Quanti rinvii. Sbagliare un lancio non è più fattibile - editoriale
I casi di The Last of Us 2 e Watch Dogs Legion parlano chiaro: vietato fallire..
Troppi i precedenti: The Division 2, Anthem, Ghost Recon: Breakpoint. Sbagliare il lancio di un prodotto tripla A non è più fattibile: sviluppare un videogioco costa sempre di più e a rischio ci sono decine di milioni di euro. Ecco perché Ubisoft ha posticipato di colpo tre suoi giochi, in particolare Watch Dogs Legion, mentre Electronic Arts ha cancellato NBA Live 2020 e attenderà fino almeno al 2021 per un nuovo Battlefield.
Ecco perché Sony ha deciso di rinviare di tre mesi la data di uscita di The Last of Us 2 e Bethesda ha preferito spostare Doom Eternal a marzo 2020. Essere pressapochisti non è più ammissibile: i buchi lasciati dai grandi tonfi sono lì a monito di fallimenti che gli editori (società quotate in borsa, per altro) non possono più lasciarsi alle spalle tanto facilmente. Chiodo non schiaccia chiodo in questo caso: non basta pubblicare un altro gioco a breve distanza e dimenticare il precedente.
Anthem è il caso più emblematico. Lanciato in pompa magna e presentato come l'anti-Destiny firmato da Bioware, ora Anthem viene a malapena citato nei resoconti trimestrali di Electronic Arts a dimostrazione di quanto lavoro si sia reso necessario dopo il lancio sul mercato. Ubisoft, però, è quella che più ha subito lo scotto e sempre per colpa dei live games. Pur accolto molto positivamente dalla critica, The Division 2 ha deluso le aspettative commerciali dell'editore. Lo stesso vale per Ghost Recon: Breakpoint.
La colpa va probabilmente ricercata in una certa saturazione del mercato dei game as a service: chiedere a un giocatore che ha investito centinaia di ore di gioco di passare al sequel è forse al di là di quanto gli utenti possano e vogliano fare. Ed ecco il tracollo: il gioco non vende perché gli utenti sono rimasti sui server del capitolo precedente.
Allora, i produttori non possono che corrono ai ripari. Ubisoft ha rivisto le sue uscite - Watch Dog Legion, Rainbow Six Quarantine e Gods and Monsters nello specifico - a costo di dover abbassare le previsioni di ricavi annuali di quasi 650 milioni di euro e di subire un duro colpo in borsa. Prendersi più tempo per sviluppare un videogioco ha un costo: impiegare dozzine di persone per ulteriori mesi soltanto per portare sul mercato un prodotto significa investire milioni e milioni di euro in più. Ciò quindi implica che sarà necessario vendere ancora più copie di quanto era stato programmato precedentemente per arrivare al pareggio dei costi (il famoso break-even).
Fallire in modo tanto clamoroso non è più fattibile, nemmeno se ti chiami Ubisoft o Electronic Arts. I vari Star Wars: Battlefront 2, Anthem e The Division 2 hanno provocato danni economici alle aziende a causa delle vendite inferiori alle aspettative (forse sopravvalutate). Con la sola media su Metacritic non si porta a casa la pagnotta.
Le ragioni per alcuni di questi fallimenti commerciali li ha spiegate lo stesso Yves Guillemot, amministratore delegato di Ubisoft: la difficoltà di produrre un seguito per un gioco live game come The Division; novità poco curate e scarsamente implementate; poca originalità, infine, rispetto a quanto già disponibile sul mercato. Leggasi: meglio fare pochi giochi ma buoni, originali e divertenti. Va inoltre considerata la vicinanza dell'arrivo di PlayStation 5 e Xbox Scarlett.
Non a caso, poco dopo aver annunciato il rinvio dei suoi tre giochi, Ubisoft ha anche confermato che saranno tutti cross-gen, cioè saranno pubblicati anche sulle console di nuova generazione. Rainbow Six Quarantine, Watch Dogs Legion e God and Monsters saranno infatti lanciati sul mercato tra luglio e dicembre 2020. In questo modo, Ubisoft potrà avvantaggiarsi sia della solida base installata di PlayStation 4 e Xbox One sia del clamore attorno al nuovo hardware.
I giochi "live" sono un nuovo modello di commercializzazione. Gli editori si stanno accorgendo che vivono di meccaniche proprie, anche se tale epifania è giunta soltanto dopo uno scotto commerciale che avrebbero preferito non subire. Pochi prodotti, ma buoni: ecco quale sarà (speriamo) il mantra del futuro. Perché nemmeno le società più grandi possono permettersi di assorbire troppi colpi.