Quando i videogiochi hanno previsto fin troppo bene la realtà
Pandemie, manifestazioni e complotti: quando persino gli autori si sono sorpresi di essere stati preveggenti.
Nel mondo dei videogiochi capita raramente che un autore rinneghi la propria opera. O che, quanto meno, confessi che al giorno d'oggi non sarebbe il caso di crearla. Lo ha fatto Warren Spector, quando ha detto che nel 2021 non farebbe Deus Ex. La parte più interessante è il motivo: perché le teorie complottiste, che sostengono l'ambientazione del gioco, oggi sono fin troppo radicate nella realtà. Tra le antenne 5G che diffondono il nuovo coronavirus, il movimento QAnon e il co-fondatore di Microsoft Bill Gates che intende impiantare chip tramite i vaccini, è molto diffusa l'idea che ci sia un piano orchestrato da grandi corporazioni nascoste per controllare il mondo.
Senza contare che nel 2000 Deus Ex immaginava una pandemia, nota nel gioco come la "morte grigia", per cui non esisteva una cura e che stava aggravando le differenze fra ricchi e poveri, fisicamente separati in altrettante parti della città. Un mondo dove, insomma, la diffidenza verso i governi e le multinazionali era spinta all'estremo e aveva spaccato la società. "Sono costantemente stupito da quanto la nostra visione del mondo sia risultata precisa. Francamente, un po' mi spaventa" ha detto Spector durante un recente talk alla Game Developers Conference.
Ma non è l'unico caso in cui i videogiochi, senza saperlo, avrebbero anticipato la realtà in un modo che, con il senno di poi, ha stravolto la percezione stessa di quell'esperienza.
A marzo 2020 in Italia ci siamo ritrovati bloccati in casa. Il modo stesso di vivere era cambiato da un giorno all'altro: molte famiglie sono rimaste separate; il mondo non è mai sembrato così connesso eppure così frammentato. In mezzo c'erano delle figure che, nonostante tutto, continuavano a trasportare in giro i beni di prima necessità, come mascherine, cibo e prodotti per bambini: i corrieri e i rider. All'improvviso, il mondo immaginato da Hideo Kojima in Death Stranding, un gioco che era uscito soltanto pochi mesi prima (a novembre 2019), è sembrato preveggente. È stato illuminante comprendere quanto Kojima sia riuscito a raccontare una società fragile prima che tutti noi altri realizzassimo davvero quanto lo fosse.
Naturalmente, Kojima non ha previsto la pandemia. Lui stesso, a luglio 2020 in un'intervista con Geoff Keighley, confessò che "non avrei mai potuto immaginare che accadesse qualcosa di così grande", aggiungendo che se davvero avesse avuto in dote la preveggenza, allora avrebbe creato dei giochi di maggior successo commerciale. "In Death Stranding c'era una sorta di avvertimento che ho voluto dare su cosa sta accadendo alla società" specificò Kojima.
Di certo, i suoi videogiochi hanno sempre saputo intravedere le future tendenze in un modo molto affascinante: la manipolazione delle notizie che fa da sfondo alle vicende di Metal Gear Solid 2, d'altronde, può essere paragonata al modo in cui le informazioni parziali e distorte abbiano impattato eventi come la Brexit (l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea) o le elezioni presidenziali statunitensi del 2016.
Quando il 6 gennaio 2021, invece, un gruppo di manifestanti ha invaso il Campidoglio a Washington negli Stati Uniti, i giocatori di The Division potrebbero aver percepito una sensazione di triste familiarità con quelle scene. Nel secondo capitolo della serie, pubblicato a marzo 2019, a Washington è in atto una guerra civile: tre fazioni hanno il controllo della città e i vertici del governo (accusato di essere composto da corrotti) sono stati uccisi o sono scomparsi.
Per mesi, la campagna promozionale del gioco ha mostrato scene di guerriglia urbana accanto ai palazzi storici della città, come la Casa Bianca, seppur Ubisoft in più occasioni abbia ribadito (anche contro l'evidenza dei fatti) che non intendeva lanciare alcun messaggio politico attraverso The Division 2. Le scene viste a Washington poco meno di due anni dopo il lancio del gioco, quando dei manifestanti pro-Trump hanno assaltato il Congresso mentre ratificava la vittoria del presidente eletto Joe Biden, sono state quindi un potente deja vù.
In altri casi, una simulazione di un evento catastrofico si è poi rivelata un coinvolgente mezzo di informazione. Plague Inc è un gioco di Ndemic Creations uscito nel 2012 e ispirato al gioco flash Pandemic 2 in cui bisogna diffondere il più possibile un virus prima che venga trovata una cura. La Cina è sempre stata considerata, nel gioco, uno dei Paesi migliori da cui far partire la diffusione del virus: ci sono metropoli densamente abitate e ci sono tantissimi punti di collegamento con gli altri Paesi del mondo. Ricorda qualcosa?
La prima volta che la realtà ha cambiato la percezione di Plague Inc è stata l'epidemia di ebola nel 2014. La pandemia da COVID-19 è stata la seconda volta. In risposta alla situazione mondiale, lo sviluppatore ha introdotto a novembre 2020 una modalità di gioco che funziona al contrario rispetto a quella originaria: bisogna trovare una cura alla pandemia introducendo, per esempio, delle restrizioni alla circolazione delle persone.
Già nel 2013, il fondatore di Ndemic Creations, James Vaughan, venne invitato a parlare al Center for Disease Control and Prevention (CDC): il CDC voleva valutare come informare attraverso strumenti meno convenzionali e Plague Inc, con il realismo della simulazione della diffusione della pandemia, sembrava un esperimento interessante.
Casi eclatanti in cui la realtà ha superato la finzione. Non resta che sperare che Doom si sbagli.