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Ride to Hell: Retribution - review

Giù nell'inferno di ogni redattore.

La scomparsa di un gioco dai radar dopo l'annuncio iniziale non è mai un buon segnale. Spesso si tratta di progetti che vivono sospesi in un limbo tra la cancellazione e un recupero in extremis del salvabile, operazione che storicamente non sembra aver mai portato buoni frutti. Certo ci sono le eccezioni che confermano la regola... ma Ride to Hell: Retribution non fa parte della categoria.

Annunciato in origine nel 2008, Retribution era stato presentato come un GTA ambientato sulle strade polverose della California degli anni '60. Gang di motociclisti, un ampio parco veicoli e combattimenti appiedati o su moto erano alcune delle credenziali di un titolo molto interessante sulla carta, il cui sviluppo è anche andato avanti per un certo periodo con la creazione di numerosi modelli poligonali e altro materiale, comprese sequenze di intermezzo motion-captured.

Non è dato sapere cosa successe poi: è probabile che il titolo, passato a Eutechnyx, sia diventato vittima delle proprie ambizioni o comunque sospeso per qualche altro motivo e condannato a invecchiare in una stasi assoluta. Fatto sta che di Retribution si sono perse le tracce, fino al nuovo annuncio di pochi mesi fa e a un diffuso silenzio fino alla fatidica uscita.

I presagi funesti c'erano dunque tutti ma la realtà ha superato ampiamente la più pessimistica delle previsioni. Pochi secondi di introduzione e, dissipato il dubbio di aver skippato qualcosa per sbaglio, si inizia a intuire il calibro dell'esperienza. Ride to Hell: Retribution comincia con un flashback... o flashforward, non è dato capirlo, che mostra Jake sulla sua fedele moto... anzi no, è alle prese con una mitragliatrice. Un attimo, c'è da sbrigare un combattimento con un nemico abbastanza massiccio. E poi si salta attraverso un canyon sorvolando un elicottero.

All'inizio del suo lungo viaggio verso la vendetta, Jake sembra chiedersi 'Ma chi me lo fa fare?'. Ce lo siamo chiesti anche noi.

Non ci avete capito niente? Neanche noi dopo aver visto l'intro più volte. Prima di addentrarci nell'incredibile (in negativo) mondo di Retribution, diciamo che la sola premessa è sufficiente per capire come il gioco abbia preso una svolta molto brusca dalla gloriosa strada dell'open world, deviando su un sentiero secondario assolutamente lineare, perdendo parecchi pezzi per strada e tappando i buchi alla meno peggio con un po' di nastro adesivo virtuale.

"L'incompletezza del titolo è palese già dalla breve intro"

L'incompletezza del titolo è palese già dalla breve intro, e assolutamente nulla di ciò che accadrà in seguito prova a cambiare questa prima impressione. Che si tratti di inforcare una moto, menare le mani, cercare il prossimo bersaglio o qualsiasi altra attività, lo schermo diventa l'infelice cornice di modelli e animazioni deformi, meccaniche difettose e di una recitazione sciagurata.

Prima dell'impatto con il gameplay di Retribution è necessario però sorbirsi una seconda introduzione decisamente lunga (o forse lo sembra in virtù del ritmo terribilmente blando), in cui Jake torna a casa per riabbracciare suo fratello minore e lo zio, e andarsene a dormire cinque secondi dopo senza sprecarsi in convenevoli. Le massime espressioni del terribile fardello interiore del nostro reduce si rivelano essere silenzi prolungati e un'espressione persa nel vuoto.

In realtà Jake possiede una manciata di espressioni ma sembra utilizzare immancabilmente quella meno adatta alla situazione, riuscendo a sembrare uno svitato che passa per caso nei paraggi. Ma senza soffermarci sui dettagli, possiamo dire che in generale il cast oscilla tra l'inutile e il trascurabile a causa non tanto del character design (penalizzato comunque dai modelli poligonali) ma dal doppiaggio scialbo e quasi privo di inflessione.

Se siete in grado di alternare la pressione di due tasti, potrete vincere la maggior parte dei combattimenti di Ride to Hell anche guardando la TV nel mentre.

Pause troppo lunghe, inquadrature poco azzeccate e soluzioni narrative infelici (che ne dite di un flashback riguardante un evento appena accaduto?) non aiutano a farsi piacere. Ma andiamo oltre e passiamo al cuore del gioco, quel gameplay rimasto monco delle grandiose idee open world iniziali e adattato alla meno peggio in una serie di sezioni di guida, combattimento e roaming totalmente slegate.

"Jake possiede una manciata di espressioni ma sembra utilizzare immancabilmente quella meno adatta"

La prima con cui si ha a che fare, intro pot-pourri a parte, è quella di guida. In queste sezioni Jake cavalca la sua fida motocicletta verso un qualche obiettivo, su strade ben definite e piene di ostacoli poco credibili. Macchine, condutture giganti abbandonate in ogni dove, rampe improvvisate e altre amenità ostacolano l'incedere del nostro eroe, che di tanto in tanto è obbligato a ricorrere a una derapata ridicola, con la moto sdraiata di fianco che incede a mo' di spazzaneve anche per centinaia di metri, per passare sotto ad autocisterne che decidono di mettersi di traverso e sbarrare la strada, così, tanto per gradire.

Il modello di guida... beh, non c'è un modello di guida, né fisico per quel che conta. La moto ondeggia come se non avesse peso e la derapata dura all'infinito, o meglio finché non si urta un ostacolo. L'unico deterrente che invita a prestare un minimo d'attenzione è il fatto che dopo alcuni urti lo schermo passa al bianco e nero, e il nostro mezzo rallenta prima di accostarsi automaticamente al bordo della strada ed... esplodere.

Gli unici altri ostacoli sono gli scagnozzi della gang Devil's Hand, da affrontare con la pressione ripetuta di un tasto segnalato su schermo. Questi scontri sono sottolineati da un avversario che si accosta di fianco e si aggancia invisibilmente alla nostra moto, che dal canto suo inizia a fare le curve in automatico finché non ci si libera del nemico di turno (il cui mezzo, tanto per cambiare, esplode poco dopo) con una sequenza di pugno-calcio che viene ripetuta all'infinito, senza altra variazione se non quando Jake impugna una chiave inglese. Il risultato, comunque, è lo stesso.

Ecco l'espressione che Jake riserva ai momenti più intensi o drammatici.

Arrivato a destinazione, Jake può trovarsi a esplorare in cerca di un qualche personaggio, di solito facilmente individuabile in quanto l'unico NPC nei paraggi, anche nel caso di città teoricamente abitate, oppure a combattere per aprirsi la strada verso il successivo membro della Devil's Hand. Prima di addentrarci nel combattimento, vale la pena menzionare gli unici incontri che è possibile effettuare in Retribution, quelli con qualche donzella allegra che si concederà a Jake dopo che questi avrà picchiato il suo molestatore. Dopotutto, la vendetta può attendere e il nostro eroe non ci penserà due volte prima di finire a letto.

"Ci si trova a letto con la ragazza che lavora come meccanico, con tanto di tuta e cappellino"

Sì, perché in Ride to Hell: Retribution ci sono anche scene di sesso non solo mal realizzate (d'ora in poi considerate che la realizzazione scadente sia un sottinteso), ma anche parecchio infelici quanto a premesse. Mettendo da parte l'approccio alquanto sessista, è da notare che Jake e la sua compagna di turno si esibiscono in una serie di pose spinte che risultano esilaranti in quanto gli unici modelli presenti nel gioco sono ovviamente vestiti.

Nel caso della signorina procace in shorts la cosa forse passa quasi inosservata, ma quando ci si trova a letto con la ragazza che lavora come meccanico con tanto di tuta e cappellino, le cose diventano piuttosto comiche. Per completare il quadro, considerate la totale mancanza di espressioni facciali delle partner e quelle irrilevanti di Jake per capire che forse era meglio escludere del tutto queste sezioni.

Passando al combattimento fuori delle lenzuola, non c'è molto da dire. Se disarmato, il duro di casa Conway può alternare pugni a calci in grado di sfondare la guardia degli avversari. Entro 20 secondi si scopre che per avere vita facile è sufficiente calciare all'infinito per battere praticamente qualsiasi avversario, e usare il tasto di parata per prendere controtempo un nemico in procinto di attaccare.

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In alcune occasioni è possibile anche effettuare delle mosse finali, sottolineate da un grugnito di Jake (che in questi frangenti sembra qualcuno con l'urgenza di correre in bagno), che consistono in uno spartano Quick Time Event.

"Il sistema di coperture è così buggato che per non colpire il riparo si deve sparare al soffitto"

Nel caso delle armi da fuoco, invece di infierire mi limiterò a dire che il sistema di coperture è totalmente buggato e che l'unico modo per non colpire il riparo di turno è alzare la mira e sparare al soffitto, cosa che mi dà l'occasione di sottolineare che in Retribution i bug non sembrano mancare.

Strade che scompaiono, glitch frequenti, freeze: fatevi venire in mente un difetto di programmazione e molto probabilmente lo incontrerete durante una malaugurata partita a Ride to Hell: Retribution. Più che d'incapacità dei programmatori, sembra più probabile che il gioco sia stato messo insieme senza neanche un minimo di beta testing, tanti sono i problemi che si annidano nel codice.

In chiusura, è doveroso avvisare che Ride to Hell: Retribution non fa parte di quella categoria di titoli talmente brutti da essere divertenti. Le poche risate che alleggeriscono le fasi iniziali del gioco non si ripetono e si perdono in un titolo che riesce a essere brutto sia da vedere che da giocare, e che non riesce a salvarsi in nessun comparto neanche per sbaglio come a volte accade anche nelle produzioni più catastrofiche.

2 / 10
Avatar di Emiliano Baglioni
Emiliano Baglioni: Emiliano si affaccia al mondo dei videogiochi all’epoca del Vic 20. Vive la sua storia di giocatore pensando che prima o poi crescerà e mollerà il joypad, ma non abbandona mai la sua passione, che riesce in qualche modo misterioso a conciliare con tutto il resto.

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