Quasi 4 milioni di over 45 giocano ai videogiochi. Perché non vengono considerati? - editoriale
I videogiochi sono per giovani? Insomma: in Italia quasi un videogiocatore su 4 ha almeno 45 e spesso molti di più.
I videogame continuano a inseguire i giovani. Ce ne accorgiamo continuamente, dall'ammiccamento dei giochi online fino alle microtransazioni per gli oggetti cosmetici, passando per l'esplosione dei tanti battle royale negli ultimi anni.
Eppure, i dati dell'Italian Interactive Digital Entertainment Association (l'ex-AESVI) hanno registrato un aumento di una fascia di età spesso sottovalutata. I videogiocatori tra i 45 e i 64 sono infatti 3,9 milioni, ossia quasi un quarto della popolazione videoludica italiana (17 milioni nel 2019).
Parliamo di una fascia seconda soltanto a quella tra i 15 e i 24 anni che spesso, a dar credito al sentire comune, sembra identificare il videogiocatore tipo: giovanissimo e, probabilmente, single. E invece ecco la risposta di un'ampia fetta di pubblico over 45 che gioca fino a 7,4 ore alla settimana, quindi più di un'ora al gioco.
Si potrebbe pensare facilmente che siano soprattutto giocatori occasionali, spinti dalla nascita del videogioco su mobile e dalla diffusione degli smartphone. Ma se è vero che il 10% di queste persone gioca soprattutto su smartphone, l'11% dei videogiocatori italiani tra i 45 e i 64 anni lo fa su PC, dove le produzioni casuali a là Candy Crush sono molte meno. Chi vuole giocare a questo tipo di titoli lo fa appunto su dispositivi mobile, lasciando al PC il ruolo di piattaforma per le esperienze più evolute.
Parliamo di gamer nati tra il 1956 e il 1985 e che, quindi, sono stati i "pionieri" in Italia della cultura videoludica. Si tratta di un pubblico di appassionati o almeno in gran parte tali. Ci riferiamo agli anni in cui chi giocava ai videogame era considerato uno sfigato a scuola e a lavoro, quando nascevano le prime macchine da gioco dedicate, e a persone che hanno vissuto in pieno la crisi del 1983, quando cloni di titoli popolari e troppi dispositivi da gioco avevano saturato il mercato.
È un pubblico eterogeneo che, come in tutte le altre fasce di età, include sia i gamer occasionali sia quelli appassionati. Tanti quanti se ne possono trovare in fasce di età più basse: c'è chi tra i 15 e i 24 anni gioca unicamente ai titoli sportivi, eppure dal reparto marketing delle aziende viene considerato un pubblico ben più prelibato a cui bisogna prestare la massima attenzione.
Non si tratta comunque di un fenomeno unicamente italiano. Anche la Germania ha registrato un costante aumento dell'età media dei videogiocatori: dai 31 anni del 2014 si è passati a 37,5 anni del 2020. Gli over 60 tedeschi che videogiocano sono più di 5 milioni e se vengono incluse anche le persone tra i 40 e i 59 anni, il numero sale a ben 15,8 milioni di utenti. Tutti giocatori occasionali? Estremamente improbabile.
Nonostante ciò il mercato e il target delle principali produzioni taglia fuori un pubblico che, per gusti, vuole vivere esperienze virtuali molto più adulte. Invece tale fetta di utenti si ritrova a giocare alle stesse esperienze virtuali pensate per persone che hanno 20 o 30 anni di meno. Come se al cinema dessero soltanto film per supereroi: gustosi e scenici, certo, ma meno male che ci sono produzioni più elevate che possono toccare corde diverse. Perché di queste si parla: di sensibilità diverse che, sulla carta, dovrebbero trovare una corrispondenza altrettanto diversificata anche nello sviluppo di videogiochi.
Ecco, forse, una chiave di lettura: tantissimi videogiochi vengono realizzati da persone che non hanno 50, men che meno 60 anni. Gli Shigeru Miyamoto del caso (il game designer di Nintendo ha 68 anni) in genere finiscono per ricoprire ruolo manageriali dopo una lunga carriera in un'azienda e si allontanano dallo sviluppo.
Oppure, stanchi della vita all'interno di un grande studio, fondano una propria piccola casa di sviluppo per produzioni più compatte. Sembra che manchino, insomma, delle produzioni che sappiano come parlare a chi, ormai, di giochi ne ha vissuti parecchi e chiede qualcosa di più. Questi utenti continuano a godere dei videogiochi di molti tipi, è ben chiaro, ma potrebbero saggiare un'esperienza virtuale dal sapore più adulto, esattamente come di libri e i film ne sono piene le sale.
Ci sono giochi per tutti, ma non ogni gioco dev'essere per tutti. Una base di partenza che sembra essere sfuggita o che, forse, non ha soppesato - o non è pronta a farlo - le potenzialità di un pubblico che non desidera altro che assaporare un videogioco che sappia cogliere le sfumature dell'età adulta.
È sempre bello giocare a Super Mario ma forse sarebbe anche interessante capire come l'idraulico italiano abbia vissuto la crisi di mezza età, e se ne sia uscito.