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Quanto costeranno i giochi next-gen? - articolo

All'incremento di poligoni e risoluzione corrisponderà anche un aumento dei costi dei videogame?

“I videogiochi costano troppo”: è una frase che si sente spesso e con la quale è difficile non essere d'accordo, specialmente guardando la questione dal punto di vista dei consumatori. Del resto, quante volte capita di pensare che qualcosa costi “troppo poco”? Con la nuova generazione di console che si fa sempre più vicina, però, la preoccupazione degli appassionati è un'altra, e ossia che l'incremento tecnologico porti a costi di sviluppo sempre maggiori per i titoli tripla-A, e che questo si rifletta alla fine sul prezzo dei giochi stessi.

Tra pochi mesi vedremo quindi i titoli più attesi prezzati sugli scaffali dei negozi a 70 euro o addirittura oltre? E, in caso questo avvenisse, che cosa comporterebbe per il mercato di videogiochi e per le nostre povere tasche? Domande semplici dalla risposta complessa, che cercheremo di individuare mettendo in campo un po' la nostra esperienza e un po' le nostre capacità divinatorie...

Innanzitutto, un po' di contesto. I videogiochi senz'altro non costano poco, ma per strano che possa sembrare non costano affatto di più di quanto non li pagassimo (per chi allora già giocava duro) in epoche passate e non sospette. Durante l'era 16-bit era normale spendere 100 mila lire per un gioco SNES, che calcolatrice alla mano sono l'equivalente di 50 euro, ma se si tirano in ballo fattori come l'inflazione sono molti di più. Il sottoscritto ricorda perfettamente di aver pagato il cartuccione di Super Street Fighter 2 la bellezza di 140 mila lire, nel 1994 o giù di lì. E non parliamo ovviamente della follia che era necessaria per portarsi a casa una cartuccia del Neo-Geo, vero sogno proibito di ogni gamer degli anni '90. Certamente erano altri tempi, il formato era un altro (le cartucce hanno dei costi di produzione molto più elevati di qualsiasi formato ottico) eccetera. Però il fatto resta: 20 anni fa i videogiochi costavano in termini assoluti più o meno quanto oggi, e dunque in proporzione anche di più.

Quello che c'è di nuovo oggi è che il mercato è molto più sfaccettato, e offre soluzioni di vendita e spazi che 20 anni fa non avremmo potuto neanche immaginare. Quindi, da un lato il fatto che i videogiochi costino “tanto” non è una novità e potrebbe apparire come un fatto “strutturale”, destinato a restare inalterato anche per tutto il corso della prossima generazione; dall'altro, l'opinione di chi scrive è che l'attuale business model del mercato dei videogiochi sia ormai prossimo all'estinzione o quasi, e che nei prossimi anni ne vedremo uno stravolgimento totale.

All'epoca delle cartucce, sul prezzo influivano molto le “dimensioni” del gioco, dato che il supporto era sostanzialmente un blocco di memoria ROM.

"20 anni fa i videogiochi costavano in termini assoluti più o meno quanto oggi, e dunque in proporzione anche di più"

Pensiamo a quello che è accaduto nel corso dei 6-7 anni di questa ultima “generazione”. Laddove in era PS2-Xbox il concetto di gioco scaricabile e “Live Arcade” era per lo più ignoto, ora il mercato vede un proliferare di “store digitali”, che secondo molti (e certamente secondo noi) costituiscono il futuro di questo e molti altri settori. Quello che gli store digitali hanno dimostrato è che la politica di prezzi può essere molto variegata: se nei negozi tradizionali la maggior parte dei giochi pacchettizzati si colloca intorno ad un paio di fasce di prezzo (60 euro per i titoli di prima fascia e 10-20 euro in meno per quelli di seconda), l'offerta che troviamo in forma digitale è molto più frastagliata ed eclettica. Su Xbox Live e PSN troviamo titoli tradizionali da 60 euro, Live Arcade da 5-15 euro e titoli indipendenti a prezzi molto più abbordabili. Su Steam troviamo titoli appena lanciati intorno ai 40-50 euro, giochi più vecchi sui 10-20 e poi un'infinità di offerte che consentono di comprare anche titoli recenti e di successo a veramente una manciata di euro (anche meno di 5). Sugli store Android e Apple, infine, troviamo una miriade di titoli, spesso di dubbia qualità ma a volte anche molto interessanti, che quando non sono addirittura gratis ci richiedono cifre minime, spesso espresse addirittura in centesimi.

Questo è un dato di fatto che le nuove console non potranno ignorare, e non lo faranno. Anche perché di qui ai prossimi mesi ci sarà bisogno di ridefinire cosa intendiamo per “console”, dal momento che sul mercato irromperanno la Steam Box e le varie console Android (Ouya e Gamestick in primis), che dunque di fatto introdurranno la politica di prezzi dei rispettivi servizi di vendita nel settore console anche senza “l'autorizzazione” di Sony, Nintendo e Microsoft.

Gli stravolgimenti che il settore dei videogiochi ha vissuto negli ultimi anni, però, non finiscono affatto qui. Da un lato, il fenomeno del “free to play” (o “F2P” per gli amici) si è imposto prepotentemente, per il momento soprattutto in ambito PC e online, ma in prospettiva sarà duro ignorarlo nel settore console. Parliamo di titoli ambiziosi e ben realizzati che portano un prezzo iniziale pari a zero e che tenteranno poi di sedurci con la politica dei micro-pagamenti per arricchire o migliorare la nostra esperienza di gioco. Basta citare un caso lampante come quello di League of Legends per dimostrare il successo a livello economico di questa formula, oppure quello di Star Wars: The Old Republic per far capire che non abbracciarla e affidarsi a strategie di mercato “vecchie” può essere molto rischioso e controproducente al giorno d'oggi, anche per un blockbuster.

E che dire invece dei servizi di “cloud gaming”? OnLive potrà anche aver fallito, ma se Sony ha pagato quella cifra astronomica per acquistare Gaikai (380 milioni di dollari) evidentemente intende farne qualcosa nel corso della next gen. Un servizio del genere potrebbe in sostanza significare per il mondo dei videogiochi quello che Netflix significa per il settore dei film: lo stesso concetto di “prezzo d'acquisto” di un gioco potrebbe svanire, in un mondo in cui si “noleggia” tutto online. Stesso discorso vale anche per tutti i possibili sviluppi del browser gaming, che sta dimostrando di avere caratteristiche molto interessanti e che di qui ai prossimi 5-10 anni potrebbe decollare in modi che adesso neanche immaginiamo.

"Il fenomeno del 'free to play' si è imposto prepotentemente: in prospettiva sarà duro ignorarlo nel settore console"

Watch Dogs di Ubisoft, probabilmente tra i primi giochi per piattaforme next-gen. Lo vedremo sugli scaffali dei negozi a 70 euro? Forse, ma non è l'unica possibilità...

C'è infine da parlare di un'ultima “opzione di pagamento” che potrebbe rivelarsi molto interessante nei prossimi anni, ossia quella dei titoli “episodici” basati su DLC, in stile The Walking Dead. Il titolo Telltale Games ha riscosso grande successo nella scorsa stagione, mettendo in campo una politica che può rivelarsi molto fruttuosa sia per gli sviluppatori che per i giocatori. Il concetto è quello di vendere un gioco in forma “spezzata”, come i singoli episodi di una serie TV. Ovviamente questo modello si presta solo per i giochi caratterizzati da una struttura lineare o che in qualche modo si possa dividere in “moduli” separati, ma consente dei notevoli vantaggi. Lo sviluppatore può infatti convincerci a comprare solo il primo “episodio” del suo titolo, impostando un prezzo molto vantaggioso, e dimostrarci quindi la qualità dell'esperienza di gioco, sperando di invogliarci a comprare anche i capitoli successivi.

Noi, dal canto nostro, potremo effettivamente essere sicuri di quello che stiamo comprando, molto di più di quanto non avvenga con una semplice demo, e infine compreremo solo quello che effettivamente giochiamo. Quante volte vi è capitato di spendere 60 euro per un gioco che poi non avete terminato? Ecco: lasciando The Walking Dead a metà avrete speso soltanto 10-15 euro dei 25 totali che il gioco “intero” costa, perché gli episodi che non avrete giocato non li avrete neanche pagati.

La vera scheggia impazzita di tutta questa equazione è però un'altra. Sono ormai innumerevoli, e sempre più insistenti, le voci secondo cui sia Sony che Microsoft vorrebbero inserire nelle loro prossime console una tecnologia in grado di impedire effettivamente l'utilizzo di giochi usati. I produttori di videogiochi, che ormai da anni si lamentano delle presunte perdite generate dal mercato degli usati (cosa di cui non siamo ancora perfettamente convinti), dicono che tali tecnologie potrebbero “bilanciare” il mercato, ridurre i rischi, e portare ad una progressiva riduzione del prezzo dei giochi. Noi pensiamo, al contrario, che la riduzione dell'offerta e della competizione sui prezzi porterebbe invece ad un effetto negativo per le tasche dei consumatori, con le compagnie che si sentirebbero più “forti” che mai nello stabilire le loro politiche di prezzi nei confronti degli utenti.

Ad ogni modo, l'intera discussione potrebbe comunque rivelarsi obsoleta o quasi già nel mezzo della prossima generazione, se come sembra il mercato continuerà a prendere sempre di più una piega orientata sulla distribuzione digitale, che per sua stessa natura cancella il concetto di “gioco usato”. Insomma, Sony e Microsoft potrebbero aver profuso grandi sforzi per introdurre queste tecnologie anti-usato (inimicandosi una buona fetta di giocatori) per produrre poi un risultato che, nel contesto del mercato futuro che va prefigurandosi, potrebbe essere molto modesto.

"OnLive potrà anche aver fallito, ma se Sony ha pagato quella cifra astronomica per acquistare Gaikai evidentemente intende farne qualcosa nel corso della next gen..."

Shadow Complex (2009): un titolo più “tripla-A” di molti altri, che però è uscito solo in download digitale al prezzo di 15 euro. Siamo pronti a scommettere che in futuro vedremo sempre più di queste iniziative.

Qual è il risultato di tutto questo insieme di fattori? Tornando alla domanda iniziale: quanto costeranno i titoli next-gen? La nostra risposta è che non costeranno né “più” né “meno” dei titoli attuali, ma costeranno in maniera radicalmente diversa, perché la politica di prezzi del mercato moderno è già disgregata e andrà disgregandosi sempre di più. L'era in cui “i giochi costavano tot” è ormai definitivamente al termine. È molto probabile che vedremo sugli scaffali dei negozi giochi tripla-A prezzati a 70 o magari 80 euro, e vi diciamo anche che non c'è niente di male: un titolo che ha richiesto investimenti imponenti e che offre grande qualità ed un intrattenimento di lunghissima durata merita senz'altro un “premio” rispetto a titoli molto meno ambiziosi. Accanto a questi giochi vedremo però una miriade di titoli che richiederanno spese e metodi di pagamento completamente diversi, e noi stessi ci abitueremo sempre di più ad un mercato frammentato che offrirà occasioni e metodologie le più distanti possibili tra di loro.

Per ogni Final Fantasy venduto tradizionalmente a 70+ euro, potremo avere magari un futuro Gran Turismo distribuito gratuitamente e basato su una “piattaforma” essenziale di poche piste e macchine, alle quali potremo aggiungere nuove auto e circuiti al costo rispettivamente di 50 centesimi e 2 euro l'uno (potrà sembrare molto, ma pensate a quante piste e quante auto sarebbero necessarie per arrivare a 60 euro!). Nel frattempo, avremo magari un abbonamento al servizio cloud gaming di Sony, che con 10 euro al mese ci offrirà un intero pacchetto di titoli da giocare “gratuitamente” e liberamente (è poi tanto diverso da quello che accade già con il PlayStation Plus?).

Approfittando dei saldi pazzi di Steam potremo comprare per la nostra Steam Box Half-Life 3, uscito da poche settimane, al 50% di sconto, mentre con 10 euro compreremo i 5 titoli più belli del mese usciti per Android e potremo giocarli sul nostro smartphone quando siamo fuori casa o sul nostro televisore grazie ad Ouya.

"Noi videogiocatori siamo per definizione i pionieri del settore da sempre più all'avanguardia tra quelli legati all'intrattenimento, e non possiamo dunque che abbracciare la rivoluzione del mercato che sta avvenendo"

The Walking Dead presenta una formula di acquisto molto interessante: si paga solo quello che si gioca. 5 episodi al prezzo di 5 euro l'uno, per una spesa totale di 25 euro se si porta il gioco a termine.

È chiaro: una situazione del genere, per certi versi, può spaventare. In fondo la politica dei “60 euro, porto a casa il gioco, è tutto intero ed è mio” va avanti da trent'anni, e noi videogiocatori siamo affezionati a quelle che sono ormai le nostre “tradizioni”. Ma noi videogiocatori siamo anche per definizione i pionieri del settore da sempre più all'avanguardia tra quelli legati all'intrattenimento, e non possiamo dunque che abbracciare la rivoluzione del mercato che sta avvenendo e che nei prossimi anni si farà sicuramente più intensa.

L'importante, come sempre, sarà “guidare” il mercato e orientarlo con il nostro potere di acquisto e di “voto”. Laddove troveremo iniziative poco rispettose (qualcuno ricorda ancora i primi esperimenti di DLC e la famosa “armatura da cavallo” che Bethesda cercò di venderci a 2.50€ in Oblivion?) sarà nostro compito punire selvaggiamente chi tenterà di propinarcele. Quando invece le innovazioni di mercato saranno usate a vantaggio sia di chi vende che nostro, come ad esempio nel caso di The Walking Dead, potremo approfittarne e nel farlo premieremo automaticamente chi le ha create.

In tutto ciò, ovviamente, noi saremo sempre qui e cercheremo come sempre di informarvi e consigliarvi nel modo migliore possibile e con tutta la professionalità di cui siamo capaci, per guidarvi nel mare magnum del mercato di domani. Sinceramente, non vediamo l'ora.

Avatar di Luca Signorini
Luca Signorini: Luca gioca e scrive da quando ha scoperto le meraviglie del pollice opponibile. È giornalista ma soprattutto appassionato; non gli toccate Metroid, Stallone, i Black Sabbath e la carbonara e sarete suoi amici per sempre.

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