Pop-Up Pilgrims - recensione
I devoti pellegrini andavano portati in salvo.
Quando la realtà virtuale viene percepita come un semplice orpello, e non come una feature fondante e fondamentale per gameplay e art design, è sempre un problema. In casi del genere, la pur promettente tecnologia che sta faticosamente cercando di farsi strada nell'industria videoludica si tramuta in un autentico intralcio, un inutile eccesso che non aiuta ad incrementare l'immedesimazione e l'immersione in mondi digitali.
In Pop-Up Pilgrims, purtroppo, si ha questa mortificante sensazione sin da quando l'iniziale ed effimera meraviglia, scaturita dal delizioso stile grafico adottato, lascia il posto ad una sconsolante domanda: c'era davvero bisogno della realtà virtuale in un puzzle-platform fondamentalmente bidimensionale? Se siamo stati disposti ad accettare l'inevitabile scomodità della VR in esperienze come quelle garantite e offerte da produzioni del calibro di Resident Evil 7: Biohazard, in altri casi è utile fare delle valutazioni, soppesare il senso dell'opera e analizzare le strategie da perseguire per ottenere il miglior risultato, tutte operazioni che Dakko Dakko, team di sviluppo già artefice del più che discreto Scram Kitty And His Buddy On Rails, ha evidentemente trascurato, se non proprio tralasciato.
Una considerazione del genere ha tanto più valore e peso, quanto più ci si accorge di avere a che fare con un prodotto modesto, limitato nelle meccaniche, ridondante nel level design. Non si tratta di un brutto gioco, beninteso. Pop-Up Pilgrims, quando il PlayStation VR non vi peserà troppo sulla testa, sa divertire e farà la felicità dei neofiti, ma non è in grado di mantenere alto l'interesse del pubblico smaliziato, magari appassionato al genere.
Il gioco, a grandi linee, è una versione edulcorata e semplificata di Lemmings. Si tratterà, anche in questo caso, di "accompagnare" una schiera di personaggi verso l'uscita, stando ben attenti ad instradarli verso il sentiero più sicuro, lontano da burroni, trabocchetti, nemici. Laddove nel gioco originariamente pubblicato nel 1991 le creature abbracciavano la morte anche lasciandosi cadere nel vuoto, i pellegrini che dovrete scortare sono in grado di riconoscere il pericolo e di cambiare istantaneamente il senso di marcia. Una piccola variazione, sulla carta, che si traduce in un ritmo più rilassato, oltre che in una difficoltà intrinseca calibrata verso il basso.
Completare i sessanta livelli proposti, difatti, non è cosa da pochi. Diverso il discorso se si vogliono acciuffare i numerosissimi collezionabili sparsi per ogni ambientazione. In questo caso serve allenamento, un pizzico di esperienza pregressa e una certa capacità nel destreggiarsi con il non ottimale sistema di controllo.
Se trigger e stick analogico servono per far saltare i pellegrini e per scivolare tra i vari livelli di parallasse che compongono ogni scenario, per selezionare ogni singolo personaggio dovrete puntarlo con l'headtracking. Come già immagineranno gli esperti, per quanto l'idea può apparire ingegnosa, all'atto pratico, in più di un'occasione, faticherete e non poco ad impartire i comandi all'avatar prescelto, a tutto svantaggio della godibilità dell'esperienza.
Come già accennato, inoltre, il level design si rivela ben presto rinunciatario, poco propositivo , tutt'altro che originale. Nonostante i riusciti e divertenti scontri contro i boss, a suggellare il superamento di uno scenario, i livelli ordinari smettono fin troppo presto di introdurre ostacoli e minacce inedite. Aumentano il numero di collezionabili da raccogliere, di nemici, di parallassi, ma scordatevi la ricchezza di elementi e le meccaniche ludiche introdotte a ritmo regolare di un Mario vs Doneky Kong qualsiasi.
La sensazione di trovarsi di fronte ad un puzzle game che avrebbe funzionato benissimo anche senza VR, inoltre, si amplia a dismisura non appena ci si accorge che l'ambientazione non si estende tutt'intorno all'utente, ma che si limita alla striscia frontale su cui si consuma l'epopea dei pellegrini e dell'improbabile divinità chiamata a guidarli sulla retta via.
Ciò non toglie, come già detto, che Pop-Up Pilgrims sia un bel vedere, deliziato da meravigliose animazioni, colori sgargianti e da un aliasing quasi del tutto assente persino utilizzando il modello standard di PlayStation 4. Anche il sonoro compie il suo dovere, non distinguendosi nell'eccellenza, ma riuscendo ad intrattenere senza mai annoiare o affaticare l'utente.
Pop-Up Pilgrims è un puzzle game appena discreto che si macchia della colpa di tirare in ballo, inutilmente, la realtà virtuale. In ambito mobile, magari anche su Nintendo Switch, questo titolo avrebbe funzionato molto meglio, senza costringere il videogiocatore a sopportare il peso del PlayStation VR durante la fruizione di un titolo che, tra l'altro, mette in campo solo poche buone idee per intrattenere degnamente i più smaliziati.
L'avventura dei pellegrini, tuttavia, non può considerarsi un totale fallimento. I neofiti avranno il loro bel da fare, soprattutto se vorranno raccogliere tutti i collezionabili, e gli scontri con i boss mostrano l'agognato pizzico di originalità in più.