Psycho-Pass: Mandatory Happiness - recensione
Un pizzico di Blade Runner e tanto Minority Report nel futuro che ci attende.
Non ci sarà Harrison Ford, perdutamente innamorato di una splendida e affascinante replicante; non ci sarà un terzetto di gemelli che riescono, chissà come, a prevedere il futuro, ma Psycho-Pass deve moltissimo a Blade Runner e a Minorty Report.
Nel XXII secolo immaginato da Gen Urobuchi, scrittore e sceneggiatore di visual novel e anime come Fate/Zero e Black Lagoon, all'uomo è rimasto ben poco libero arbitrio, costretto ad obbedire pedissequamente agli ordini, alle direttive compilate e trasmesse da un gigantesco computer, il Sybil System, capace di valutare qualità e attributi di ogni individuo della società, indirizzandolo, o meglio costringendolo, verso il percorso di vita più idoneo alle sue capacità. Istituto d'istruzione, lavoro, persino il compagno o la compagna con cui condividere la propria vita, tutto è freddamente scelto aprioristicamente dagli impassibili ed efficientissimi circuiti del sistema.
Non è tutto. Il super computer ha anche il compito di tracciare e scannerizzare lo Psycho-Pass di ogni cittadino, somma di due distinti parametri. Da una parte abbiamo l'Hue, un coefficiente che segnala il livello di stress e felicità del soggetto. Quando certi valori si abbassano o si alzano eccessivamente, si interviene con sedute terapeutiche o con la somministrazione di farmaci.
Dall'altra, invece, abbiamo il ben più importante e fondamentale Crime Coefficient, l'inclinazione al commettere crimini espresso in un valore numerico. Chi supera una determinata soglia, anche in mancanza di reato, viene immediatamente ascritto nell'elenco dei ricercati, braccato sino alla cattura, o peggio all'eliminazione fisica, dagli Esecutori, braccio armato del mondo del domani, nonché criminali latenti che hanno preferito collaborare con la giustizia piuttosto che essere rinchiusi a vita in un carcere, e dagli Ispettori, il cui compito è fondamentalmente quello di tenere sotto controllo i veri cacciatori, gli Esecutori appunto, i Blade Runner di questo mondo solo apparentemente perfetto.
Psycho-Pass è un avvincente anime, disponibile integralmente su Netflix, che nonostante gli enormi debiti nei confronti di altre opere distopiche, che trattano in maniera del tutto simile tematiche come la libertà decisionale e il confine tra giustizia e moralità, appassiona lo spettatore grazie alla splendida ambientazione e al cast di protagonisti tutti ben caratterizzati.
Mandatory Happiness va virtualmente in scena tra una puntata e l'altra della serie, coinvolgendo ovviamente gli stessi personaggi, pur inserendone di nuovi, sottoponendo alla squadra di Esecutori e Ispettori un caso piuttosto complesso che tira in ballo un'I.A. impazzita, riuscita in qualche modo ad impadronirsi del corpo di un droide con cui sta sconvolgendo l'ordine pubblico senza lasciare tracce.
La visual novel, perché di questo si tratta, si apre con la selezione del proprio avatar tra due scelte possibili. Nadeshiko Kugatachi è un'ispettrice apatica che a causa di un incidente è affetta da amnesia. Takuma Tsurugi è un Esecutore che ha provato, con scarso successo, a ribellarsi al volere del Sybil System nel tentativo di ritrovare una persona a lui cara misteriosamente scomparsa. Visti i differenti ruoli e background della coppia di new entry, a seconda dell'avatar che deciderete di impersonare vivrete avventure sensibilmente differenti tra loro.
La selezione del personaggio rappresenterà il primo di una lunghissima serie di snodi narrativi che influenzeranno l'evoluzione e progressione dell'indagine, sino al raggiungimento di uno dei tantissimi finali, di cui molti prematuri e paragonabili ad un game over, che concludono in modo diverso l'avventura. Senza girarci troppo attorno, questa sarà l'unica interazione permessa all'utente, altrimenti costretto al ruolo di spettatore di continui dialoghi e brevissime scene d'intermezzo.
Psycho-Pass: Mandatory Happiness, come già anticipato, è una visual novel estremamente classica, tutt'altro che incline all'ibridazione con altri generi più o meno affini. Non ci saranno scene del crimine da analizzare in cerca di indizi, menù appositi in cui combinare gli oggetti raccolti, né tanto meno fasi shooter in cui sfoderare i potentissimi Dominator, pistole multifunzione simili, nel design e non solo, a quella impugnata dal Giudice Dredd.
Il fulcro del gioco sono i dialoghi, la trama, la caratterizzazione dei personaggi. Chi ha visto l'anime partirà avvantaggiato, vuoi perché faticherà meno a comprendere gli equilibri dell'universo immaginifico in cui si svolge la storia, vuoi perché si godrà appieno i tanti siparietti che vedono protagonisti Shinya Kōgami, Akane Tsunemori e gli altri membri dell'Unità Uno della Public Safety Bureau's Criminal Investigation Division. I neofiti, al contrario, soprattutto inizialmente potrebbero faticare a comprendere al volo i tanti termini tecnici con cui si viene introdotti al primo giorno di lavoro presso il ministero della giustizia.
Fortunatamente, una comoda enciclopedia, una sorta di Wikipedia di Psycho-Pass consultabile in qualsiasi momento, è sempre a disposizione dell'utente sia per ragguagliarlo su quanto accaduto sino a quel momento, sia per spiegare come funzioni il Sybil System e gli altri meccanismi che regolano il lavoro di Ispettori ed Esecutori.
Mandatory Happiness è un gioco particolare, rivolto unicamente alla nicchia di appassionati dell'anime e del particolarissimo genere di riferimento. Le qualità intrinseche del prodotto, ad ogni modo, sono fuori questione. L'art design è lo stesso della serie animata; i personaggi, anche quelli inediti, sono magistralmente caratterizzati; la trama si ravviva costantemente grazie a numerosi colpi di scena ben inseriti in una sceneggiatura certamente prolissa, ma mai ridondante.
Consigliatissimo insomma, vista soprattutto la perfetta adesione alla già splendida fonte d'ispirazione, a patto di essere pronti ad essere chiamati in causa solo per prendere delle scelte in rari momenti tra un interminabile dialogo e l'altro.