Quindici Anni di Super Smash Bros. Melee - editoriale
Festeggiamo il compleanno di un gioco che è un piccolo diamante nella storia degli eSports. E in futuro?
Cominciare con una descrizione non è mai stato così complicato. Rispondere alla domanda "Che cos'è Super Smash Bros. Melee?" è una vera impresa, è come cercare di descrivere una figura geometrica su quattro dimensioni. Per la maggior parte di noi, e soprattutto per l'ideatore Masahiro Sakurai, è un fighting game che indossa le vesti del party game. Per gli analisti, è il titolo più venduto di sempre su Nintendo Gamecube. Per la scena eSports, è una delle presenze più longeve del settore, in grado di vivere una rinascita senza precedenti, passando attraverso una cassazione da parte di Nintendo per diventare infine il fighting game più seguito in assoluto, segnando più volte delle pietre miliari nella storia di Twitch. La crescita di Super Smash Bros. Melee è una gemma preziosa nell'universo videoludico: capace di diventare parte delle fondamenta di quel colosso che è stato MLG, ha dato vita alla fioritura spontanea di una scena competitiva paragonabile a uno Shonen a tutti gli effetti.
Ma quindi, che cos'è Super Smash Bros. Melee? Tutti conosciamo la formula: personaggi di storiche saghe videoludiche si danno battaglia in quello che veniva sponsorizzato come "il picchiaduro in cui non serve memorizzare valanghe di mosse". Ma il destino beffardo volle che Super Smash Bros. Melee diventasse il primo, e anche l'unico, sandbox fighting game della storia dei videogiochi. L'assenza totale di liste dei comandi è sopperita da una fisica spaventosamente complessa, in grado di lasciare assoluta libertà e totale controllo nelle mani del giocatore: una battaglia può concludersi con un singolo scambio di colpi, non esiste un limite alla lunghezza di una combo, non esiste un momento in cui la partita sia definitivamente decisa. Il divario di skill tra un neofita e un professionista è più alto rispetto a qualsiasi altro titolo competitivo; basti pensare che, anche in tre contro uno, dei combattenti esperti non hanno alcuna speranza contro un campione.
Il tema di Super Smash Bros. Melee (che d'ora in poi chiameremo solamente "Melee") è più attuale che mai. Viviamo un'epoca nella quale numerose software house hanno cercato di impostare a priori la crescita di un'esperienza intorno ad audience divise, se non addirittura contrapposte: i cosiddetti casuals, e gli auto-proclamatisi hardcore gamers. Una distinzione che sarebbe oramai da superare, perché è chiaro come parte del segreto del successo stia nella profondità, nella capacità di realizzare titoli nei quali l'approccio superficiale e quello analitico costituiscano due esperienze egualmente appaganti. From Software l'ha dimostrato con la serie Souls, Blizzard Entertainment ne ha fatto nel corso degli anni una vera e propria filosofia, e perfino i MOBA nella loro interezza devono il proprio successo al raggiungimento di questo difficile equilibrio. Ed è proprio per questo motivo che ancora oggi, a distanza di quindici anni dalla release originale (3 dicembre 2002) e avendo sovrastato due generazioni nella forma di Brawl e Sm4sh, Melee rimane di gran lunga il capitolo più seguito del franchise.
Quando si tratta di videogiochi competitivi, il paragone più azzeccato è quello della musica classica. C'è uno spartito, uno strumento e un musicista, qualche volta è presente anche un'orchestra. Ovviamente lo spartito è il codice del gioco, lo strumento rappresenta l'interfaccia mentre orchestra e musicisti incarnano team e giocatori. Avvicinandosi alla perfetta esecuzione tecnica, si ottengono risultati incredibili. Ma Melee non ha niente a che vedere con tutto questo. Melee è Jazz, è improvvisazione, è la conoscenza di una nota e il successivo sfruttamento al momento giusto. Non c'è una skill meccanica, c'è un oceano di sfumature in costante evoluzione, con intere tier list di combattenti che mutano a distanza di un decennio in seguito a una singola scoperta. Un po' come la celebre tecnica del rocket-jump negli sparatutto arena, questo universo sandbox ha riadattato ogni meccanica presente, e soprattutto prevista, dal codice di gioco; il risultato è stato quello di produrre combattenti che sembrano aver vissuto un'evoluzione simile a quella di Thomas Anderson nella famosa saga di Matrix.
Per poter raggiungere livelli competitivi, infatti, bisogna essere in grado di inserire almeno sette input al secondo sul controller, con un tempo di reazione che si avvicina al singolo centesimo; sono numeri paragonabili a quelli raggiunti dai giocatori di Starcraft o League of Legends, spesso considerati al limite dell'umano. Negli ultimi anni è iniziato il regno dei cosiddetti "5 Gods of Melee", ovvero cinque giocatori talmente forti da guadagnarsi il titolo di "Melee God"; sostanzialmente, qualora uno di loro fosse presente a un torneo, lo vincerebbe sicuramente. Si tratta di un dominio che dura ormai da più di otto anni, un periodo ricco di rivalità e storie romanzate, di pathos e di innumerevoli vendette.
EVO, Genesis, Battle of the Five Gods: ogni volta Melee monopolizza l'attenzione dei canali streaming. E pensare che la vera genesi fu tutt'altro che facile. Era la fase embrionale degli eSports e quelli che ora sono stadi allora erano case messe a disposizione dal benefattore di turno. Matt Deezie fu il primo a offrire un posto letto agli "smashers" volenterosi di competere, per poi mettere in circolazione i VHS delle battaglie più avvincenti in un momento perfino antecedente all'era YouTube, oltre che ovviamente all'avvento dell'online gaming su console. Una scena completamente underground, fondata su raduni locali e fumetterie, che tuttavia si dimostrò capace di attirare l'attenzione dell'allora neonata startup MLG.
L'età dell'oro di Melee si colloca storicamente nel finale degli anni Duemila, e i reperti dell'epoca sono ad oggi parte della leggenda. Qualsiasi membro della community ricorda il dominio di "Ken", un combattente che sembrava inarrestabile e che arrivò perfino a vestire i panni di "gamer più pericoloso del mondo" su alcune riviste del settore, così come la storia di "Isai", considerato il padre della tecnica moderna. La crescita dell'interesse aveva raggiunto le dimensioni di uno tsunami: ad ogni evento si presentavano nuovi contendenti, ad ogni torneo aumentavano i montepremi, le più grandi organizzazioni dell'epoca cominciavano a strizzare l'occhio al party game di Nintendo. Purtroppo fu proprio Nintendo a tirare il freno a mano. Con l'uscita di Super Smash Bros. Brawl, Sakurai ebbe l'opportunità di chiarire una volta per tutte la sua opinione sul gaming competitivo: Melee era da considerarsi un errore.
E qui potremmo riallacciarci al discorso di una visione verticale del gameplay, discorso che sarebbe interessante accostare alla Nintendo di oggi, che sembra invece guardare con interesse alle opportunità offerte dalla risonanza degli eSports. Allora furono i fatti a smentire il padre di Smash Bros. Dopo un breve periodo di latitanza, i giocatori decisero di tornare alle vecchie abitudini: organizzarono il Revival of Melee, un torneo che fu capace di polverizzare ogni record di ascolti mai registrato su Twitch fino a quel momento. L'effetto valanga fu devastante: tutti i più grandi organizzatori di eventi vollero riportare Melee nelle line-up dei tornei, fino ad arrivare a un 2017 in cui, i soli vincitori, hanno incassato più di mezzo milione di dollari.
Questa settimana si celebra il quindicesimo anniversario di Super Smash Bros. Melee, e non c'è dubbio che il suo ecosistema sia sopravvissuto alla prova del tempo. Esiste perfino un documentario dedicato all'ascesa della scena competitiva del titolo. The Smash Brothers, pubblicato da East Point Pictures, oltre ad avere la qualità di una produzione di alto livello e a fornire un fantastico spaccato della cultura degli eSports, è disponibile gratuitamente su YouTube ed è interamente sottotitolato in italiano. Ma Melee è tornato a far parlare di sé sull'onda del successo di questo primo, stratosferico anno di Nintendo Switch. Le ultime istanze di saghe storiche, Super Mario e The Legend of Zelda, si sono presentate sotto una luce che ricorda tantissimo quella che fu capace di iscriverle indelebilmente nella storia dei videogiochi, ritrovando un equilibrio perfetto tra accessibilità e profondità del gameplay.
Dopo uno Smash 4, in gran parte responsabile delle vendite di Amiibo (probabilmente nati proprio dal sistema di trofei presente nella serie di Smash Bros) e Gamecube Classic Controller per Nintendo WiiU, ma non altrettanto soddisfacente per i giocatori competitivi, l'attenzione della community si è rivolta verso il futuro della saga partorita da Hal Laboratories. Nel corso del 2017 Nintendo ha più volte provato ad avvicinare nuovamente l'universo eSports con Splatoon 2 in testa alla line-up, oltre ad aprire le porte del proprio hardware a titoli che difficilmente potevamo immaginare di vedere sotto il marchio della grande N.
In tanti sognano una nuova esperienza puramente competitiva, in tantissimi vorrebbero ritrovare la goliardia del party game: noi speriamo che l'una non debba necessariamente escludere l'altra. Il risultato non sarà poi così importante, perché in questi quindici anni i puristi di Melee hanno solo dovuto cambiare casa: dai piccoli tornei negli scantinati, al palco principale dell'EVO 2017.