Prima clinica per "giocatori drogati" in UK
Programma di disintossicazione alla stregua di patologie di dipendenza come droga e alcolici.
Da anni è un tema particolarmente discusso, tra i giocatori ma soprattutto tra le istituzioni e i media generalisti: la dipendenza dai videogiochi. Può effettivamente essere un problema per una determinata fascia di gamer? È più semplicemente una "caccia alle streghe" determinata da superficialità e strumentalizzazioni di vario genere?
I pareri rimangono contrastanti ma è notizia di questi giorni l'apertura della prima clinica di riabilitazione per persone dipendenti dai videogiochi nel Regno Unito. Secondo quanto riporta il Telegraph, la patologia comporta "malnutrizione, abbattimento delle relazioni sociali e problemi di postura" e sarebbe principalmente determinata dal gioco online, la cui crescita avrebbe acuito anche la rilevanza del fenomeno.
Brodway Lodge, una clinica che solitamente accoglie persone con problemi di droga, alcol e gioco d'azzardo, ha deciso di dedicarsi anche a coloro affetti da "giochite". Il programma è costituito da 12 step che includono attività di terapia di gruppo, visione di filmati e addirittura "obiettivi terapeutici inclusi pulizia e igiene personale".
Il responsabile Brian Dudley ha dichiarato di avere anche un paziente ventitreenne che gioca su PC anche per 8 ore consecutive senza che i familiari intervengano in qualche modo.
"Abbiamo sviluppato un programma in 12 livelli ma non si può dire a qualcuno di non usare mai più Internet", ha dichiarato Dudley. "Quindi ci siamo dedicati a tutti i problemi che riguardano l'utilizzo dei videogiochi per assicurarci che ci siano segnali attraverso i quali una persona dipendente riconosca che il suo utilizzo sta diventando un problema".
I sintomi sarebbero crescita dell'aggressività, alimentazione irregolare, orari sballati del sonno ed esclusione sociale. Un'altra attività è quella volta a capire quali siano le percentuali di utenti che soffrono di tali status. "Posso dire che una percentuale tra il 5 e il 10 per cento dei compagni o dei familiari conosce qualcuno dipendente dal gioco online", ha spiegato Dudley.
Peter Smith ha rincarato la dose, dichiarando che le sessioni infinite online potrebbero persino far dimenticare a certe persone di mangiare e condurle "in una condizione assimilabile all'anoressia".
"Si ha una relazione con i personaggi presenti nel gioco che instaura un feeling artificiale, creato dalle proprie endorfine, nel momento in cui si uccide qualche mostro o si risolve un problema", ha continuato, riferendosi alle forti sensazioni di immedesimazione determinate dall'interattività.
Il leader dell'ELSPA, Michael Rawlinson, ha comunque voluto spezzare una lancia in favore dei giochi affermando che "i videogame stanno diventando progressivamente il modello principale di intrattenimento nel Regno Unito e siamo fermamente convinti nell'impatto positivo che questi ultimi possono avere".
Ci piace pensare che se il problema esiste, riguardi solo una frangia limitata dell'utenza; dispiace che ci sia poca lucidità da parte di determinati organi d'informazione nell'affiancare il fenomeno culturale del videogioco nel suo insieme a queste tematiche, collegandole come se ci fosse un nesso di causalità che, onestamente, ci sembra difficile da riscontrare. Speriamo che iniziative come quella del Broadway Lodge riescano a sensibilizzare chi di dovere, permettendo di cirscoscrivere l'origine autentica del problema che sovente risiede in derive e problematiche sociali di portata ben più ampia.