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Red Dead Redemption 2 - recensione

Tramonti di fuoco sulle rive del Lannahechee.

Ci sono poche opere destinate a lasciare un segno tanto profondo nell'industria videoludica. Red Dead Redemption 2 è una di quelle.

Arthur Morgan sporca le pagine del suo diario: qualche schizzo, un riassunto della giornata, un pensiero per gli amici scomparsi. In quanti se ne sono andati, e per cosa? Per scappare da quel progresso che morde le caviglie della banda? Per abbandonare la vita da fuorilegge? Il perché non ha importanza: bisogna andare avanti. E così gli zoccoli ferrati affondano nella neve delle Grizzlies, picchiano le pianure del New Hanover, muovono le acque del Lemoyne, si fanno largo nelle foreste del nord e nelle steppe del sud senza trovare un luogo da chiamare casa. Forse perché casa è il luogo dove sta il cuore, e il cuore di Arthur si trova nel mezzo di una selva oscura.

Sono giorni matti: una volta Arthur si sarebbe acceso una sigaretta attorno al fuoco mentre Hosea, John, Lenny e le ragazze avrebbero scaldato l'atmosfera con una canzone popolare, stringendosi attorno a Dutch prima di addormentarsi col sorriso. Un colpo in banca, una partita a poker, una scazzottata nel Saloon di qualche cittadina di allevatori, una stupida litigata sulla qualità del cibo. Ma basta un istante per stravolgere il mondo, un'immagine semplice, come un cervo che attraversa la strada nel corso di una torrida giornata autunnale. Arthur Morgan, ricercato vivo o morto, ora siede sul ciglio del fiume e, con il cappello calato sugli occhi, guarda l'orizzonte in modo completamente diverso. Questa è la storia della banda di Dutch van der Linde. Ma, soprattutto, è una grande storia di redenzione.

L'hype, si sa, è una brutta bestia da domare. Un cavallo imbizzarrito che galoppa nella nostra mente per mesi, a volte anche per anni, condizionando il nostro giudizio e alimentando voci di corridoio, indiscrezioni e teorie. L'aria che si respira attorno a Red Dead Redemption 2 è quella del titolo rivoluzionario, definitivo, qualcosa in grado di elevare il videogioco oltre gli stessi confini del mercato. Nel corso degli ultimi mesi abbiamo sentito dire tante cose, ne abbiamo lette altrettante e immaginate a tonnellate; inevitabilmente, il risultato non può ricalcare alla perfezione il quadro mentale frutto delle promesse. Ma, fortunatamente per Rockstar, Red Dead Redemption 2 sa parlare molto meglio di qualsiasi altra figura coinvolta nel processo produttivo.

La nostra videorecensione di Red Dead Redemption 2.Guarda su YouTube

Inutile perdersi in chiacchiere: questo titolo è un kolossal. È l'opera magna di Rockstar Studios, il culmine di una filosofia creativa adottata dal '99, un prodotto che fa impallidire il valore artistico di mezza industria tripla A. Non è una fucina di innovazioni trascendentali, e quelle incontrate sfuggiranno ai più, non è un trionfo della ricerca: è semplicemente un mondo. Un mondo vivo, reale, quasi tangibile. Tutti i personaggi, dal primo all'ultimo, hanno la scintilla dell'ingegno umano, la passione e l'emozione. Tutte le location hanno credibilità, sono mutevoli, affascinanti e concrete. L'inchiostro consumato dalle penne degli Studios ha gettato fondamenta d'acciaio per un game design coraggioso, mentre gli altri reparti, dal sonoro all'arte, hanno eseguito la sinfonia alla perfezione.

Questo è il segreto di Red Dead Redemption 2: come in un gigantesco mosaico ogni tessera è minuziosamente incastonata nel punto giusto, e va ad aumentare esponenzialmente il valore di quelle adiacenti. Una cavalcata nel Bayou al chiaro di luna è già di per sé un'esperienza fantastica ma, in quel momento specifico, riusciamo a leggere i pensieri di Arthur, mentre la colonna sonora buca lo schermo e arriva a leggere le nostre emozioni. Ed è così che i dettagli diventano chiave di volta dell'intera esperienza, riuscendo addirittura a trasmettere il senso del tempo. Non capita spesso nei videogiochi, ancor meno nei titoli open world: solitamente sembra di vivere una simulazione, una sorta di "Giorno della Marmotta" in cui dedicarsi a diverse attività. Qui, invece, il tempo pesa, e pesa tonnellate; i giorni diventano mesi, le persone cambiano, qualcuno si perde, qualcuno torna, i temporali ci ricordano che la primavera sta finendo e la spensieratezza si trasforma presto in un ricordo lontano.

Ogni immagine riporta alla memoria momenti trascorsi con la banda. Qui potete vedere l'allevamento alle porte di Valentine e, dietro la chiesa che torreggia sulla cittadina, le montagne dell'Ambarino.

E poi, ovviamente, c'è la banda. Più che di una banda di fuorilegge si tratta di una famiglia vera e propria, una serie di vite strappate alla strada e poste sotto l'ala protettrice di Dutch e Hosea, idealisti in fuga dal mondo delle ipocrisie. L'accampamento è il cuore pulsante del gameplay, luogo in cui ci svegliamo la mattina e torniamo a dormire la sera, dove ci confrontiamo coi compagni e passiamo nottate di festa. La banda è costantemente alla ricerca di fondi, e il compito di Arthur è quello di fare in modo che tutte le attività si concludano nel migliore dei modi, dalla caccia fino alle rapine passando per la gestione economica delle risorse. Gran parte delle missioni ha origine proprio da quest'area, e spesso saremo invitati a svolgere compiti particolari per soddisfare richieste specifiche. Conseguentemente, si crea un vissuto tra il protagonista ed il nucleo operativo della gang fatto di amicizie e dissapori destinati a segnare tutto il proseguo dell'avventura.

Non pensavamo, ma Red Dead Redemption 2 non è un gioco per tutti. Il realismo e la cura per i dettagli hanno un impatto particolare sul gameplay, inutile mentire. Il viaggio rapido è presente solamente nella forma di treni e diligenze, ma le seconde sono accessibili esclusivamente a chi abbia la fedina penale pulita, fattore che si traduce in lunghe, lunghissime cavalcate. Lo stesso cavallo necessita di una cura certosina: bisogna tenerlo pulito, ben nutrito, e soprattutto bisogna ricordarsi di chiamarlo qualora si cambiasse mezzo di trasporto, o si corre il rischio concreto di proseguire a piedi per chilometri. E questi sono solamente due esempi: la manutenzione delle armi ne impatta il rendimento, un Arthur denutrito significa uno stop alla rigenerazione della salute e della resistenza, vestirsi leggeri in montagna innalza il rischio di assideramento e ogni testimone lasciato in vita rappresenta una minaccia per il quieto vivere.

Una sintesi del motore fisico: la neve si deforma al passaggio di Arthur, il cervo senza vita appesantisce il protagonista mentre la coda del cavallo si lascia andare al vento di montagna.

Potremmo elencare centinaia di queste feature, ma il punto fermo rimane sempre lo stesso: un sacrificio della 'quality of life' in favore dell'immersione. Un sacrificio che, se accolto a braccia aperte, trasforma l'esperienza di gioco in qualcosa di nuovo, in un vero e proprio romanzo Western nel quale tanto la nostra personalità quanto quella di Arthur Morgan emergono e crescono nei confini del mondo parallelo. Rockstar ha mosso più di un semplice passo nella filosofia di sviluppo sandbox, portando la complessità dell'opera pericolosamente vicina alla linea rossa che delimita la pazienza degli utenti. Dal canto nostro, non possiamo che dire: bravi. Questa è sospensione dell'incredulità e, che piaccia o meno, questo è il modo giusto per spingere l'acceleratore sul livello di immersione. Alcuni elementi, come le interazioni con i cittadini comuni, non esprimono ancora il massimo delle potenzialità, ma siamo comunque anni luce avanti rispetto alla concorrenza.

Come fa Red Dead Redemption 2 a non sprofondare sotto il peso dell'immensità del suo mondo? Principalmente, parlando con il giocatore. La solitudine tipica delle ambientazioni monumentali è un velo che si squarcia facilmente: uno sconosciuto chiede aiuto, è stato morso da un serpente; basta una medicina e passa tutto, poi l'interazione si conclude, giusto? La risposta è no. Visitando i paesi vicini possiamo incontrare nuovamente lo stesso NPC, intento a chiacchierare dell'accaduto assieme a un amico e volenteroso di ripagarci tramite il suo conto all'emporio. Bene, in oltre 70 ore di gioco abbiamo incontrato sì e no due volte la stessa situazione, rimanendo costantemente sorpresi dalla quantità di linee di dialogo e dal background di queste apparentemente futili comparse.

Quanti di voi ricordano Dutch dalla scorsa istanza della serie? Il van der Linde che incontriamo in questo episodio è un uomo diverso. Da notare i dettagli nella caratterizzazione estetica dei personaggi.

Capite dunque che la profondità della caratterizzazione cresce vertiginosamente quando si tratta di personaggi principali e Sconosciuti con la S maiuscola. Questi sono semplicemente porte che si spalancano su side stories eccezionali, missioni secondarie che hanno dato modo a Rockstar di portare sul palcoscenico la sua tradizionale ironia pungente. Ormai è sempre più raro ridere di gusto al cinema e in televisione, figuriamoci nei videogiochi, ma la casa di New York riesce sempre a farci piegare in due sulla sedia grazie al taglio artistico elegante, senza mai cadere nella banalità. E così abbiamo incontrato Albert Mason, aspirante fotografo naturalistico alle prese con belve feroci, Charles Chatenay, pittore francese con la passione per le donne sposate, o ancora il professor Bell, inventore della sedia elettrica come umano strumento di esecuzione. Elementi del genere esistono a decine, e ognuno può contare su una scrittura unica, irriverente e ficcante.

Ma ad un certo punto, qualcosa cambia. Arriva un momento in cui Rockstar ci tira un paio di schiaffi, si rimbocca le maniche, e dice: "Ok, abbiamo scherzato, ora è il momento di fare sul serio". Probabilmente per mezzo di quello che rappresenta un unicum all'interno del medium videoludico, Red Dead Redemption 2 inizia inaspettatamente ad alzare l'asticella, trattando tematiche difficili e presentando personaggi che raramente troverebbero spazio nell'economia delle opere precedenti. E, caspita, lo fa anche bene. Non vogliamo risultare inutilmente criptici e non vogliamo assolutamente anticiparvi nulla, ma questo era un inciso dovuto, necessario per sottolineare il livello qualitativo che si cela nel tripudio della sceneggiatura.

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Il che, ovviamente, si riflette nella costruzione della quest principale, e quel "Redemption" che dà nome all'opera non è mai stato tanto pregno di significati. La trama non si risolve in una semplice storia: è la storia di una vita, anzi, di più vite che si intrecciano sullo sfondo della banda di Dutch van der Linde. Il grande strumento che è il prequel si dimostra ancora una volta espediente narrativo per eccellenza, riuscendo a toccare nel profondo i fan più accaniti e, soprattutto, ad imbrigliare qualsiasi giocatore nell'universo di Red Dead.

I capitoli si susseguono con naturalezza, il climax ascendente non si interrompe nemmeno per un secondo fino al momento del finale, e si spinge addirittura oltre. Solamente le fasi iniziali risentono di una certa mancanza di ritmo, ma si tratta di una scelta stilistica consapevole, destinata ad acquisire significato con il progredire dell'avventura. Perdonateci, ma parlare ulteriormente della trama sarebbe un vero e proprio delitto meritevole d'impiccagione, nonostante l'anima della discussione fatichi a non esplodere attraverso i nostri pori.

Arthur Morgan può contare su una personalità variopinta, caratteristica che permette una crescita naturale e mai scontata nella quale spicca per l'incondizionata lealtà verso i membri della banda. Sempre disposto ad aiutare il prossimo e al tempo stesso nato per combattere, è un protagonista dai mille volti: figlioccio di van der Linde, pistolero leggendario del West, amico fedele, ex promesso sposo e killer a sangue freddo. Non è completamente libero, essendo soggetto alle nostre decisioni ruolistiche: compiendo determinate scelte, possiamo infatti innalzare o abbassare il livello di Onore del personaggio, influenzando di conseguenza l'atteggiamento dei comprimari e delle comparse.

St. Denis è la città simbolo del progresso. I tram che scorrazzano per le strade asfaltate portano il nome di Leviticus Cornwall, paladino del capitalismo incipiente.

La caratterizzazione caleidoscopica non può fare altro che impattare positivamente il gameplay, che pur rimanendo principalmente incanalato nel flusso spara-scappa-insegui sotteso al classico gunplay di Rockstar, riesce a sorprendere il giocatore per mezzo di sequenze inaspettate ed estremamente varie. Capita di pilotare mongolfiere, di partecipare a partite di poker ai tavoli dell'alta società, di scassinare casseforti, di intrufolarsi a eventi di gala e chi più ne ha più ne metta. Senza contare che l'offerta simulativa include decine di attività completamente opzionali che vanno dalla pesca al furto di diligenze, dai classici giochi d'azzardo fino agli spettacoli teatrali più affascinanti di fine '800.

Insomma, ogni elemento del gameplay è ricamato attorno all'idea di caratterizzare un mondo capace di assumere il ruolo di coprotagonista. Il bancone in noce del saloon di Valentine potrebbe raccontare decine di aneddoti, i campi di tabacco che tappezzano la contea di Rhodes hanno alle spalle una storia centenaria, la riserva indiana delle East Grizzlies custodisce gelosamente scorci mozzafiato e le ciminiere fumanti di St. Denis sorvegliano una ragnatela di rotaie simbolo del progresso. Ogni spostamento, ogni battuta di caccia e ogni cavalcata nasconde un nuovo incontro, un dettaglio, qualcosa che faccia sentire il giocatore parte di un disegno più grande attraverso la ritrovata narrazione ambientale.

Ed è così che laghi stretti nell'abbraccio dei graniti e misteriose catapecchie disseminate tra i boschi diventano come la tana del Bianconiglio: basta un piccolo salto e ci si perde nel vortice della magia. Il tutto avviene senza alcun sacrificio dell'apparato ludico: tornano le sfide, pronte a regalare ore di gioco all'inseguimento di ricompense opzionali, tornano gli animali leggendari, volenterosi di invertire il rapporto cacciatore-preda, tornano le cacce al tesoro, che ci faranno uscire di testa attorno a pezzi di carta scarabocchiati. Poi, senza appesantire l'opera, Rockstar ha tradotto il sistema di customizzazione tipico di Grand Theft Auto all'interno dell'esperienza, mettendo a nostra disposizione centinaia di capi d'abbigliamento e finiture per il cavallo, oltre a dozzine di bocche da fuoco personalizzabili in ogni dettaglio e, ovviamente, presenti in varianti uniche.

Era difficile prevedere una simile varietà di ambientazioni. Con naturalezza si passa dalle praterie alle industrie, e dalle montagne alle acque sporche del Bayou.

La colonna sonora di Woody Jackson merita un'analisi a sé stante. Ogni traccia trasuda emozione, ma è il ritmo ad avvicinare pericolosamente l'amalgama alla perfezione. La tensione prima dell'agguato, la violenza di una rappresaglia o ancora la frenesia di uno stallo alla messicana sono costantemente sottolineate, colorate e infine sfumate dalle note senza tempo che trascinano il giocatore all'interno degli Stati Uniti di frontiera. Fasi di meditazione, viaggi purificatori e bivi morali possono contare sull'incalcolabile apporto di un'interpretazione acustica e vocale capace di competere con le più leggendarie tra le colonne sonore nella storia del cinema Western.

Ed è solo una semplice tessera nel mosaico di cui parlavamo in precedenza: il comparto tecnico, infatti, esce a testa alta dal confronto con la controparte cinematografica. C'è qualche piccola sbavatura nella gestione dell'illuminazione, oltre a qualche problema nei movimenti dovuto alla straordinaria mole di oggetti presenti nella scenografia, ma nel complesso è un quadro meraviglioso. Le animazioni dei personaggi e degli animali riescono a trascendere la barriera dello schermo, tra muscoli che si contraggono ed evidenti tic nervosi; la fisica, in simbiosi con i particellari, comunica senza troppi problemi la sensazione di freddo, la densità dell'acqua, la consistenza del terreno e la pesantezza dell'aria. Il tutto mantenendo la perfomance su un livello di standard invidiabile, che giustifica in modo piuttosto ragionevole le remore legate alla possibile versione PC.

Red Dead Redemption 2 mette costantemente di fronte a una scelta: se vivere un giorno nella vita di Arthur Morgan, oppure costruire un'esperienza personale nell'universo del vecchio West.

Parliamoci chiaro: Red Dead Redemption 2 è un'opera che garantisce ben più di 60 ore di gioco limitandosi esclusivamente alla quest principale e, se affrontata a tutto tondo, può giocarsela agilmente con l'offerta dei tradizionali games as service. Ma non è finita qui.

La montagna russa sale lentamente e con leggerezza fino ad arrivare, a un certo punto, sull'orlo del baratro; dopodiché, si tuffa in una vera e propria picchiata, senza risparmiare fuochi d'artificio e sorprese al di là di ogni aspettativa, senza frenare neppure quando pensiamo di aver visto tutto.

Red Dead Redemption 2 è un titolo talmente vasto da rendere estremamente difficile una copertura completa attraverso un singolo testo scritto. Abbiamo tralasciato decine di elementi e ne abbiamo trattati alcuni superficialmente, scegliendo di riservare, ancora per 24 ore, un po' di spazio all'immaginazione. Rockstar ha riversato tutto il suo retaggio all'interno della produzione, assorbendo al tempo stesso l'expertise generata dal panorama dell'ottava generazione di console; il risultato è un'opera magna, una sintesi della filosofia creativa in rapporto simbiotico con una struttura open-world complessa e una narrativa senza precedenti.

È arrivato il momento di togliere questo cappello dalla testa e consegnarlo nelle vostre mani: preparatevi per cavalcare verso orizzonti sconosciuti.

10 / 10