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Project Zero Maiden of Black Water Recensione: Il quinto scatto mortale!

Koei Tecmo torna a caccia di fantasmi!

Uscito su Wii U nel silenzio quasi totale che all'epoca circondava la sfortunata console di Nintendo, Project Zero: Maiden of Black arriva ora su tutte le piattaforme disponibili con l'obiettivo di rinverdire i fasti di una saga apprezzatissima in Giappone che comunque, tutto sommato, riuscì a ritagliarsi una nicchia neanche troppo piccola di appassionati anche in Occidente, in un periodo in cui gli ingombranti nomi di Resident Evil e Silent Hill monopolizzavano l'horror.

Sono passati 20 anni da quando il primo capitolo di Project Zero/Fatal Frame debuttò su PlayStation 2... anzi, in realtà per noi europei sono solo 18, visto che all'epoca i tempi di conversione dei giochi giapponesi erano a dir poco pachidermici.

Chi vi scrive si ciba di giochi horror fin dai tempi del mitico Forbidden Forest per Commodore 64 e all'inizio del nuovo secolo era quasi totalmente assuefatto alle atmosfere di saghe come Resident Evil e Silent Hill, che all'epoca lasciavano davvero poco spazio ad altri giochi da brivido. Un giorno vidi la copertina di questo gioco in un negozio e ne venni istantaneamente catturato. Lo divorai in un paio di giorni e se non ricordo male feci almeno altre tre run nella speranza di beccare tutti i fantasmi secondari.

Fu amore a prima vista e, con l'arrivo del secondo capitolo, ebbi anche l'onore di essere selezionato per diventare un ectoplasma secondario nella versione italiana del gioco. In giro si vocifera ancora che il fantasma Ossobuco sia stato uno dei più sfuggenti in Project Zero II: Crimson Butterfly... e se pensate che il nome sia inventato, vi sbagliate di grosso!

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Con cadenza biennale l'allora Tecmo sfornò una trilogia davvero piacevole e genuinamente terrificante, che si allontanava dalle atmosfere da horror di serie B di Biohazard e anche da quelle psicologiche della serie Konami. In Project Zero a dominare è l'oscurità e le inquietanti presenze che le sfortunate e gracili protagoniste si ritrovavano ad affrontare armate unicamente di una particolare macchina fotografica, la Camera Obscura. Questa fu una delle intuizioni più geniali del team di sviluppo: creare uno strumento di difesa del tutto fuori dall'ordinario, in grado di catturare le anime degli spiriti maligni a patto che le skill fotografiche del giocatore fossero sufficientemente sviluppate.

Proprio quando il franchise sembrava sul punto di spiccare il volo verso l'immortalità, grazie anche alla spinta di un filone cinematografico che per un quinquennio spaventò il pubblico di tutto il mondo con film come Ringu (The Ring) e Ju-On (The Grudge), la produzione si bloccò in seguito allo scarso successo ottenuto dal quarto episodio (Fatal Frame: Mask of the Lunar Eclipse), sviluppato per Nintendo Wii da Tecmo in collaborazione con Grasshopper Manufacture e mai portato in occidente.

I fan dovettero attendere ben 6 anni prima di veder esaudite le loro continue richieste. Project Zero: Maiden of Black Water uscì a cavallo tra il 2014 e il 2015 ma in esclusiva sulla piattaforma di Nintendo meno venduta di sempre, motivo per cui pochi se lo ricordano e ancora meno lo hanno giocato. Altri 6 anni ed eccoci qui a commentarne la versione remastered, che si spera possa convincere Koei Tecmo a riprendere le fila del franchise e magari regalarci un episodio nuovo di zecca nel prossimo futuro.

Ancora una volta ci troviamo immersi in una storia strettamente legata alla mitologia e al folclore giapponese più dark e terrificante, quello che parla di luoghi abbandonati e infestati, riti sacrificali e presenze capaci di intrappolare le anime dei malcapitati con cui vengono a contatto. Uno di questi luoghi è il Monte Hikami, regione un tempo sacra divenuta poi meta per chi desidera comunicare con i trapassati.

Per provocare danni seri dovrete inquadrare i punti deboli dei bersagli da vicino. Gli scatti colpi fatali concedono una finestra di azione ridotta quando lo schermo lampeggia di rosso.

Nelle acque che scorrono in questo posto albergano degli spiriti e alcuni uomini scelgono di immergercisi come atto ultimo prima della loro dipartita da questo mondo, perché "gli esseri umani sono nati dall'acqua e nell'acqua devono tornare alla fine dei loro giorni". In molti decidono anche di raggiungerlo nella speranza di avere un contatto con persone amate e non più vive.

Una tradizione triste e al tempo stesso romantica, che ha dato però vita a rituali che con il sacro hanno poco a che fare, eventi terribili che hanno scatenato una maledizione sul Monte Hikami. I tre personaggi di Project Zero: Maiden of Black Water hanno qualcosa in comune tra loro e in qualche modo sono legati a questo luogo... ma i dettagli di questa storia li scoprirete solo vivendola in prima persona nei panni di tre diversi protagonisti.

Ci riferiamo a Yuri Kozukata, una fanciulla che dopo un grave incidente ha acquisito l'abilità di "vedere ciò che non può essere visto"; Ren Hojo, uno scrittore che decide di avventurarsi sul Monte Hikami in cerca di ispirazione e conferme; e infine Miu Hinasaki, una giovane aspirante attrice da anni alla ricerca della sua vera madre scomparsa, che spera di rintracciare sfruttando la sua capacità di comunicare con gli spiriti e percepire i sentimenti delle persone che le sono vicine.

Tre storie apparentemente distanti, i cui destini sono però legati da un unico filo che conduce alla "Montagna della Morte". Ognuno di essi verrà in possesso di una Camera Obscura in circostanze differenti e potrà disporre degli stessi poteri, fatta eccezione per alcune modifiche iniziali che sfrutteranno caratteristiche differenti della macchina fotografica.

Alcuni oggetti fondamentali per la ricerca sono intrappolati nella dimensione spirituale e dovrete riportarli in quella reale con la Camera Obscura.

Nel caso di Ren, ad esempio, potrà essere usata per seguire le tracce spiritiche, cosa che invece Yuri fa naturalmente grazie ai suoi poteri. Il giovane scrittore potrà anche utilizzare una modalità "di fuoco" differente, che permette di scattare quattro foto in rapida successione.

Tutte le altre caratteristiche di Project Zero: Maiden of Black Water sono ovviamente rimaste invariate rispetto all'edizione Wii U. Il gameplay ruota attorno alla lenta esplorazione di case abbandonate, boschi e santuari quasi sempre immersi in un'oscurità e un silenzio irreali. Il ritmo di gioco è lento e scandito da un sistema di controllo che i giocatori più giovani potrebbero trovare vagamente arcaico.

Siamo vicini allo stile dei vecchi Resident Evil, con animazioni abbastanza rigide e movimenti pseudo-Tank relativi alla posizione del personaggio rispetto all'ambiente. Fortunatamente le telecamere in questo caso sono libere e possono essere mosse liberamente per esplorare l'ambiente sia nelle fasi in terza persona che in quelle in prima. Queste ultime sono riservate quasi unicamente all'utilizzo della Camera Obscura, che su piattaforme PlayStation si attiva premendo il tasto Triangolo.

In questa modalità potrete muovervi in tutte le direzioni ma non interagire con porte ed oggetti, e la userete in sostanza unicamente per combattere le presenze che vi si pareranno davanti e per scoprire oggetti nascosti. Nel tempo, infatti, queste mistiche macchine fotografiche hanno acquisito nuovi poteri. Nei primi Project Zero venivano utilizzate quasi esclusivamente per difendersi dai fantasmi ed intrappolarli, questa volta invece dovrete usarle anche per catturare indizi e riportare nel mondo dei vivi oggetti rimasti intrappolati nel limbo che spesso conterranno preziose informazioni.

Molti dei fantasmi con cui vi scontrerete sono ispirati al folclore giapponese degli Shiryō, gli spiriti dei morti, e dei demoni Yokai.

Sembra complicato ma non lo è: ogni singola meccanica vi verrà spiegata chiaramente nel livello-tutorial iniziale e per assimilarle non impiegherete più di qualche minuto. L'importante è non distrarsi perché non saprete mai se e quando qualcosa di importante o pericoloso dovrà essere prontamente inquadrato.

Spesso un indicatore luminoso vi avvertirà di una presenza nei dintorni, sia essa un fantasma o un punto d'interesse, a quel punto dovrete imbracciare la Camera Obscura e la visuale passerà in soggettiva. Non sempre le presenze presenti nei luoghi in cui vi trovate vi attaccheranno, a volte se ne staranno semplicemente nascosti in qualche angolo oscuro per scrutarvi e a quel punto sarete voi a decidere se catturarli o meno... ma occhio perché sono assai sfuggenti.

Molto più spesso invece cercheranno di ghermirvi e se li farete avvicinare troppo, faranno scendere molto velocemente la vostra energia vitale. Per evitarlo dovrete cercare di inquadrarli nel miglior modo possibile fino a dissolverli del tutto, usando tra l'altro un pugno di tecniche speciali (come il Fatal Frame, lo scatto fatale che dà anche il titolo americano alla serie) che richiedono una discreta prontezza di riflessi.

Con i primi sarà piuttosto facile, ma incontrerete presenze particolarmente ostinate e potenti per le quali dovrete riservare un trattamento speciale. La Camera Obscura può essere equipaggiata con vari tipi di pellicola, che differiscono tra loro in base alla potenza. È ovviamente superfluo dirvi che per sopravvivere è necessario centellinare il più possibile le fotografie perché il numero di scatti a vostra disposizione è limitato e quelli più potenti non vanno sprecati con leggerezza.

Esteticamente è stato fatto un discreto lavoro, ma l'aliasing in alcuni casi si fa notare fin troppo e le texture di alcune ambientazioni tradiscono la loro età.

A forza di esplorare, combattere e scattare andrete sempre più a fondo alla storia che circonda il luogo in cui vi trovate e scoprirete sempre più dettagli e risvolti delle storie dei protagonisti. In questo vi aiuteranno le abilità dei singoli personaggi che abbiamo descritto all'inizio.

In giro troverete oggetti che vi sveleranno ciò che è accaduto in quel luogo a determinati NPC, ombre del passato che pian piano andranno a ricostruire il puzzle di una trama ben congegnata anche se un po' lenta. Rispetto ai capitoli precedenti si fa notare una feature che pur non essendo stata sfruttata al 100% rende la tensione ancora più palpabile.

L'elemento liquido citato del titolo ha infatti anche una valenza ludica che va tenuta in considerazione specialmente quando verrete a contatto con specchi d'acqua, pioggia e via dicendo. Man mano che il vostro personaggio si inzupperà diventerà anche più vulnerabile agli attacchi spiritici. Per riportare la situazione alla normalità dovrete utilizzare uno speciale oggetto curativo, la Brace Purificatrice, o in alternativa sconfiggere tutti i nemici presenti nell'area.

Non sarete completamente al sicuro da questa maledizione neanche nei luoghi coperti, che spesso saranno fatiscenti, umidi e ricchi di pozze d'acqua. Una meccanica del genere ci ricorda vagamente l'Insanity Meter di Eternal Darkness, ma purtroppo non è stata utilizzata con la stessa originalità e sagacia.

Ma veniamo alle (poche) novità di queste nuove edizioni di Project Zero: Maiden of Black Water. Il gioco è stato opportunamente "ripulito" e soprattutto i modelli poligonali dei protagonisti fanno ancora la loro bella figura. Sono stati mantenuti i suggestivi filtri che caratterizzano i filmati flashback o le fasi narrative più intense ed è stata aggiunta l'ormai immancabile Modalità Foto, che in un gioco basato sull'utilizzo di macchine fotografiche fa un po' l'effetto Inception. È sicuramente unica nel suo genere in quanto consente di fotografare non solo scenari ed esseri umani ma anche di aggiungere agli scatti vari tipi di fantasmi. Un regalo perfetto da condividere nel periodo di Halloween.

Vi siete persi in una foresta infestata e non c'è un taxi neanche a pagarlo oro? Premete R2 per ritrovare l'orientamento e un bel gruppo di spiriti maligni.

Nelle diverse edizioni del gioco sono inoltre presenti alcuni accessori e costumi inediti che non aggiungono nulla in termini narrativi e ludici ma che permettono di personalizzare i protagonisti nei modi più bizzarri e ovviamente sexy... altrimenti non staremmo parlando di un gioco di stampo giapponese. A tal proposito è giusto sottolineare con un po' di amaro in bocca, che alcuni outfit della versione Wii U (quelli di Samus e Zelda) non saranno disponibili nella versione Switch del gioco.

Rimane invece inalterato il bonus sbloccabile dopo aver terminato il gioco, che non sveleremo per non penalizzare chi all'epoca non ebbe occasione di goderselo. Si tratta di un volto noto "estratto" da un'altra popolare serie Tecmo, che diventerà protagonista di una missione aggiuntiva il cui gameplay si distacca da quello della main quest in quanto non sarà presente la Camera Obscura. A voi il piacere di scoprire di chi e cosa si tratti.

La versione PlayStation 5 del gioco non si fa notare per differenze particolari rispetto alle altre. La new-gen Sony non si avvantaggia in modo tangibile delle sue peculiari caratteristiche hardware, né in termini di rapidità dei caricamenti e né per quanto riguarda il comparto audio-visivo. Il DualSense in questo caso funziona come un normalissimo DualShock, senza particolari tremiti o goduriose resistenze. È possibile utilizzarne il sensore di movimento per inquadrare i bersagli quando si utilizza la Camera Obscura, ma presto vi accorgerete di quanto siano nettamente più comodi i controlli tradizionali.

Visto che Koei Tecmo aveva messo mano al gioco originale per dargli una raffinata, avrebbe potuto completare l'opera togliendo alcune spigolosità come le inutili sequenze di apertura del porte e/o del superamento degli ostacoli, ma soprattutto il fastidioso effetto "ballonzolante" della telecamera quando i protagonisti camminano e corrono, che alla lunga tende a generare un vago senso di vertigine.

Gli accessori della Camera Obscura verranno applicati automaticamente ma voi potrete scegliere tra vari tipi di lente e di pellicola.

Project Zero: Maiden of Black Water all'epoca della sua uscita su Wii U venne considerato un capitolo meno ispirato rispetto ai primi due capitoli. L'orrore che propone oggi forse è diventato ancora più di nicchia rispetto a prima ma, secondo noi, vale comunque la pena viverlo nonostante l'evidente scricchiolio di alcune sue parti "meccaniche". Il senso di inquietudine che riesce a trasmettere è ancora notevole grazie anche ad un sound design di ottimo livello e gli immancabili "salti sulla sedia" funzionano ancora e spesso fanno mangiare la polvere a titoli più raffinatamente cinematografici.

Rimane purtroppo (e inevitabilmente) intatto anche l'evidente calo di tono che il gioco subisce nella sua ultima parte e il discreto backtraking che nonostante la presenza di tre personaggi e tre storie diverse è necessario compiere per arrivare all'epilogo.

Consueta nota finale per la localizzazione: il gioco originale non aveva i sottotitoli in Italiano e ovviamente neanche questa versione remastered li ha. In questo caso la comprensione del testo è piuttosto importante perché la storia viene raccontata soprattutto attraverso i documenti e le testimonianze scritte che troverete in giro.

Arrivare alla fine è comunque possibile, ma togliere di mezzo la parte narrativa ad un titolo già di per sé non particolarmente frizzante dal punto di vista del ritmo, rischia di dare vita ad un prodotto quasi soporifero intervallato da continui attacchi alle coronarie.

7 / 10