Qual è il futuro del retro-gaming? - editoriale
Sony, Microsoft e Nintendo devono attivarsi per difendere la storia dei videogame dal rischio dell'oblio.
Il tema del retrogaming è straordinariamente sottovalutato nella nostra industria. Al punto che entrambe le nuove console di Sony e Microsoft hanno completamente ignorato la questione della retro-compatibilità, dichiarando nella sostanza accettabile l'idea di consegnare al cassonetto, ad ogni cambio generazionale, librerie di migliaia di titoli, sia fisici che digitali, che ci hanno intrattenuto, divertito, commosso e sfidato nel corso dei 10 anni precedenti.
Si tratta di un approccio sbagliato, non soltanto dal punto di vista culturale ma anche da quello più immediatamente economico. Pensate ad una situazione del genere in qualsiasi altro settore dell'intrattenimento: se i dischi di Jimi Hendrix non fossero sopravvissuti al vinile, i film di Alfred Hitchcock ai proiettori in bianco e nero e i libri di Goethe alla carta, sarebbe stato, ovviamente, un danno enorme ed e irreparabile alla musica, alla cinematografia e alla letteratura.
Anche in termini di mercato: il bello di queste ultime industrie (e uno dei tratti che maggiormente le distinguono dalla problematica e imprevedibile industria dei videogame) è proprio la capacità di continuare a vendere e rivendere nel corso dei decenni i prodotti migliori e più apprezzati che sono state in grado di creare.
Chiaro: i videogiochi sono un medium diverso, intrinsecamente legato allo sviluppo tecnologico. Un disco di Hendrix può essere (e senz'altro lo è) molto più bello e "moderno" di quanto proposto dalla maggior parte del panorama musicale degli anni 2000, nonostante la sua arretratezza tecnologica. Per un videogame è diverso: rigiocare oggi al primo Metal Gear (quello uscito su NES) è indubbiamente un'esperienza meno soddisfacente di quanto non lo fosse all'epoca.
Questo, però, non significa che nessun gioco d'annata possa essere goduto, in una certa misura, ancora oggi, e soprattutto che abbia senso spazzare via ad ogni cambio generazionale il nostro passato, quella che ormai dovremmo cominciare a definire la "cultura" del videogioco.
Anche se i produttori di hardware sembrano appoggiare questi argomenti solo a fasi alterne (diverse console in passato hanno dimostrato vari gradi di retro-compatibilità ma quasi mai completa e del tutto soddisfacente), il mondo del retrogaming è finora sopravvissuto in discreta forma, soprattutto grazie a due iniziative: quella del collezionismo e quella dell'emulazione. In poche parole, chi vuole retro-giocare deve rassegnarsi a custodire gelosamente in casa polverose collezioni di hardware d'annata con relativi giochi su cartuccia/CD/DVD, oppure intraprendere il percorso legalmente borderline dell'emulazione, in genere su PC.
Nessuna delle due strade, ovviamente, è perfetta: la prima autorizzerà pure a vantare il primato dell'originalità (nel senso che si impiegano gli hardware autentici dell'epoca), ma è poco pratica dal punto di vista economico/organizzativo e costringe ad affrontare problemi a volte insormontabili (resterà storica la volta in cui il nostro buon Ricciotto ci propose una serata retro-gaming, sfoderando il suo fido SNES, collegandolo al televisore e... scoprendo che era nel frattempo defunto). La strada dell'emulazione, invece, presenta problemi di altro tipo: compatibilità, ottimizzazione sia del codice che dei comandi (in quanto è difficile, se non impossibile, utilizzare i controller originali) e così via.
Nonostante tutto, finora, chi ha voluto retro-giocare è riuscito comunque a farlo con dosi di soddisfazione proporzionali al suo spirito di iniziativa e alle sue capacità organizzative. Guardando al futuro, però, lo scenario si fa più fosco per chi ha il gusto "vintage" e a volte un po' orgoglioso di tornare, di tanto in tanto, sui titoli che hanno fatto la sua storia di videogiocatore.
Il retrogaming di domani è, ovviamente, il gaming di oggi, e guardando ai titoli di oggi viene da porsi più di un interrogativo. Il primo e più lampante è: cosa ne sarà tra 10 o 20 anni dei giochi che oggi escono sul mercato in forma incompleta, malfunzionante, inaccettabile? Oggi abbiamo le patch post-rilascio (e comunque non le riteniamo una soluzione ottimale), ma quando il gioco sarà uscito di commercio e i suoi server spenti? Ammesso di avere ancora la console e trovare un disco da qualche parte, come faremo ad integrare quelle parti mancanti che adesso tanto ci fanno infuriare? Saremo, semplicemente, costretti a convivere coi bug della release originale?
La storia presenta già oggi qualche caso simile, come quello dell'amatissimo Vampire: The Masquerade - Bloodlines, che all'epoca uscì in stato davvero non ottimale e in seguito fu rivisto e corretto dalla comunità dei fan attraverso un lungo e complesso lavoro di patching non ufficiale. Non tutti i titoli, però, hanno la fortuna di sviluppare una fanbase così attenta e dedita, e non tutti gli hardware consentono di installare patch "fan-made" come avviene su PC. Quale sarà il futuro dei giochi meno fortunati, al momento, non è dato saperlo.
Proseguiamo: che fine faranno tutti i giochi che oggi contengono una componente di DRM online, quando i loro server saranno chiusi definitivamente? E quelli che contano su una componente online non soltanto per l'aspetto del multiplayer, ma anche per "integrare" funzionalità single-player (vengono in mente i "Driveatar" di Forza 5)? O, molto più semplicemente: dove potremo reperire l'infinità di bellissimi titoli digitali presenti su PlayStation Network o Xbox Live quando tali servizi interromperanno il supporto alle console più vecchie?
E anche trovassimo i giochi: da dove potremo scaricare l'infinita quantità di DLC che oggi praticamente ogni titolo propone (e spesso si tratta di contenuti nient'affatto "opzionali") quando, un domani, il relativo store virtuale sarà chiuso e non accetterà più le nostre volenterose carte di credito?
Un tempo i giochi uscivano sul mercato completi, con esperienze in singolo ben delineate, componenti online minime o del tutto assenti e necessità tecnologiche tutto sommato modeste. Per questo il retro-gaming ci è giunto in forma accettabile dagli anni '70 ad oggi, senza necessariamente bisogno di un grande supporto attivo da parte dei produttori di hardware e dei publisher di software.
Oggi la situazione è radicalmente diversa: senza un approccio più determinato nei confronti della tematica, rischiamo di veder scomparire, di qui a 20 anni, l'idea stessa di retrogaming, o di lasciarla relegata ai tempi sempre più lontani delle decadi '70 e '80.
Chiaramente, gli utenti PC faranno notare che esiste Steam: uno store sempre più accogliente nei confronti di titoli di ogni genere, sul quale è possibile reperire giochi anche di 10 o 15 anni fa e acquistarli normalmente come si fa con un prodotto contemporaneo, per poterli poi giocare, nella maggior parte dei casi, senza troppi problemi di hardware o compatibilità.
Steam però non è né una garanzia infinita, né una piattaforma in grado di riassumere, da sola, l'intera storia del gaming, se non fosse altro per il fatto lampante che non contiene al suo interno la quasi totalità dei giochi pubblicati da Sony, Microsoft e, soprattutto, Nintendo.
E sono proprio i "tre grandi" di oggi che, se vogliamo garantire un futuro all'amatissima pratica del retrogaming ed evitare che la storia dell'industria sia condannata al dimenticatoio, devono attivarsi in prima persona. Le soluzioni sono molteplici: passano dall'ovvia inclusione della retro-compatibilità totale con i vecchi hardware nelle nuove console (con la conseguente creazione di store virtuali davvero forniti di titoli vintage e possibilmente prezzati in modo ragionevole), fino alla vera concretizzazione di iniziative molto interessanti come quella lanciata da Sony con il suo servizio in streaming PlayStation Now (che, lo ricordo, purtroppo non vedremo in Italia).
Volendo ragionare in modo utopistico, si potrebbe anche immaginare una sorta di istituto "per la conservazione del videogioco": se proprio i produttori considerano i loro vecchi titoli talmente privi di valore da non offrire più un metodo pratico e contemporaneo per acquistarli e sperimentarli, allora che li svincolino dal copyright, insieme a tutti i loro DLC e le loro patch, e lascino che sia la comunità pubblica a conservarli e tramandarne il retaggio culturale. Quanto già realizzato in tal senso dall'iniziativa no-profit The Internet Archives la dice lunga riguardo le potenzialità di simili operazioni.
Ad ogni modo qualcosa dev'essere fatto, perché dimenticare la storia non fa mai bene a nessuna industria. Ancora oggi milioni di ragazzi si appassionano al rock ascoltando Purple Haze, al cinema guardando Psycho e alla letteratura leggendo I Dolori del Giovane Werther. Non dobbiamo togliere ai ragazzi di domani la possibilità di appassionarsi ai videogame riscoprendo i grandi capolavori della storia come Jet Set Radio Future, F-Zero GX o Demon's Souls.