Psychonauts è ancora un gioco bellissimo - editoriale
Viaggi mentali e personaggi memorabili.
Lo stato di "cult" può essere fuorviante. Spesso viene affibbiato dai videogiocatori a quelle produzioni di nicchia, ma molto apprezzabili, che, magari, hanno registrato uno scarso risultato commerciale. Come se i giocatori stessi dovessero difendere la propria scelta contro il mondo; una battaglia contro i mulini a vento del tutto inutile (e tutt'altro che costruttiva). Non so se Psychonauts (pubblicato nel 2005) si meriti lo stato di "cult". Onestamente, nemmeno mi interessa. Dopo averlo (ri)scoperto, però, posso garantirvi una cosa: questo gioco è speciale e io me ne sono innamorato.
La sua aura di stranezza può sembrare inizialmente forzata, come se volesse gridare "sono diverso!" per farsi notare. Bastano però poche ore insieme a Psychonauts e al suo coraggioso, giovane protagonista Raz (abbreviativo di Razputin) per essere immersi in un mondo folle, in senso positivo. Ciò che cattura di più è senz'altro lo stile artistico. Psychonauts è la rappresentazione videoludica della bizzarria tipica delle produzioni di Tim Burton; molti personaggi sembrano proprio fuoriusciti da Nightmare Before Christmas con i loro grossi faccioni e i tratti espressivi un po' contorti (come il bullo Bobby Zilch, con i suoi incisivi sporgenti e quel cespuglio arancione di capelli che gli aggiunge un'ulteriore nota da ebete sul volto).
Ma c'è di più: i personaggi sono carismatici e memorabili oltre che egregiamente doppiati (in inglese); sono divertenti, fastidiosi e hanno una personalità rilevante, che i più di dodici anni dal lancio di Psychonauts su PC, PS2 e Xbox non hanno nascosto. Anzi, in un periodo in cui l'industria sembra essersi persa un po' per strada tra rimasterizzazioni e rifacimenti, il micromondo del campeggio per ragazzi dotati di poteri psichici di Whispering Rock brilla ancora di più.
C'è un classicismo fantastico nella realizzazione di Psychonauts. Non ci sono pretese da blockbuster né la necessità di aderire forzatamente a un genere in particolare: vuole solo essere se stesso, un videogioco. Un po' sparatutto, un po' gioco a piattaforme, un po' avventura a mondo aperto, un po' puzzle; c'è ogni genere di farina nel ricco sacco di questa produzione. Ciascuna sequenza è, infatti, contestuale al proprio scenario; c'era bisogno di quella giocabilità per rendere al meglio quel viaggio mentale (e in Psychonauts se ne fanno molti) nei ricordi e nei traumi di quello specifico personaggio.
Rappresenta una di quelle produzioni che mi piace definire "fatte con il cuore", da appassionati per appassionati. Qualcosa che accomuna, per esempio, Psychonauts a The Secret of Monkey Island, co-realizzato da Tim Schafer (la mente dietro a Psychonauts) insieme a Ron Gilbert e a LucasArts, e che permette a questo gioco di continuare a rappresentare una stella nel firmamento videoludico.
Non è esente da difetti e specialmente nella seconda metà del gioco, alcune sessioni avrebbero dovuto essere gestite con maggiore ritmo. Il vai e vieni alla ricerca degli oggetti nelle abitazioni nel livello The Milkman Conspiracy, per esempio, è facile preda della noia. Fino alla fine, però, si resta attaccati alla storia, un po' prevedibile, ma comunque efficace, alla giocabilità scorrevole e gradevole e ai dialoghi irriverenti degli strambi personaggi di Psychonauts.
I poteri psichici non si sovrappongono, ma si affiancano e si amalgamano per garantire un approccio interessante e variopinto: spostare gli oggetti con la mente, lanciare granate mentali stordenti per poi, magari, fuggire via camminando furiosamente su una gigantesca sfera creta dal nulla. Ciascun livello è unico e caratteristico. Si passa dall'essere dei giganteschi Raz, demolendo grattacieli ed elicotteri militari come fossimo Godzilla, fino a ballare e gareggiare su una bolla di energia psichica nello psichedelico e coloratissimo club dell'agente speciale Mia Vodello, passando per il cubico e preciso schema mentale di Sasha Nein.
Volete un buon motivo per giocarlo? Semplicemente perché di giochi come Psychonauts ce ne sono sempre meno e l'industria, in questo momento, ne avrebbe un grande bisogno.
Non che queste caratteristiche, al tempo dell'uscita, gli permisero di sopravvivere. Psychonauts fu, senza giri di parole, un fiasco commerciale: 100 mila copie vendute, pochissimo. Il publisher del gioco, Majesco, subì l'ennesimo colpo e si ritirò poi dal mercato videoludico.
Psychonauts, comunque, riuscì ad avere la sua rivincita molto tempo dopo, come quando le opere di un pittore o di uno scrittore vengono rivalutate anni dopo la sua morte e viene dato loro il giusto riconoscimento. Grazie alla distribuzione digitale (fra cui i vari Humble Bundle in cui Psychonauts è stato inserito), nel 2012 Schafer ammise che in quell'anno (sette anni dopo la distribuzione originale) Double Fine aveva guadagnato da Psychonauts più di quanto avesse mai fatto, grazie anche alla versione Steam.
Ciò non ha comunque reso più facile realizzare un seguito. Per Psychonauts 2, Double Fine si è prima rivolta agli utenti stessi tramite la piattaforma di crowfunding Fig (dove il gioco può ancora essere preordinato), grazie a cui ha raccolto più di 3,8 milioni di dollari, 500 mila in più del suo obiettivo minimo, con 24.109 persone che hanno contribuito. A giugno dello scorso anno, poi, Double Fine ha annunciato che il gioco sarà pubblicato da Starbreeze Studios (creatori di Payday), altresì partner per Brothers: A Tale of Two Sons.
Una storia a lieto fine? Forse. Psychonauts 2 è atteso genericamente per quest'anno. E non vedo l'ora di ributtarmi a capofitto in quel mondo strano e un po' contorto creato dalla mente di Schafer e compagni e di innamorarmi ancora.