Resident Evil 5
Una saga giunta al capolinea?
Il design dei nemici, da sempre il piatto forte della serie, mantiene invece una certa coerenza creativa con il passato ma, complice la nuova ambientazione peculiare, introduce delle strane creature che non sfigurerebbero nel già citato Silent Hill, in The Suffering (sottovalutato titolo horror di Midway) o addirittura sotto le lame di Kratos. La loro intelligenza lascia un po' a desiderare e scordatevi di riuscire a scappare negli ambienti più angusti o senza via di fuga. In questi momenti, infatti, dovrete stendere tutti gli ostili che vi troverete davanti perché, nella maggior parte dei casi, scappare non servirà a nulla o, più concretamente, non potrete farlo dato che l'unica via sarà occupata dagli stessi infetti che vogliono farvi la pelle. All'aperto, invece, potrete sempre darvela a gambe. Durante il tour europeo di presentazione del gioco, compresa la recente tappa milanese, Kawata e Capcom sono stati oggetto di aspre critiche e persino accuse di razzismo per via del colore della pelle e dei tratti somatici degli infetti. Baggianate. In questo caso mi sento di difendere le scelte di Kawata-san e del team, d'altra parte cosa vi aspettate di trovare in un'installazione industriale nel cuore dell'Africa? Operai norvegesi? Più correttamente, gli sviluppatori hanno realisticamente scelto gente del posto, rinforzata da consistenti iniezioni di lavoratori provenienti dal Medio Oriente e dagli immancabili cinesi. Niente di che e caso chiuso.
Apertissima, invece, la questione del ritmo di gioco. Se avete in mente gli zombie di Left 4 Dead, rapidi come un branco di lupi, sarete sorpresi da quello che incontrerete. Nelle sequenze che precedono uno scontro, i vostri nemici vi corrono incontro come se ne andasse della loro vita, più della vostra in effetti, spinti da un irrefrenabile desiderio di farvi a pezzetti. Ma non dovete spaventarvi, perché quando rientrerete in controllo di Chris e Sheva, questi bavosi scattisti dell'omicidio si fermeranno magicamente e torneranno a muoversi come i cauti spagnoli di RE4 o gli zombi dei capitoli precedenti. Questo stacco inspiegabile rende il tutto un po' schizofrenico e impiegherete del tempo per accettare lo stato delle cose, per quanto sia oggettivamente difficile accettare questa mancanza di fluidità nell'azione. Di adrenalina, insomma, ne scorre a fiumi, ma a tratti, ed è stato difficile per me riuscire a sentire il montare della marea o spaventarmi come in passato. In realtà non mancano le occasioni per rabbrividire, anche se va detto che Capcom sembra aver lavorato più di maniera e di esperienza che di creatività vera e di cuore. Per come la vedo io, l'influenza dei film si sente in modo pesante e non riesco ancora a capire a quale audience questo quinto capitolo della saga possa essere indirizzato realmente.
I fan del gioco, probabilmente, lo ameranno alla follia anche se sappiamo tutti molto bene come ragiona un fan e quanto poco obbiettiva possa essere la visione di un appassionato. I fan dei film, sempre che non lo siano anche del videogame, non troveranno certamente Milla Jovovich ma potranno contare su di un gran numero di sequenze di gioco e di cutscene che non sfigurerebbero al cinema, mentre i fan degli sparatutto avranno un nuovo setting per le loro mattanze. Per chi ama sparare, però, va detto che RE5 soffre di un difetto anacronistico se paragoniamo il gameplay degli sparatutto tradizionali a quello del titolo: vi aspettate di poter camminare e sparare al tempo stesso? Dimenticatevelo perché Chris e Sheva, per quanto addestrati, non sono in grado di compiere queste due semplici operazioni allo stesso tempo. Abbiamo chiesto a Kawata il motivo di questa scelta stilistica (le console consentirebbero di fare questo e ben altro) e il producer ci ha risposto che "non fa parte delle caratteristiche di gameplay di Resident Evil". Una giustificazione debole che forse sottende a un problema differente.
RE5 appare troppo legato alla tradizione di un genere che, sostanzialmente, ha contribuito a creare eppure non riesce a resistere (per motivi di mercato o di semplice influenza esterna) alle sirene della modernità e all'omologazione ai trend del momento. Ciò che risulta da questo conflitto tra tradizione e spinta verso il futuro è un gioco che tenta di abbandonare la formula che l'ha fatto grande e famoso per abbracciare un pubblico più vasto, cercando nel contempo di non allontanarsi troppo dalla "legacy" che ha costruito. Nel complesso, rimane un buon tentativo, un titolo ben fatto e per certi versi appassionante, tuttavia lontano anni luce dall'ultimo "vero" Resident Evil, il quarto, che già mostrava alcune aperture action. Non posso evitare di consigliarlo a chi ha amato la serie e vuole continuare la sua guerra contro la Umbrella, sottolineando ancora una volta, però, la distanza tra il cuore putrido dei primi RE e quest' ultimo capitolo. Forse Resident Evil ha davvero perso la sua anima nera e si è inginocchiato al mercato, citato più volte da Kawata (e giustamente, per carità) come la molla che ha spinge alla realizzazione di un gioco: "faremo un altro RE? Se ci saranno ancora giocatori che ce lo chiederanno credo che lo faremo." Ok, tutto bene. Ma sarà ancora un survival horror o diventerà uno sparatutto qualunque?.