Inversion - review
Ancora problemi con la gravità?
Di sparatutto in terza persona che hanno tentato di proporre qualche idea di gameplay originale in questi ultimi mesi ne sono usciti tanti, con risultati a dir poco altalenanti. Potrei citare l'ottimo Binary Domain di SEGA, ma anche il deludente NeverDead di Konami. Nel passato più remoto si potrebbe pensare a Fracture dei Day 1 Studios o anche a The Outfit della stessa SEGA.
Oggi invece sul palco con i fari puntati addosso c'è Inversion, un gioco uscito decisamente in sordina in Europa e con ispiegabile ritardo rispetto all'arrivo sugli scaffali americani. Il tempo extra sarà servito a Saber Interactive per migliorare un titolo che negli Stati Uniti non è stato certo accolto con boati di pubblico e fuochi d'artificio?
La manipolazione della gravità è sempre stato un argomento affascinante per i game designer ed è stato trattato a più riprese da moltissimi giochi, basti pensare al celebre Portal o anche al più recente Gravity Rush.
Il modo in cui Inversion tratta questo argomento è però abbastanza banale, per non dire scontato, e lo si intuisce a partire dal titolo stesso del gioco. Un TPS in cui la gravità ha un significato tutto suo e un peso decisamente diverso dal solito: il sopra è sotto, destra equivale a sinistra e via dicendo.
Protagonista della vicenda è tale Davis Russel, ufficiale di polizia imberbe la cui figlia è stata rapita in circostanze misteriose. C'è poi di mezzo anche un'invasione da parte di una spietata (ma guarda un po') razza aliena e un compagno di servizio che per par-condicio non può che essere un sud-americano di nome Leo Delgado... viene da chiedersi quanto SEGA impieghi per trovare i nomi dei protagonisti di alcuni suoi giochi.
"Protagonista della vicenda è tale Davis Russel, ufficiale di polizia imberbe la cui figlia è stata rapita in circostanze misteriose."
Divagazioni a parte, i due si trovano di fronte anche a strani fenomeni che martellano la loro città e che portano alle conseguenze gravitazionali di cui parlavamo poco fa. Come se non bastasse, gli alieni di cui sopra sembrano sentirsi perfettamente a loro agio in questa situazione... dite che le cose sono collegate?
Il problema maggiore riscontrato durante la gaming session di Inversion è rappresentato da quel costante senso di "già visto" che pervade quasi tutta la durata del gioco. Il sottoscritto non ha potuto fare a meno di ricordare, in alcune occasioni, giochi come Second Sight o Dead Space. Purtroppo, però, l'esperienza di gioco finale non è stata all'altezza di cotanti paragoni.
L'imprecisione con cui sono state realizzate alcune meccaniche pregiudica gran parte della fruizione. Perché, ad esempio, puntare sulla manipolazione di "sacche di anti-gravità" se poi risulta così difficile utilizzarle sugli oggetti? Senza contare poi che tutto questo avviene spesso mentre si è bersagliati dai nemici e il risultato finale è tutt'altro che piacevole.
Spesso e volentieri la tentazione di giocare Inversion come un semplice sparatutto si fa forte e questo non è certo un bene per un gioco che, come dicevamo all'inizio, dovrebbe tentare di tutto per elevarsi dalla massa.
Il Gravylink, arma su cui in teoria dovrebbero poggiare gran parte delle meccaniche di Inversion, si rivela prezioso quasi esclusivamente nei suoi utilizzi più banali. Tanto per fare un esempio, l'idea di permettere al giocatore di "appesantire" oggetti e nemici a scopo sia difensivo che offensivo era a dir poco interessante.
"Spesso e volentieri la tentazione di giocare Inversion come un semplice sparatutto si fa forte."
Peccato però che il design troppo rigido del gioco non inviti all'utilizzo di questa (ed altre) caratteristiche, che sembrano quasi essere state messe lì come semplice riempitivo. Non mi sarebbe dispiaciuto, in questo senso, vedere un gioco come Inversion nelle mani di Hideo Kojima.
Fortunatamente in alcune occasioni il gioco sembra quasi "rilassarsi" e ricordarsi di una cosa fondamentale: per piacere bisogna anche divertire. Ecco quindi che alcune sezioni risultano comunque divertenti e appaganti, con un buon ritmo e la giusta dose di distruzione, esplosioni e sangue.
Proprio queste (rare) occasioni, però, non fanno che aumentare il proverbiale amaro in bocca per un gioco che in mani forse più sapienti e menti più argute sarebbe potuto diventare qualcosa di speciale. Anche tecnicamente ed artisticamente gli sviluppatori non si sono spinti troppo oltre. Grafica e sonoro raggiungono la sufficienza ma sicuramente non rimarranno nella storia e poi, diciamolo... gli scenari disastrati-simil-post-atomici hanno un po' rotto le scatole.
In aggiunta alla campagna principale, lunga poco più di una mezza dozzina di ore, c'è anche una modalità co-op che però non cambia più di tanto le carte in tavola. Il gioco ha momenti assolutamente scarsi che tali rimangono anche in compagnia di un amico. Il multiplayer competitivo, purtroppo, soffriva del solito problema, che ormai possiamo definire "sindrome da deserto preventiva"... detta in parole povere: server assolutamente desolati. Da segnalare comunque la presenza di varie opzioni "multi", che vanno dai classici Deathmatch e King of the Hill all'ormai immancabile modalità simil-orda.
Nonostante il periodo attuale non sia assolutamente affollato di uscite, fattore che in teoria dovrebbe favorire la voglia di provare qualcosa che si elevi anche di poco sopra la media, consigliare Inversion è davvero difficile. Il gioco, come molti altri prima di lui, non è privo di idee ma purtroppo queste sono state messe insieme (e in pratica) in modo del tutto sconclusionato.