Resident Evil Village - recensione
'Ethan Winters, vediamo cosa ti rende così speciale.'
Quando si tenta di rinnovare una serie leggendaria con 25 anni di storia sulle spalle, bisogna assumersi dei rischi. Ci vuole coraggio, bisogna essere audaci, bisogna cogliere il pubblico in contropiede e consegnare nelle mani dei fan più accaniti qualcosa di nuovo e rivoluzionario, qualcosa che possa stupire anche chi ha seguito l'evoluzione della serie per gran parte della propria vita.
Poco importa se qualcuno storcerà il naso, poco importa se 'si stava meglio prima': in fondo ci sono poche cose al mondo che fanno paura quanto il cambiamento. E a proposito di paura Resident Evil 7 ne incuteva davvero tanta, sia nel senso metaforico che in quello più letterale.
Metaforico perché è stato un episodio destabilizzante per la community: la telecamera abbandonava l'impostazione a tre quarti dietro le spalle del protagonista per adottare una prospettiva in prima persona; l'eroe di turno non era uno dei personaggi storici della saga ma un uomo apparentemente normale; la storia sembrava parlare di una famiglia di psicopatici nel bayou del Mississippi invece che concentrarsi sulla solita minaccia bio-terroristica globale.
Tutto lasciava presagire una inversione di marcia totale per la serie, un soffio di vento che avrebbe potuto spazzare via in un solo colpo le cocenti delusioni del quinto e sesto capitolo oppure affossare definitivamente il nome di Resident Evil. Fortunatamente, come dicevamo, la settima iterazione numerata del survival horror di Capcom faceva parecchia paura anche in senso letterale.
La storia di Ethan Winters alla ricerca della sua amata sposa Mia, caduta per qualche motivo nelle grinfie della raccapricciante famiglia Baker in un qualche angolo remoto della Louisiana era un'autentica discesa negli inferi, un'esperienza cruda e angosciante che è stata accolta con favore da critica e pubblico, piazzando ben otto milioni di copie in tutto il mondo e diventando uno dei titoli più di successo nel curriculum decennale dell'azienda nipponica.
Alla luce di ciò, non ci stupisce vedere come Capcom sia disposta a fare uno strappo alla regola producendo, per la prima volta in assoluto, il seguito diretto di un episodio canonico di Resident Evil, forse nel tentativo di capitalizzare sull'enorme popolarità dello sfortunato Ethan e delle sue (dis)avventure.
Dopo mesi di rumor, voci di corridoio, leak fuori controllo e conferme a mezza bocca, Resident Evil: Village è stato presentato in via ufficiale durante il PlayStation Showcase di settembre dello scorso anno, quello dedicato alla nuova console ammiraglia di Sony.
Fin dai primi trailer appariva subito chiaro che Village avrebbe rappresentato una prosecuzione del viaggio iniziato quattro anni fa ma che si sarebbe spostato in un'ambientazione inedita: quella di un misterioso villaggio nell'Europa dell'est flagellato da un'oscura piaga non meglio identificata.
La trama di Resident Evil Village parte da una premessa semplice quanto assolutamente sconvolgente. Sono passati oltre tre anni da quando Ethan e Mia sono sopravvissuti miracolosamente all'incubo di casa Baker e sono stati tratti in salvo dall'arrivo della BSAA, l'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della lotta al bio-terrorismo.
Nel tentativo di nascondere l'incidente agli occhi dell'opinione pubblica e dare una nuova possibilità di vita ai coniugi Winters, Ethan e sua moglie vengono trasferiti in Europa dove assumono una nuova identità e conducono un'esistenza normale assieme alla loro neonata, Rosemary.
Questa apparente tranquillità, tuttavia, è destinata a durare ben poco. In un giorno come tanti altri, durante una cena di famiglia, la casa di Ethan e Mia viene presa d'assalto da un gruppo militare che ferisce la donna sotto gli occhi attoniti di suo marito. Nella concitazione del momento, la porta si spalanca e appare Chris Redfield, il protagonista dell'originale Resident Evil e di tanti altri episodi successivi. Ed è proprio in questo momento che riviviamo lo scioccante trailer visto durante lo Showcase.
Redfield, apparentemente, è a capo del plotone che ha colpito l'abitazione e senza proferire parola si avvicina a Mia e la finisce scaricando tutto il caricatore della sua pistola su di lei. Il nostro protagonista tenta di reagire ma i soldati lo immobilizzano mentre Chris prende la piccola Rose e si dilegua nella tormenta di neve all'esterno. Anche il povero Ethan viene sottratto dal calore della sua casa e costretto a salire su uno dei veicoli dell'organizzazione senza capire quale sia il motivo reale di quella brutale esecuzione.
Ci risvegliamo qualche ora dopo con il viso a contatto con il freddo dell'asfalto: qualcosa ha colpito il mezzo su cui viaggiavamo uccidendo tutti gli uomini a bordo. Non c'è traccia di Chris o Rosemary ma il prode Ethan sa di non potersi arrendere finché non avrà ritrovato sua figlia e scoperto le ragioni dietro questa assurda vicenda. Che è successo al buon vecchio Chris Redfield? Cosa lo ha spinto a compiere un atto tanto violento ai danni di Mia?
Non c'è tempo per farsi domande, possiamo solo seguire la strada e cercare aiuto nel centro abitato più vicino, un villaggio decadente palesemente ispirato alle architetture tradizionali della Romania. Appena giunti sul posto, però, ci rendiamo subito conto che c'è qualcosa che non va.
Il paese è avvolto in un tetro silenzio, spezzato solo dal suono delle campane in lontananza e non sembra esserci alcuna forma di vita in giro. Sembra che qualcuno (o qualcosa) abbia aggredito gli abitanti lasciando dietro di sé solo una lunga scia di violenza e distruzione testimoniata dai cadaveri che giacciono sul bordo delle strade e dal sangue sulle pareti.
Inizia qui la nuova discesa nell'orrore di Ethan Winters, alle prese con una minaccia ancora più terrificante di quella che aveva vissuto nel bayou, nella magione dei Baker. Il villaggio è tenuto in ostaggio dal culto di Madre Miranda, un personaggio oscuro che sembra aver rapito Rose e liberato una calamità sulla popolazione soggiogandola grazie alla potenza di creature mostruose come l'enigmatico Heisenberg e l'ormai celebre vampira Lady Dimitrescu.
In termini di narrativa, la sceneggiatura di Village rappresenta un passo avanti notevole rispetto a quanto visto in tempi recenti nella serie. La storia viene narrata con un ritmo piuttosto serrato, è ricchissima di colpi di scena e, soprattutto, può vantare una serie di gustosissimi richiami al passato che andranno a dissipare alcuni punti oscuri dell'universo di Resident Evil.
Credeteci quando vi diciamo che tutto ciò che pensate di aver capito sulla nuova opera di Capcom non è altro che la punta dell'iceberg di una vicenda ben più articolata. Certo, ci sono alcune soluzioni di comodo e qualche passaggio meno curato degli altri ma, nel complesso, è una storia che ha saputo tenerci incollati allo schermo per le circa 10 ore necessarie a raggiungere i titoli di coda ma che, nelle mani di giocatori più completisti, potrebbe regalare diverse ore di divertimento in più.
Sì, perché dopo le prime ore di gioco, dopo aver superato le sezioni già provate nelle due demo, Resident Evil: Village si apre e mostra la sua anima 'open-map' che trasforma il villaggio in una sorta di snodo da cui è possibile partire alla volta delle diverse ambientazioni che compongono l'avventura. In tal senso, Village assume quasi i connotati da metroid-vania poiché spinge i giocatori a tornare spesso sui propri passi dopo aver raccolto chiavi o oggetti utili per aprire nuovi percorsi.
Così facendo è possibile ottenere nuove armi, potenziamenti, tesori o, addirittura, imbattersi in mini-boss opzionali. Sia chiaro: è sempre possibile ignorare completamente qualsiasi orpello e procedere spediti nella quest principale ma abbiamo parecchio apprezzato la volontà di Capcom di ricompensare la voglia di esplorazione degli utenti.
Per il resto, la struttura di gameplay riparte dalle solide basi viste in Resident Evil 7 e ci aggiunge alcune meccaniche provenienti direttamente dal quarto capitolo, a cominciare dal ritorno del mercante. Al posto dell'uomo incappucciato di Resident Evil 4, però, troviamo il Duca, un personaggio corpulento e dalla battuta facile che appare in punti prestabiliti della mappa di gioco, proprio come il suo 'collega'.
Il Duca può offrirci nuove risorse e potenziamenti per le nostre armi in cambio della valuta corrente del posto ma può anche ritirare i tesori che abbiamo accumulato nel nostro cammino per rimpinguare le nostre tasche. Insomma, si tratta di una meccanica molto simile a quella vista ormai sedici anni fa su GameCube e PlayStation 2 ma trapiantata nella formula di Resident Evil 7.
C'è addirittura una meccanica legata alla caccia che può essere sfruttata per ottenere buff permanenti a salute, stamina e danni in cambio di risorse ottenibili dalle carcasse degli animali. Il tutto funziona alla grande e rappresenta la spina dorsale di un'esperienza decisamente più votata all'azione rispetto al capitolo precedente.
Ethan può fare affidamento su un arsenale di bocche da fuoco sensibilmente più nutrito di quello a disposizione nella magione dei Baker ma anche le creature che gli sbarrano la strada sono più numerose e variegate: i barcollanti micomorfi lasciano spazio a non-morti, lycan, bestie fameliche e diversi altri tipi di avversari che preferiamo non anticiparvi per non rovinare il gusto della sorpresa.
Ci limitiamo ad assicurarvi che Capcom ha pensato proprio a tutto per questa nuova iterazione di uno dei suoi brand di punta, grazie anche ad una più spiccata eterogeneità di ambientazioni che non ha nulla da invidiare alle punte di eccellenza toccate da Resident Evil 4.
Per quanto riguarda il combattimento, Village mantiene intatte le meccaniche di Resident Evil 7 senza apportare sostanziali modifiche. Il sistema di mira è volutamente instabile e traballante per rendere le operazioni di puntamento difficili da eseguire e incrementare il senso di tensione derivante dagli scontri anche coi nemici più comuni.
C'è un tasto dedicato alla guardia che può essere utilizzata per assorbire una parte dei danni in arrivo, uno rapido per utilizzare gli oggetti di cura e i quattro direzionali a cui è possibile assegnare le armi per passare da una all'altra con estrema facilità. Come se non bastasse, gli sviluppatori hanno deciso di automatizzare alcuni movimenti come il superamento degli ostacoli o la rottura di vasi e casse (eseguibili con la semplice pressione del pulsante contestuale).
Si tratta, in buona sostanza, di una formula ideata con l'obiettivo di mantenere fluida l'azione di senza essere costretti a spezzarne il ritmo per accedere continuamente all'inventario. Quest'ultimo viene gestito in modo analogo a quello di Resident Evil 4: una valigetta da riorganizzare manualmente per assicurarsi di avere sempre spazio per portare con sé armi, strumenti e accessori utili alla sopravvivenza.
Gli scontri coi boss, dal canto loro, sono tra i più cinematografici di sempre e, per quanto siano sempre abbastanza semplici e di facile lettura, riescono a regalare momenti alquanto ispirati, sia dal punto di vista artistico che da quello del puro gameplay. Davvero niente male.
A questo punto potreste pensare che Resident Evil: Village abbia completamente abbandonato le atmosfere ansiogene e asfissianti del 7 per adottare un approccio action a tutto tondo. Ma vi sbagliereste. La risoluzione degli enigmi ambientali rimane un ingrediente fondamentale nella ricetta e, dal momento che la mappa è tra le più vaste e articolate di sempre, talvolta potreste recuperare oggetti importanti per decifrare determinati rompicapi anche dopo diverse ore di gioco.
Capcom è riuscita a trovare un punto di equilibrio tra le due anime di Resident Evil con Village si muove continuamente in bilico tra l'azione e l'horror senza mai pendere troppo dall'una o dall'altra parte. I picchi di tensione che si raggiungevano nella casa dei Baker sono stati sacrificati sull'altare di una storia più adulta, intrisa di simbolismo e metafore che trovano il proprio compimento nell'ultimo quarto della campagna, una delle esperienze più intense che abbiamo mai potuto sperimentare in un titolo della serie.
Resta da trattare il comparto tecnico, la proverbiale ciliegina sulla torta di una produzione che ci ha convinto in ogni sua parte. Il RE Engine, il motore grafico di cui abbiamo tessuto le lodi in sede di prova del gioco, riesce a mantenere un frame-rate piuttosto stabile per quasi tutta la durata dell'avventura, al netto di qualche lievissima incertezza nelle scene più ricche di particolari. In generale, comunque, Resident Evil: Village gira a 60 frame al secondo in 4K con Ray Tracing attivo, un'autentica gioia per gli occhi.
Il reparto artistico di Capcom ha imbastito un mondo di gioco vivo e vibrante in cui il Villaggio e il Castello delle demo rappresentano solo una piccola parte della tetra bellezza che vi aspetta nel gioco completo. I modelli dei personaggi godono di un livello di dettaglio elevatissimo mentre gli effetti particellari e l'illuminazione globale conferiscono a ciascuna scena un look piuttosto credibile, nonostante si tratti di un titolo in arrivo anche sulla vecchia generazione di console.
Ottimo anche il comparto sonoro che grazie all'implementazione dell'audio 3D aumenta esponenzialmente il senso di immersione che si prova addentrandosi nel villaggio mentre si indossa un buon paio di cuffie. È sempre facile stabilire la provenienza dei rumori ma è altrettanto semplice sentire il ringhio rabbioso delle creature che si agitano alle nostre spalle: un'esperienza davvero terrificante. Peccato per il doppiaggio in Italiano che, pure avvalendosi di professionisti dalla fama consolidata come Renato Novara e Claudio Moneta, spesso non riesca restituire con efficacia la drammaticità di alcuni momenti.
Resident Evil: Village, in definitiva, è un trionfo. La storia di Ethan Winters si arricchisce di un ulteriore tassello che va ad arricchire il già nutrito universo narrativo della serie.
L'ottava iterazione numerata non si accontenta di essere la naturale evoluzione del già ottimo Resident Evil 7 ma si spinge addirittura oltre grazie ad un'ambientazione ispiratissima e ricca di segreti da scoprire.
Si tratta di un tipo di orrore ben diverso da quello sperimentato tra le strade di Raccoon City o nella magione di Jack e Marguerite Baker ma è comunque un'esperienza che qualunque fan della serie deve assolutamente provare sulla propria pelle.