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Quale sarà il futuro degli FPS? - editoriale

Gli sparatutto in prima persona in cerca di un'identità.

Nel corso degli appuntamenti di avvicinamento all'EA Play Live di luglio, evento pensato per alzare il sipario sul futuro prossimo del colosso americano, gli sviluppatori di Respawn Entertainment all'opera sull'instancabile Apex Legends e i ragazzi di DICE impegnati su Battlefield hanno condiviso con il pubblico la visione della compagnia a proposito del genere FPS.

Un genere, quello dello sparatutto in prima persona, che nel corso della storia del medium si è adeguato come un perfetto trasformista alle correnti creative dominanti, mutando svariate volte per forma e ambizione in modo da mantenere salda la sua presa sullo scettro delle classifiche di engagement.

Abbiamo assistito all'età dell'oro degli sparatutto arena, alla prima scoperta delle partite LAN, alla rivoluzione portata dal Source Engine di Half-Life, alla deriva competitiva di Counter-Strike, alla narrativa convincente di Call of Duty: Modern Warfare, alla straordinaria fantasia del Bioshock di Ken Levine, addirittura all'approccio all'universo MMORPG avvenuto attraverso Destiny, al connubio con l'esperienza survival portato da Escape From Tarkov, senza dimenticare ovviamente l'incredibile successo dei Battle Royale.

Microsoft ha assegnato Perfect Dark a The Initiative. Il suo studio più grande e talentuoso farà un FPS.

Chiedete al pubblico dei videogiocatori quale sia la miglior formula secondo cui declinare un FPS e otterrete tante risposte quanti sono gli appassionati; c'è però un'evidenza sulla quale non si può chiudere gli occhi: nel corso degli ultimi dieci anni, l'unico sparatutto in prima persona capace di portare a casa un premio per il Game of the Year è stato Overwatch di Blizzard Entertainment, un'opera senza ombra di dubbio straordinaria ma decisamente lontana dall'ottenimento di un pieno riconoscimento della propria dignità artistica.

Abbiamo parlato spesso della netta supremazia imposta dalle formule dell'action e dello shooter in terza persona, ispirazioni che hanno portato opere come The Last of Us Parte 2, la serie Uncharted, The Legend of Zelda, The Witcher e tantissimi altri ad accumulare svariate centinaia di premi, cristallizzando una sorta di "ricetta dorata" che qualsiasi sviluppatore dovrebbe perfezionare per ottenere i massimi riconoscimenti del pubblico e della critica.

La domanda sorge spontanea: se un titolo come The Last of Us Parte 2 fosse un FPS, funzionerebbe alla stessa maniera? Quali caratteristiche che sfuggono alla visuale in soggettiva hanno guidato in altre direzioni le mani dei creativi più talentuosi in circolazione? Perché quello che è senza se e senza ma uno dei generi di maggior successo della storia fatica ad esprimere tutto il proprio potenziale artistico?

La serie di Bioshock, di recente, è l'unica ad aver trasceso il classico confine creativo degli sparatuttto in prima persona.

Da una parte è evidente che la direzione intrapresa dal mondo degli FPS sia un riflesso dell'elevatissima domanda di esperienze competitive che caratterizza il mercato contemporaneo, ed è sufficiente osservare un paio di dati relativi agli ultimi due anni per rendersi conto delle dimensioni del fenomeno. Dall'altra, però, mentre i dirigenti di Respawn e DICE raccontavano i propri sparatutto multigiocatore, le chat di Twitch e YouTube erano inondate di commenti che chiedevano a gran voce notizie riguardo Titanfall e la sua campagna.

E questo è il primo clash ideologico che sembrerebbe star investendo le community degli appassionati. Se è vero che si leggono spesso e volentieri lamentele rivolte all'assenza della modalità campagna in titoli come Battlefield e Call of Duty, è ancor più vero che le metriche parlano chiaro: la maggior parte dei giocatori di FPS scelgono di saltare a piedi pari la campagna per buttarsi fin dall'inizio nel comparto multigiocatore.

Ancor più eloquenti sono i dati di vendita di numerosi titoli ricamati attorno all'esperienza FPS in solitaria. SuperData, ad esempio, ha stimato che un gigante come Doom Eternal abbia toccato quota tre milioni di copie vendute a marzo 2020; Wolfenstein, allo stesso modo, non è mai stato un juggernaut in termini di ricavi, e lo stesso discorso vale per formule affini come quella di Prey, che pur non essendo uno sparatuttto in senso stretto ha faticato ad ottenere il riconoscimento del pubblico.

Se The Last of Us Parte 2 fosse un FPS, funzionerebbe allo stesso modo?

In sostanza c'è un evidente frizione fra ciò che gli appassionati dicono di volere e quello che effettivamente finiscono per giocare e acquistare; è come se quello di lamentarsi dell'assenza di campagne impattanti fosse una sorta di dogma fondante nel "decalogo del gamer", e quando poi si tirano le somme, numeri alla mano, gli sparatutto orientati al multigiocatore competitivo semplicemente mettono in imbarazzo i risultati raggiunti dalle formule in single player.

Vale la pena menzionare anche il caso Cyberpunk 2077, sfortunata produzione di CD Projekt RED che almeno sulla carta avrebbe dovuto mescolare le caratteristiche del puro RPG con l'azione tipica dell'action in soggettiva, affiancando a un sistema di combattimento molto vicino a quello del classico FPS una componente narrativa fuori dal comune e un gigantesco mondo aperto.

A Night City sappiamo tutti com'è finita: l'imperdonabile delivery di CD Projekt ha irrimediabilmente danneggiato il progetto, tagliando di fatto le gambe a un'opera che avrebbe potuto incarnare un vero e proprio rinascimento creativo per i videogiochi in soggettiva. Non si può ignorare, d'altro canto, che ondate di lamentele rivolte alla formula in prima persona avevano già inondato il web ben prima del giorno del lancio, dimostrando ancora una volta l'avversione di buona parte del pubblico nei confronti di questa ispirazione.

Ma allora è possibile creare grandi videogiochi sulle sponde degli sparatutto in prima persona? Si può vincere un GOTY con un FPS narrativo o bisogna limitarsi ad abbracciare il mondo del competitivo?

Deathloop di Arkane Studios potrebbe essere la prossima grande sorpresa di questo mondo.

In questo momento storico, la risposta potrebbe risedere nelle mani della sola Microsoft. La casa di Redmond sembra più che mai convinta a schivare il terreno di caccia della concorrenza, ovvero l'action in terza persona, per realizzare un proprio "marchio di fabbrica" attraverso non solo il proseguo della storica serie di Halo, ma soprattutto la rinascita di Perfect Dark, storico brand shooter assegnato da Matt Booty al "superstudio" The Initiative.

La volontà di impegnare la software house più grande, ricca di talenti e ambiziosa della compagnia su un FPS rappresenta un atto estremamente coraggioso, dal momento che tutti si sarebbero aspettati da The Initiative una risposta concreta alle opere di Naughty Dog e Santa Monica Studios. Ebbene, forse Microsoft ha in mente di combattere su un campo di battaglia a lei più familiare, trasformando il teatro degli shooter in soggettiva in un'arma capace di combattere la concorrenza.

Guardando al passato è stata la sola serie di Bioshock, coronata dal trionfo di Infinite, ad aver trasceso il classico confine dello sparatutto in prima persona, realizzando universi narrativi capaci di imprimersi a fuoco nella memoria di milioni di appassionati. Guardando al presente, invece, accanto all'incredibile successo di titoli competitivi come Valorant o Call of Duty Warzone si stanno affermando formule decisamente più vicine all'ispirazione arcade e caciarona, come ad esempio la serie co-op Borderlands e i mondi aperti di Far Cry.

STALKER 2 ha fatto drizzare le orecchie a molti. Sarà lui il campione di una nuova generazione di FPS?

Certo, Cyberpunk 2077 ha l'innegabile merito di aver tentato una sperimentazione, e lo stesso Resident Evil Village ha seguito le orme del predecessore adattando la sua natura da survival horror a una moderna visuale in soggettiva, ma il giorno in cui vedremo un puro e semplice FPS sedere sul tetto del mondo sembra ancora molto, molto lontano.

Arrivati a questo punto, non ci resta altro da fare che girare a voi la palla: come mai la formula che più d'ogni altra dovrebbe favorire l'immersività non riesce a concepire grandi esperienze narrative? Perché l'action in terza persona ha stravinto la guerra per il riconoscimento della dignità artistica? Ma soprattutto, cosa vorreste vedere dal futuro degli FPS next-gen? Probabilmente, il primo studio che riuscirà a trovare una risposta concreta a tutte queste domande cambierà per sempre la storia del medium.

E in fin dei conti il bello del mondo dei videogiochi è anche questo, proprio come accade nel calcio: c'è sempre un'altra stagione, c'è sempre un'altra generazione, c'è sempre una nuova visione creativa.