Questa non è una passione per 'vecchi'? - editoriale
I videogiochi sono adatti a persone con più di trent'anni?
Ci siamo. Avete appena passato le ultime quattro ore ad ammazzare creature di ogni tipo insieme a svariate decine di persone. Tra pochi istanti si aprirà l'ultima porta del raid dungeon che insieme alla vostra gilda state per conquistare. Manca solo lui, il boss finale.
Già pregustate l'incredibile drop che potreste vincere... Indossate l'armatura giusta, selezionate l'arma più devastante che avete, controllate che i buff siano tutti attivi quando sentite l'urlo più terribile che si possa sentire in questi casi. Non viene dalle cuffie 5.1 che state indossando, viene dalla stanza affianco: vostro figlio, un piccolino di una manciata di mesi, piange.
Il giorno dopo siete comodamente seduti sul divano e state giocando a FIFA contro un avversario che ha deciso di scegliere, ovviamente, il Barcellona. Voi con il vostro "misero" Torino state per fare il colpaccio: al 60esimo siete sul 2-0. A quel punto suona l'allarme sul telefono e vi ricordate che dovete andare a prendere vostra moglie che sta arrivando in stazione. Farla aspettare non è un'opzione accettabile, ve la farebbe pagare cara. Risultato: il quit più doloroso di sempre...
Quelle descritte sono due situazioni molto diverse che hanno però una cosa in comune: un adulto che gioca e un mondo, quello dei videogiochi, che non è fatto per lui.
Negli anni '80, quando il fenomeno dei videogiochi è esploso ed è arrivato nelle case grazie ai primi personal computer e alle console, chi si metteva davanti alla tv con un joystick o un joypad in mano erano principalmente dei bambini o dei ragazzini.
Era un periodo in cui i videogiochi venivano visti solo come attività per i più piccoli e va anche detto che tranne rari casi, la cosa era anche vera: i titoli venivano sviluppati pensando a un target molto basso, quindi con difficoltà poco elevata. Ovviamente questo era anche figlio dei limiti tecnici dell'epoca, visto che non si poteva creare chissà quale mondo complesso nei pochi kb di memoria a disposizione.
Saltiamo avanti di quasi quarant'anni e la situazione è completamente diversa. Oggi i videogiochi hanno passato la fase embrionale e sono diventati adulti. Non sono più un fenomeno di nicchia perché sono ormai entrati nella quotidianità ed è molto più difficile trovare un adolescente (maschio) che non gioca rispetto a un coetaneo che lo fa.
Però, come detto all'inizio, non sono solo i ragazzi ad affrontare terroristi con un joypad in mano o a respingere ondate di elfi oscuri grazie a mouse e tastiera. Ci sono milioni di adulti in tutto il mondo che giocano regolarmente con console, computer e smartphone.
Persone di trenta, quarant'anni che non hanno mai perso la passione per quel senso dell'avventura o della sfida che solo il divertimento videoludico può dare. Questo "videogiocatore adulto", chiamiamolo banalmente così, è una creatura strana e sfortunata: ha spesso un budget molto più ampio rispetto a quello di un ragazzino e potrebbe comprarsi ogni gioco che gli interessa.
Ma un problema che nemmeno i soldi possono risolvere, è che gli manca il tempo libero! La sua vita è, infatti, molto diversa da quella di un ragazzo che va a scuola o all'università. Per lui ci sono molte più cose da fare, molti più problemi quotidiani da risolvere, molti più impegni che NON si possono rimandare. In una parola, ci sono molte più responsabilità.
In molti casi una di queste è persino crescere un piccolo pargoletto che da lì a qualche anno diventerà il suo principale compagno di gioco, nonché il suo più temibile avversario in partite a FIFA o PES, o in scontri con picchiaduro di turno.
Ma pur tra mille difficoltà, il "videogiocatore adulto" non molla la passione. Riduce il numero di titoli e ore a cui si dedica ma non molla. Lui ci prova a continuare ma la cosa non è di certo agevolata dall'attuale situazione del mondo dei videogiochi. L'aspetto single player è quello che ne risente di meno, certo, ma anche qui capita spesso di trovare titoli che ti obbligano a fare missioni lunghe anche trenta minuti senza la possibilità di salvare. E se hai l'auto da portare dal meccanico o la lavatrice che improvvisamente perde acqua, anche trenta minuti di fila sono un lusso non sempre disponibile.
Ma dove il "videogiocatore adulto" soffre davvero è, ovviamente, nella componente online. I tempi del gioco multiplayer sono da sempre un problema per tutti, giovani compresi (quanti "È pronto in tavola, chiudi e vieni a mangiare!" avete sentito in vita vostra? Con le mamme che non capiscono mai che non si può salvare o mettere in pausa un deathmatch o una sfida contro le orde di nemici), ma da adulto sono molto più frequenti.
È possibile pensare a una soluzione per questo tipo di problemi? In molti casi no. Non è possibile, per esempio, abilitare opzioni per pause di dieci o venti minuti in un qualsiasi gioco online. Gli altri, per quanto comprensivi, si romperebbero ad aspettare per così tanto tempo. Magari si potrebbe pensare un sistema in cui chi gioca mette in pausa la sessione attuale e passa a un'altra, ma anche così sarebbe molto difficile riuscire a ritrovarsi tutti insieme. Funzionerebbe per le sfide a due, nulla più.
Però sarebbe bello se qualcuno cominciasse a considerare anche questi "videogiocatori adulti" e i loro problemi durante la fase di sviluppo. Meccaniche di gioco più veloci, possibilità di uscire e rientrare più facilmente, modalità che prevedano anche una pausa.
Magari solo in determinati server dichiaratamente dedicati a abbia meno tempo, o con determinate opzioni che l'utente decide di attivare. Così facendo chi decide di entrare in un "server per vecchi", sa che chi gioca ha i suoi stessi problemi ed è quindi più propenso ad aspettare un po' senza impazzire se una partita è messa in pausa per due minuti.
Certo per i raid e tante altre cose simili non è possibile risolvere la situazione ma per fortuna esistono anche le mogli e, in casi estremi, le baby sitter!