Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito - review
Dungeon misteriosi e mostri tascabili.
Pokémon ha segnato la storia e non parliamo di quella dei videogiochi, dove ha comunque lasciato un'impronta indelebile, ma della nostra storia personale. Della storia della nostra generazione di videogiocatori, quella che lasciava la PlayStation in salotto e portava a scuola il Game Boy. Una generazione che non si curava di faide di mercato e console war, che non aveva ancora Internet, fatta eccezione per pochi eletti, e che scambiava strane creature virtuali solo grazie un apposito cavetto. Una generazione forse un po' meno complessa, dove era più facile essere piccoli e dove il bambino più 'figo' della classe era scelto in base a quanti Pokémon aveva sul proprio Pokedex e non in base a quale fosse il logo stampato sul suo cellulare.
È per questo che quando ci si trova a parlare di una delle serie collaterali ispirate a questo universo è così difficile scrivere una recensione obbiettiva. Da un lato c'è l'amore che nutriamo per questa serie, dall'altro un gioco che non ne fa parte, non del tutto almeno. E non soltanto perché non ha lo stesso mordente o lo stesso gameplay, ma perché quando si rimaneggia un capolavoro come quello dei ragazzi di Game Freaks, qualcosa si perde inesorabilmente. Anche questa volta è così.
Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito è un titolo pieno di contraddizioni, e non solo delle contraddizioni di noi bambinoni che ancora ricordiamo con affetto il nostro primo, pixelloso charmander, bensì di quelle di un titolo che si è trovato a dover far fronte a un serie di obiettivi particolarmente ardui e complessi. In primis, riuscire a riproporre su 3DS in modo innovativo, ma non snaturato, una serie che ha diviso da sempre critica e pubblico. Realizzare cioè un capitolo che fosse un nuovo inizio, ma non un taglio netto col passato.
Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito è un titolo pieno di contraddizioni
Questa missione non da poco inizia sicuramente bene, almeno se andiamo a considerare il comparto grafico. Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito immerge infatti il giocatore in un mondo luminoso e saturato di colori accesi, completamente tridimensionale, ma privo degli elementi in cell shading che accompagneranno le versioni X e Y della serie regolare. Un passaggio dal 2D al 3D che si adatta alla perfezione allo stile del gioco, presentando non solo degli ottimi modelli dei personaggi, ma anche alcune ambientazioni decisamente degne di nota. Piante che si muovono al vento, corsi d'acqua, qualche elemento interattivo... il tutto condito con dei personaggi decisamente ben animati e differenziati tra loro.
Il salto fatto è quindi sin da subito evidente, già dopo una prima, rapida occhiata al gioco e alla città che farà da base operativa per la nostra avventura. Un piccolo villaggio di Pokémon dove capitomboleremo subito dopo la fase introduttiva e che nasconde un semplice hub per le missioni che il gioco ci chiederà di affrontare. Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito è infatti un GDR di stampo classico a base di labirinti da perlustrare e semplici quest da portare a termine, esattamente come gli scorsi capitoli della serie. A partire dalla città centrale, è possibile raggiungere varie ambientazioni da esplorare, i tanti esaltati "dungeon misteriosi" del titolo. Semplici labirinti da percorrere insieme a un party di quattro Pokémon che, proprio come in un qualsiasi altro gioco di ruolo, andrà potenziato e ampliato nel corso del gioco. Ed è qui che il balzo fatto dagli sviluppatori grazie all'ottimo comparto tecnico s'interrompe con una rovinosa caduta.
Una volta che abbiamo iniziato a scavare più in profondità (nel gioco, non nei dungeon) ci siamo resi conto che, se il comparto tecnico brilla di luce propria, quello creativo non riesce affatto ad emergere. Persino lo stesso presupposto insulso e strumentale da cui prende piede la trama, non si discosta per nulla dagli altri spin-off della serie. C'è sempre il solito essere umano che, trasformato magicamente in un pokémon a vostra discrezione, si risveglia nel mondo di Pikachu e compagni. Ovviamente il protagonista non sa cosa gli sia successo, e non riuscirà a spiegarselo per gran parte dell'avventura, ma fintanto che si trova da quelle parti... perché non dare una mano a qualunque essere vivente si pari sulla sua strada?
Il sistema di combattimento, insomma, porta con sé tutti i pregi e tutti i difetti delle precedenti versioni.
Non è stato aggiunto nulla a livello narrativo rispetto alle precedenti iterazioni, proprio nulla, anzi c'è qualcosa che manca. Il dialogo iniziale in cui il gioco ci interrogava, per decidere dalle nostre risposte quale fosse il pokémon più adatto a noi, è stato sostituito con una semplice schermata di selezione del personaggio. Le stesse carenze si notano nelle fasi più action del gioco. Le sortite all'interno dei dungeon sono rimaste essenzialmente inalterate e si risolvono quasi sempre nell'ossessiva esplorazione di strutture non eccessivamente complesse, tutte realizzate su più livelli e rigidamente regolati, per morfologia, da una semplice scacchiera virtuale. Una sorta di reticolato che apparirà alla pressione di un tasto e che vi sarà utile per muovere nella posizione più consona i vostri pokémon, o meglio il vostro pokémon. Sì, avete capito bene, il vostro. Al giocatore spetta ancora una volta il controllo del solo protagonista, mentre sarà possibile settare l'intelligenza artificiale degli alleati grazie a un apposito menù. Questo è il massimo livello di controllo che possiamo avere sui nostri compagni, il potere di decidere quali attacchi dovranno eseguire e quali dovranno evitare, spuntando delle apposite caselle.
Il sistema di combattimento, insomma, porta con sé tutti i pregi e tutti i difetti delle precedenti versioni. I pokémon avversari sono ancora ben visibili su schermo (per fortuna, non avremmo sopportato altri incontri casuali) e ci ingaggeranno ancora una volta a vista, senza darci l'opportunità di evitare lo scontro. Basterà entrare nel campo visivo di un nemico e zack, ci ritroveremo in una scaramuccia a turni tra mostri tascabili, da affrontare utilizzando i quattro attacchi del nostro pokemon/protagonista.
Le uniche aggiunte del gameplay riguardano l'utilizzo della funzionalità StreetPass, per scambiare oggetti con altri giocatori, e una modalità secondaria che richiede l'utilizzo della fotocamera per cercare portali nell'ambienti circostante e sbloccare nuovi livelli. In sostanza però basta inquadrare un qualsiasi oggetto circolare, scattare una foto e dedicarsi a un livello pescato casualmente tra quelli disponibili. Troppo poco per far gridare al miracolo.
Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito è un gioco tecnicamente ben realizzato, quasi in maniera ineccepibile, ma che manca di carattere.
Sono queste, in sostanza, le contraddizioni di cui vi parlavamo all'inizio. Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito è un gioco tecnicamente ben realizzato, quasi in maniera ineccepibile, ma che manca di carattere. Niente è stato fatto per movimentare il gameplay ripetitivo e ridondante della serie, ma c'è una nuova veste grafica di tutto rispetto. Nulla è stato fatto per migliorare la struttura dei dungeon, ma il loro aspetto è molto più vario e originale che in passato. Nessuna novità neanche sul versate multiplayer, che si riduce alla comunicazione via StreetPass.
Pare insomma che nel tentativo di rendere Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito bello da guardare ci si sia dimenticati della sostanza, del cuore del gameplay che resta inalterato nonostante gli anni. E non parliamo di semplici somiglianze, ma di mancanza totale d'innovazione. La serie regolare di Pokémon, di anno in anno, si aggiorna di nuove features, di piccole chicche, mentre questo Pokémon Mystery Dungeon: I portali sull'infinito non pare essersi accorto del passare del tempo. Il gameplay è pressoché identico alla versione per Game Boy Advance del 2005. E se ciò può essere un bene per gli appassionati che lo hanno apprezzato in passato, per tutti gli altri è sicuramente un deterrente che, non gli consente di distanziarsi dalla sufficienza. Aggiungete pure un punto se siete fan sfegatati.