kingsley's Adventure. Persino un Paperino: Operazione Papero aveva tanto da donare al genere, al di là dell'ovvio richiamo di pubblico. Non a caso tra i best seller spicca anche Harry Potter e la pietra filosofale, capace di sovrastare la fredda versione per PC. Menzione d'onore ovviamente a Tomb Raider, che ha definito l'hardcore del platforming 3D, inserendolo nel genere narrativo che ha in Indiana Jones la sua figura più "pop".

Final Fantasy VII (1997) segnava un punto di svolta nella storia dei JRPG.

Ma rallentiamo. È di nuovo il 1997. Sono già usciti Resident Evil (Silent Hill è del '99), PaRappa the Rapper, Wild Arms, Suikoden, ben tre King's Field: si ha già piena consapevolezza delle potenzialità della Playstation, a metà della sua Generazione. Horror, giochi di ruolo, rhythm game, picchiaduro a scorrimento, sparatutto in terza persona, danmaku come Darius, esperimenti: PlayStation ha di tutto per tutti, si può dire che avesse anche molte "killer app", esclusive invidiabili. Ma è nel 1997 che esce Final Fantasy VII. È non solo il caso di un RPG epocale che certo non ha bisogno di presentazioni, ma è quel momento in cui una saga specifica, storicamente su Nintendo, cambia squadra proprio nel momento più delicato: il passaggio totale dal 2D al 3D.

L'anno seguente, dopo che Tenchu sonda il terreno dello stealth, con arene in cui sfruttare strumentazioni e attacchi furtivi, si ripete il fenomeno, con qualche differenza. Settembre 1998: Metal Gear Solid. L'action che prendeva possesso del controller, che narrava una storia arzigogolata e piena di personaggi memorabili, che ci lasciava infiltrare, soli contro tutti, in una base innevata su un'isola dell'Alaska. Anche in questo caso si tratta di una saga che sceglie di proseguire la sua vita in una piattaforma specifica piuttosto che in un'altra, pur non provenendo da Nintendo, bensì dall'MSX.

Chiaramente si potrebbe andare avanti a lungo, considerando che dal 1994 al 2001, quando già la piccola e agile PSOne è in commercio e si affaccia la Playstation 2, gli sviluppatori hanno affinato le proprie tecniche: basti confrontare lo stesso Final Fantasy VII con l'VIII, per comprendere quanti passi da gigante, in soli due anni, fosse possibile compiere. Certi giochi, e citiamo a tal proposito Grandia e Xenogears, preferivano invece applicare ancora la pixel art a impalcature 3D, creando giochi moderni ma visivamente legati - indissolubilmente - ai gusti estetici di quegli anni, e per questo con un fascino raro oggi da riproporre fedelmente.

Metal Gear Solid (1998) di Hideo Kojima valicava gli apparenti limiti narrativi del media.

Fortunatamente, se PS Classic non è riuscita ad esaltare il meglio di quegli anni (tutt'altro), molti di questi titoli storici sono reperibili grazie allo Store. Gli ultimi remake (Crash, Spyro, Medievil, Resident Evil 2 e si spera l'imminente Final Fantasy VII) svolgono il certo redditizio, ma anche necessario e ottimo lavoro, di avvicinare nuovi giocatori a vecchi modi di pensare l'industria videoludica. Qualcosa che, guarda caso, ci piace legare ancora una volta al nome di Yu Suzuki, del suo Virtua Fighter che tanto ha ispirato Sony e del suo Shenmue.

Fateci sapere se avete scoperto la PlayStation con un puzzle come Kula World o con i misteri di un Action-RPG; con la colonna sonora dei menu di FIFA 2001 o le missioni di Gabe Logan; con Snake o Abe's Oddysee. Il vostro olimpo personale e perché no, qualche gioco di nicchia che vi piacerebbe fosse stato più apprezzato e conosciuto. Chiunque non avesse mai avuto una PSX, tenga d'occhio invece i nuovi remake e le collection: fortunatamente, pensando all'involuzione di Spyro a partire dal 2006, certi protagonisti ritornano più forti ed eleganti che mai.

Avatar di Antonino Fiore
Antonino Fiore: Classe 1993, in squadra dal 2018. Ha scoperto i videogiochi con i floppy dell’Amiga e da allora vive, sbalzato temporalmente, una generazione indietro. Dalle avventure grafiche agli horror, è un accanito retrogamer e un vorace escapista. Con gli anni ha realizzato d’essere, più che altro, un semplice Homo Ludens. Megaman e Suikoden sono i suoi punti deboli.
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