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Remothered: Tormented Fathers - recensione

Braccati dalla follia in persona.

Che noi italiani arriviamo sempre un po' in ritardo, purtroppo non è una novità. Il settore videoludico non fa eccezione, ma per fortuna negli ultimi anni anche nel Belpaese sembra che le cose abbiano iniziato a muoversi nella direzione giusta. Non che dall'Italia siano uscite produzioni in grado di rivoluzionare l'industry, ma qualche cosa di buono è saltato fuori. Basti pensare a Davide Soliani, che insieme al suo team presso Ubisoft Milano ha dato vita al simpaticissimo e apprezzato Mario Rabbids. Anche i piccoli artigiani indipendenti stanno cominciando a farsi notare e i più attenti di voi non si saranno lasciati sfuggire Downward, mentre altri sono in fremente attesa di Daymare1998, fenice risorta dalle ceneri dell'ormai cassato remake di Resident Evil 2.

Il gioco di cui stiamo per parlarvi rientra proprio nella categoria delle perle indipendenti di produzione nostrana e siamo certi che ben presto potrà essere tranquillamente nominato come uno dei migliori lavori sviluppati sul suolo italico. Si tratta di Remothered: Tormented Fathers, un horror duro e puro che farà la felicità di tutti gli appassionati del genere di vecchia data. Dimenticatevi armi da fuoco e combattimenti con mostruose aberrazioni, qui non ci si trasforma da vittime a carnefici e l'angosciante sensazione di essere in balia di una minaccia impossibile da fronteggiare ci rimane addosso come un sudario di paranoia fino ai titoli di coda.

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Se vi siete persi la nostra anteprima uscita qualche mese fa non preoccupatevi, vi spieghiamo subito nel dettaglio cosa vi aspetta. Partite dal presupposto che il titolo si ispira a Clock Tower, un horror uscito nell'ormai lontano '95 e caratterizzato dall'incombente presenza dello stalker. Questa meccanica torna in grande stile anche in Remothered, dove bisogna muoversi in silenzio, nascondersi in ogni pertugio possibile e spesso anche fuggire a gambe lavate da un killer psicopatico che non vede l'ora di affettarvi con un falcetto da giardinaggio.

Ma facciamo un passo indietro. Nell'avventura si vestono i panni della dottoressa Rosemary Reed, una donna ostinata e caparbia modellata secondo le fattezze di Jodie Foster. Giunta con un furgoncino presso un'enorme magione, spegne la sigaretta, suona il campanello e viene ricevuta dalla badante del Sig. Richard Felton, il padrone di casa. L'uomo, anziano e malato, le concede un colloquio privato nello studio, durante il quale emergono dettagli interessanti riguardo alla situazione dell'anziano. Se all'inizio veniva naturale credere alle parole della Reed, che si è presentata come una ricercatrice impiegata presso il centro di cura in cui era ricoverato Richard, la verità che viene a galla è ben più intrigante.

Durante le prime battute del gioco, nascosti dentro ad un armadio, siamo testimoni della dilagante follia del sig. Felton.

Lei non si trova lì per proporre nuove procedure mediche in grado di guarire il sig. Felton, come aveva millantato all'inizio; il suo scopo è invece quello di indagare sulla scomparsa della figlia dell'uomo avvenuta anni prima in circostanze misteriose. Tra una menzogna svelata e qualche accusa ventilata con fin troppa convinzione, la conversazione si infiamma e la donna viene invitata, nemmeno con troppo garbo, a lasciare la villa. La sua sete di verità non è ancora estinta e per placarla Rosemary finisce per cacciarsi in un incubo ad occhi aperti dal quale rischia di non svegliarsi più.

Senza scendere troppo nei particolari, quella che vi attende è una trama oscura, in cui i segreti più reconditi della famiglia Felton minacciano di risucchiare il giocatore in un gorgo di follia e depravazione. Ogni indizio recuperato, ogni tassello aggiunto all'intricato mosaico contribuisce a definire una narrazione torbida, in cui la corruzione dell'animo umano e la perversione che lo impregna lavorano all'unisono per scioccare il giocatore e sorprenderlo con colpi di scena ben assestati. Detto questo, vi anticipiamo che il titolo fa parte di una trilogia e che, per quanto questo primo episodio abbia una conclusione abbastanza definita, alcune porte rimangono spalancate in attesa di essere varcate nei seguiti che verranno.

La soffitta della villa è uno dei posti più disturbanti in cui capita di finire.

Come è facile immaginare, la dottoressa Reed, una volta oltrepassata per la seconda volta la soglia della magione dei Felton, è una donna indifesa e spaventata, pronta a tutto pur di scovare la verità, ma comunque incapace di fronteggiare un'aggressione. Le migliori armi a sua disposizione sono un passo felpato e una naturale propensione ad infilarsi dentro armadi o sotto i letti, ma rimane del tutto impreparata allo scontro corpo a corpo. Per fortuna la donna è comunque in grado di lanciare degli oggetti trovati qua e là per rallentare il suo avversario o, se particolarmente fortunata da essere entrata in possesso di qualcosa di appuntito, può piantarlo nelle carni del suo aggressore dopo essere stata afferrata. Ad ogni modo, in nessun caso può neutralizzare completamente la minaccia e la strategia migliore risiede sempre nel nascondersi da qualche parte o tentare di far perdere la proprie tracce.

Da questo punto di vista il lavoro svolto dagli sviluppatori è encomiabile: per l'intera avventura la sensazione di essere braccati è onnipresente. Ogni passo mosso, ogni porta aperta, ogni angolo svoltato è un momento intriso di una tensione palpabile, accentuata ancora di più dal comparto sonoro. Le musiche infatti, composte da Nobuko Toda, non sono per nulla accessorie, anzi, sono un elemento fondamentale per capire se lo stalker ci stia col fiato sul collo o se possiamo permetterci il lusso di procedere eretti invece che accovacciati. Man mano che la minaccia si avvicina, la melodia diviene più intensa e incalzante, fino a quando non viene contaminata dai deliri del killer. Una volta che le sue parole colme di volgarità e follia ci giungono alle orecchie, significa che la morte è a pochi passi di distanza e state pur certi che non esiterà a infierire su di noi con impietosa e crudissima violenza.

Farsi sorprendere impreparati dal sig. Felton significa quasi sempre andare incontro ad una morte orribile.

Tecnicamente parlando il lavoro si attesta su ottimi livelli, certo, tenendo conto che si tratta pur sempre di una produzione indipendente. Se i modelli poligonali non possono reggere il confronto con quelli delle produzioni tripla A e alcune animazioni risultano un po' legnose, il tutto è ampiamente compensato da un taglio registico delle cutscene di ottimo livello, coadiuvato anche da una solida sceneggiatura. Le ambientazioni opprimenti di villa Felton schiacciano il giocatore sotto un cumulo insostenibile di paranoia, inducendolo a credere che la casa stessa stia cospirando per farlo finire tra le grinfie del suo padrone.

Al netto di tutto questo la produzione presenta comunque dei piccoli difetti che però non intaccano la godibilità globale del titolo. Qualche punto di interazione che cerca di sfuggire al nostro tocco, così come alcune linee di testo che rimangono ostinatamente in Inglese anche se abbiamo scelto i sottotitoli in Italiano, non sono che piccoli nei di cui a stento si nota la presenza. Purtroppo il titolo pecca sul versante longevità, dato che si può portare a termine in una manciata di ore, tutto sommato una durata coerente per il prezzo a cui viene proposto (14,99 euro su Steam, ndR), e soprattutto considerando che a questo seguiranno altri due capitoli. Nel complesso Remothered: Tormented Fathers è uno stealth-horror ben riuscito, che nessun appassionato del genere dovrebbe lasciarsi sfuggire.

8 / 10
Avatar di Andrea Forlani
Andrea Forlani videogioca da sempre e scrive da parecchio. Il suo ambiente naturale è la sedia davanti al PC e si nutre principalmente di cibo spazzatura. Se importunato, potrebbe difendersi tirandovi contro manciate di dadi da 20.

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