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R-Type Final 2 - recensione

Esplosioni dal passato...

Correva l'anno 1987 quando il mondo videoludico stava emergendo da un miscuglio di pixel e arte astratta con i giochi per Atari (e rivali), ancora scosso da un fenomeno che all'epoca sembrava qualcosa di passeggero. Una perdita di tempo come tante altre che avrebbe fatto moda per qualche stagione, ma che poi si sarebbe sciolta come neve al sole, un po' come collezionare farfalle e francobolli.

Quell'anno Contra, Double Dragon, Final Fantasy, Metal Gear, The Legend of Zelda, Street Fighter e After Burner apparvero sui nostri schermi catodici o nelle sale giochi in tutto il mondo, inondandoci con musiche a 8 e 16 bit incalzanti e flash psichedelici al limite dell'epilessia.

In pochi si ricordano però che il 1987 fu anche l'anno di R-Type, uno sparatutto a scorrimento orizzontale che fece la storia (e creò numerosissimi cloni), scalzando dal trono Gradius. Con una musica indimenticabile, una difficoltà ai livelli dell'impossibile (solo sorpassato da Project X della storica casa Team 17) e un gameplay frenetico che richiedeva spesso una precisione millimetrica, R-Type fece impazzire milioni di giocatori con gran parte dei critici del settore unanimi nell'incoronarlo come migliore sparatutto del momento.

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La saga ha visto numerosi seguiti nel corso degli anni, con l'ultimo capitolo pubblicato nell'ormai lontano 2003 per Playstation 2, e R-Type Final 2 diviene così una lettera d'amore alla serie, che ha visto la luce grazie a ben tre crowdfunding completati con successo tra il 2019 e il 2020, con le rassicurazioni ai fan degli sviluppatori del team Granzella, di non voler cambiare nulla del titolo originale, ma semplicemente di voler riportare alla luce un gioco, e un genere, ormai perso nelle pieghe dello spazio e del tempo.

A bordo della nostra navicella la missione è, almeno sulla carta, molto semplice: blastare ogni cosa che si muova sullo schermo senza morire. Non esiste una barra per la vita o una serie di "livelli di energia": venir colpiti da un proiettile vagante significa la distruzione, senza appelli e con la perdita di ogni power-up guadagnato fino a quel momento a mettere ulteriore sale sulla ferita.

I potenziamenti sono di vario tipo: abbiamo l'immancabile satellite indistruttibile (Force) che possiamo posizionare davanti o dietro la nostra nave e che può essere staccato e spedito contro i nostri nemici a portare distruzione a distanza; la nostra nave ha anche a disposizione varie modalità di fuoco che hanno usi diversi a seconda del tipo di livello che affrontiamo.

Il museo delle navi. Qui potremo sbloccare tutte le navi nel gioco usando le risorse ottenute durante le nostre run, o usando codici segreti speciali.

Un'altra caratteristica storica di questa saga è il nostro fuoco principale, qui controllato da due bottoni diversi, uno per sparare in maniera costante come una sorta di auto-fire, l'altro per usare una raffica controllata che ci permette di caricare un colpo devastante se lasciamo premuto il tasto sul pad, utile questo per disintegrare ogni cosa sulla traiettoria e tirare giù i nemici più ostici.

Morire in questo gioco, come abbiamo già detto, è assai facile ed estremamente punitivo ma la presenza di checkpoint in ogni livello ci permette quantomeno di non dover ricominciare da capo ogni volta; inoltre, subito dopo il respawn abbiamo la possibilità di guadagnare qualche power-up giusto per darci una mano per le ondate successive.

Una delle innovazioni più interessanti di questo titolo rispetto ai predecessori è la possibilità di ottenere, durante le nostre run, risorse di vario tipo usate come valuta per sbloccare nel museo navicelle aggiuntive che possiamo poi usare e con cui possiamo sperimentare.

Uno scorcio del secondo livello a tema vegetale. L'Unreal Engine mostra i muscoli con uno spettacolo di luci ed esplosioni.

Alcune di queste sono però chiaramente più potenti del trio di navicelle di base e a lungo andare il gioco sembra volerci quasi spingere ad usarle più frequentemente, diventando pressoché indispensabili. Ognuna di queste navicelle non solo può essere personalizzata con colori diversi e decalcomanie ma anche nel loadout, cambiando il comportamento non solo del nostro satellite Force ma anche di armi come i missili autoguidati e, cosa più interessante, la forma e l'intensità del nostro fuoco caricato, che passa da un'esplosione attorno a noi a un raggio laser ultra potenziato.

La difficoltà anche a livello normale è proibitiva, con l'IA che impara i tempi di reazione e i pattern di movimento del giocatore, adattandosi di conseguenza; una feature interessante questa che si fa sentire sempre più opprimente nei livelli avanzati del gioco.

Quasi tutti i boss di fine livello sono interessanti e danno del filo da torcere ai giocatori più incalliti e, come nota positiva, rispettano a grandi linee la successione dei boss del gioco originale (il terzo boss per esempio è una nave da guerra enorme da distruggere pezzo per pezzo).

Il secondo boss del gioco è forse il meno ispirato fra tutti. Girare in tondo eliminando tentacoli e colpendo i container non sembra essere una di quelle esperienze da raccontare ai nipoti.

Per quanto riguarda la direzione artistica R-Type Final 2 ha un look moderno, accattivante, che potrebbe essere credibilmente quello di un titolo da sala giochi moderna. Ogni esplosione dà soddisfazione sia visiva che uditiva, con un sonoro accattivante e di sicuro impatto. Ogni livello ha un look davvero moderno con rotazioni della visuale che rendono un gioco prettamente 2D quasi in 3D, dando l'illusione di essere davvero in un universo tridimensionale, cosa assai difficile per un sidescroller.

La colonna sonora forse è l'unica nota meno positiva, priva di tracce di spessore che avevano fatto dell'originale un piccolo capolavoro, ma anche così R-Type Final 2 resta un titolo piacevole, senza troppi fronzoli o meccaniche complesse, per passare il tempo in maniera spensierata.

7 / 10