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Project Power - recensione

“Il potere va a finire sempre nelle mani di chi ce l'ha”.

Ci "droghiamo" in tanti modi, con il cibo, l'alcool, l'informazione, il sesso, ci sentiamo più attivi bevendo un po' di caffeina o onnipotenti ricorrendo a sostanze più pesanti, anche se sappiamo che proprio bene alla salute non fanno. Non dubitiamo quindi che se davvero venisse inventata una droga come quella di cui ci racconta il film Project Power, su Netflix dal 14 agosto, il successo sarebbe travolgente.

Siamo a New Orleans, dove stanno succedendo cose strane, gente comune compie azioni che superano le normali capacità umane e parimenti vengono compiuti dei "colpi" da delinquenti che operano con modalità quasi da supereroi. C'è una nuova droga in città, infatti, dalle qualità non meglio chiarite ma definite sconvolgenti, spacciata da misteriosi individui che la regalano ai piccoli distributori locali perché la facciano provare sulla strada. Ma perché tanta generosità? La sostanza agisce su ciascuno diversamente, per cui l'effetto le prime volte sarà una sorpresa anche per il cliente, che poi imparerà a gestirla (se sopravvissuto).

Un eroe suo malgrado.

Ma è garantito che per cinque minuti si potrà disporre di poteri davvero eccezionali. Su questa pillola, dall'aspetto assai tecnologico anche esteriormente, si incrociano le strade di tre personaggi: Robin, una ragazzetta poco simpatica che spaccia senza scrupoli per mantenersi, mentre accudisce la madre malata; Frank, un poliziotto della NOPD, che non disdegna di assumere pure lui la sostanza per poter combattere ad armi pari i malviventi; Art, misterioso personaggio, un ex militare provato da devastanti esperienze, che sta cercando di risalire la catena dello spaccio per arrivare ai vertici. Dove si dovrebbe trovare il motivo che lo ha spinto a intraprendere la rischiosa impresa.

Una volta che il destino li ha fatti incontrare, passeranno da ostilità a solidarietà, alleandosi prevedibilmente contro i veri cattivi, tutta gente che in nome del profitto passerebbe sul corpo della propria mamma. E alla fine della catena alimentare c'è il Governo, che nell'uso di questa pillolona ha posto molto interesse.

La storia, scritta da Mattson Tomlin, al suo primo lungometraggio (ora al lavoro sul Batman con Pattinson e un po' ci preoccupa), è diretta Henry Joost e Ariel Schulman, già insieme per Paranormal Activity 3 e 4, Viral e Nerve, thriller un po'horror dall'ambientazione tecnologica con Emma Roberts e Dave Franco.

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Project Power è un altro di quei film che non resteranno nella storia del cinema, nel suo mix fra Universal Soldier, Stephen King e gli X-Men, con annessa denuncia politico/sociale. L'azione è arricchita da molti effetti speciali, alcuni accettabili, mentre lascia molto a desiderare una sequenza con una mutazione grottesca, stile Hulk. Qualche buona scena di combattimento, una carneficina inquadrata da un'insolita angolazione, canzoni pompate, completano un film che vanta un discreto cast, gente che siamo abituati a vedere in prodotti di livello superiore.

Dominique Fishback, che è Robin, l'avevamo scoperta nella serie The Deuce, con la sua faccia chiusa, dall'espressione volutamente stolida; Joseph Gordon-Levitt (Frank) è abbastanza noto da non dover elencare i suoi film, e così anche il divo Jamie Foxx che è il devastato Art, ed entrambi recitano con la mano sinistra, in ruoli che non richiedono troppa immedesimazione. Rodrigo Santoro fa il cattivo, come gli tocca spesso. Si intravede anche Courtney B. Vance (Criminal Intent, E.R. American Crime Story), altra faccia nota dalla carriera quasi quarantennale.

Fossimo in tempi normali, diremmo che per un'ora e cinquanta di aria condizionata in una comoda sala cinematografica semi-vuota, Project Power potrebbe anche andar bene. Visti i tempi che viviamo e vista l'esistenza (per altri versi benemerita) di Netflix, ci auguriamo abbiate l'aria condizionata anche a casa.