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Quattro chiacchiere col game director di The Inpatient - intervista

Nik Bowen ci svela i segreti dell'ultimo titolo PlayStation VR di Supermassive Games.

In occasione della recensione di The Inpatient, abbiamo avuto anche la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con gli sviluppatori. Tra le tre scelte che avevamo a disposizione, abbiamo optato per Nick Bowen, game director del gioco, la cui intervista trovate qui di seguito.

Eurogamer.it: The Inpatient ha una classica ambientazione da asylum-horror. Nel corso del gioco è facile scorgere fonti d'ispirazione cinematografiche come Shutter Island e Session 9. Potreste dirci a quali altri film (o giochi) del passato vi siete ispirati per la sua realizzazione?

Nik Bowen: Siamo uno studio che si nutre di creatività ed è quindi naturale per noi prendere ispirazioni da vari ambiti. Mentre sviluppavamo The Inpatient abbiamo ovviamente preso spunto da libri e film del genere thriller psicologico, penso sia naturale. L'elemento narrativo è sempre stato uno dei focus principali del gioco. Fin dall'inizio abbiamo speso parecchio tempo leggendo e guardando video che potessero darci il guizzo giusto da inserire in The Inpatient.

Nick Bowen, game director di The Inpatient.

Eurogamer.it: L'avventura è ambientata all'incirca 60 anni prima di Until Dawn e fornisce ai giocatori più di un richiamo a quel gioco. È tuttavia possibile apprezzarlo in pieno anche senza aver giocato il titolo originale. Quando e perché avete deciso di realizzare un prequel così particolare piuttosto che un più canonico sequel?

Nik Bowen: The Inpatient racconta una storia totalmente nuova. Non c'è bisogno di aver giocato Until Dawn per godersela. Ci sono molti personaggi nuovi, nuove situazioni e misteri da scoprire. I fan del gioco precedente tuttavia non faticheranno a riconoscere i collegamenti con questa nuova avventura e alcune facce piuttosto familiari.

Sentivamo che era possibile costruire una storia fantastica attorno al suggestivo sanatorio di Blackwood. Volevamo dare ai giocatori la possibilità di entrarci proprio nel suo periodo più importante, quello che in Until Dawn era stato solo accennato. Il fatto che sia stato creato appositamente per PlayStation VR da la possibilità di vivere un thriller psicologico in un modo totalmente nuovo.

Eurogamer.it: Ormai è chiaro che PlayStation VR è una periferica che vi piace. Avete realizzato l'ottimo spin-off Until Dawn: Rush of Blood e attualmente state sviluppando il coop-shooter Bravo Team. Rispetto all'esordio in che modo è cambiato il vostro approccio alla Realtà Virtuale e quali margini di miglioramento (non necessariamente tecnici) pensate possa avere questa tecnologia?

Nik Bowen: Il nostro studio ha sempre amato la Realtà Virtuale e sono ormai 5 anni che lavoriamo con PlayStation VR. Due dei titoli di lancio del PSVR sono stati sviluppati da noi (Until Dawn: Rush of Blood and Tumble VR) e siamo felici di aver avuto la possibilità di svilupparne altri due completamente diversi.

Una delle cose più belle del creare giochi per PlayStation VR è che la tecnologia in questo ambito cambia continuamente e non c'è un manuale di regole predefinite. Per uno sviluppatore questa è una cosa molto stimolante perché permette di trovare sempre nuovi modi per raccontare le storie, nuove vie per coinvolgere i giocatori.

Creare un horror psicologico per PlayStation VR è stata una sfida davvero eccitante. Ogni giorno eravamo ansiosi di provare nuove soluzioni per rendere la storia più coinvolgente. The Inpatient vi proietta dentro un mondo completamente nuovo. Man mano che si gioca si scoprono nuovi dettagli, si può abbassare lo sguardo e vedere una completa riproduzione del "proprio" corpo ed è possibile usare la voce per interagire con gli altri personaggi e progredire nell'avventura.

Eurogamer.it: The Inpatient è giocabile in modo molto più naturale con i PlayStation Move. Il DualShock 4 invece presenta alcuni piccoli problemi, tra cui l'utilizzo non particolarmente "comodo" del sensore di movimento. Perché non avete pensato di implementare dei controlli più canonici per chi utilizza il gamepad, magari utilizzando in maniera diversa stick analogici e tasti dorsali?

Nik Bowen: The Inpatient è stato sviluppato per essere perfettamente compatibile sia con i controller Move che con il DualShock 4. Era nostra intenzione dare a tutti la possibilità di giocare nel modo più confortevole possibile seppure con stili differenti. Per questo motivo abbiamo inserito la possibilità di scegliere diversi setting per i comandi, comprese diverse velocità di rotazione. Chi utilizzerà i controller Move avrà tuttavia un maggiore senso di immersione perché potrà interagire con gli oggetti in modo più realistico, proprio come farebbe nella realtà.

Eurogamer.it: L'Effetto Farfalla era una delle migliori caratteristiche di gameplay di Until Dawn e ci ha fatto piacere ritrovarlo in The Inpatient. Nel primo gioco era più facile intuire quali decisioni avrebbero dato una svolta alla storia, mentre in questo è assai più difficile. Quante possibili ramificazioni "importanti" della storia è possibile prendere e quanti finali sono presenti?

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Nik Bowen: Le scelte che si fanno durante il gioco sono la chiave di volta dell'esperienza offerta da The Inpatient, proprio come lo furono per Until Dawn. Le decisioni prese possono cambiare anche radicalmente la storia e l'epilogo. Preferiamo non svelarvi quanti bivi e quanti finali esistono, vogliamo che siano i giocatori a scoprirlo e a stupirsi di quello che hanno scoperto. Fin dall'inizio abbiamo pensato a The Inpatient come ad un gioco che dovesse essere giocato più di una volta.

Eurogamer.it: The Inpatient è uno dei titoli per PlayStation VR migliori dal punto di vista grafico ed è eccezionale per quanto riguarda la precisione delle interazioni "fisiche" tra il protagonista e gli altri personaggi. Un grande passo avanti rispetto ai vostri primi lavori... avete utilizzato tecnologie particolari per ottenere questo risultato?

Nik Bowen: Vi ringrazio da parte di tutto il team, siamo particolarmente orgogliosi della grafica del gioco. Abbiamo molti ragazzi di talento nel nostro studio e l'esperienza accumulata con il VR ci ha permesso di ottenere questi risultati. Stiamo continuando ad imparare e provare nuove tecniche che metteremo sicuramente a frutto nei prossimi progetti. Vogliamo spostare sempre più avanti il nostro limite e dare al pubblico esperienze sempre più incredibili. È questo il nostro primo obiettivo.

Per quanto riguarda The Inpatient, i personaggi del gioco sono sempre stati molto importanti per noi. Fin dall'inizio volevamo dare al giocatore una sensazione di insicurezza e disagio, per questo abbiamo deciso di iniziare con l'interrogatorio del Dottor Bragg. Abbiamo riposto particolare cura nel dargli espressioni realistiche, che vengono esaltate dall'illuminazione della stanza e pensiamo che il risultato sia notevole. È un inizio davvero interessante.

Eurogamer.it: Un'ultima domanda riguardante l'ottimo sistema di controllo vocale che avete implementato in questo titolo. Dobbiamo aspettarci il suo utilizzo anche nei vostri prossimi lavori? Magari proprio in Bravo Team, che essendo uno sparatutto tattico multiplayer beneficerebbe non poco di questa "feature".

Nik Bowen: Siamo estremamente orgogliosi del sistema di interazione vocale del gioco. Poter scegliere cosa dire e come rispondere direttamente con la propria voce da un senso di immersione davvero unico. È sicuramente un elemento che terremo in massima considerazione per il futuro.