Rise of Nightmares - review
Incubo è la parola giusta...
Se anche voi siete morbosamente attratti da qualunque cosa sia anche solo vagamente horror e non avete mai speso un briciolo del vostro tempo su Rise of Nightmares, i casi sono due: o siete dei videogiocatori un po' distratti (molto distratti, nel caso possediate un Kinect) oppure, a differenza del sottoscritto, siete capaci di riconoscere la celeberrima "fuffa digitale" senza doverci perdere sopra qualche nottata.
Dopo l'indigestione di tigrotti iper-affettuosi e party game decerebrati, seconda solo alla tremenda invasione dei "Fill the Shape" di cui il sensore Microsoft sembra essere l'incarnazione digitale, l'arrivo di un titolo che esibisce un campale 18+ in copertina e, cosa più importante, sbatte più volte sul muso del giocatore la scritta Game Over (sul serio, ragazzi, il Game Over esiste anche per Kinect) è un evento memorabile.
Inutile nascondervi che la galvanizzante euforia scaturita dalla prova di quest'ultimo horror made in SEGA e la curiosità di spingersi sempre più a fondo in una storia che ruota intorno ad aberrazioni mostruose, trappole diaboliche e all'immancabile moglie rapita dall'ancor più immancabile pazzoide di turno, si sono spente ben prima dell'ultimo degli 8 atti di cui l'avventura si compone. Bella scoperta, direte voi: la sola cover del gioco, oggettivamente una delle peggiori copertine mai apparse a memoria personale, avrebbe dovuto attivare quell'invisibile campanello d'allarme di cui ogni videogiocatore navigato è equipaggiato.
C'è poco da fare, RoN non decolla: e non per una grafica che forse avrebbe fatto buona impressione ai tempi della PS2 o per un tessuto narrativo che potremmo etichettare come la versione "for dummies" del plot di Splatterhouse (che già di per sé raggiunge livelli di imbarazzo non trascurabili) mescolato a Hostel.
Il motivo è molto più semplice: se RoN non è la cosa meno giocabile mai apparsa su console, davvero poco ci manca. E la colpa, strano ma vero, non è degli algoritmi di rilevazione di Kinect (che funziona più che egregiamente): quello che sulla carta doveva essere il valore aggiunto del lavoro dei ragazzi di SEGA, un gameplay "spaziale" che permette al giocatore di visitare ambientazioni rigorosamente tridimensionali ricorrendo a specifiche azioni del corpo, si dimostra invece un boomerang letale, curioso nelle prime battute ma destinato a cadere vittima della propria macchinosità dopo una rapida manciata di livelli.
"Rise of Nightmares è a metà strada tra un FPS ad armi bianche e un gioco su binari."
A metà strada tra un FPS ad armi bianche ed un gioco su binari, il survival horror che viene dall'oriente propone un utilizzo innovativo del corpo del giocatore, che si trova ad affrontare classiche sezioni di combattimento e altre più articolate di esplorazione. Laddove le prime si riducono all'alternanza vorticosa di parate (congiungendo le mani in guardia alta) e di sane scazzottate all'etere, le seconde richiedono un ulteriore sforzo fisico al giocatore, che dovrà spostare un piede in avanti per avanzare (e, parimenti, portarlo indietro per indietreggiare) e ruotare le spalle a destra e a sinistra per impartire la direzione da seguire.
Un'idea innovativa, non c'è che dire, ma che alla lunga pecca di funzionalità e "maneggevolezza". Muoversi per i corridoi della lugubre location richiede una coordinazione non indifferente, specie quando si tratta di interagire con i vari elementi, di ruotare la visuale (lungo la sola asse orizzontale, essendo quella verticale vincolata) o di girarsi di 180° per tornare sui propri passi. E se già in condizioni di tranquillità finirete per prendere più volte a capocciate muri o quant'altro, potete immaginare da soli in cosa si traduca tutto questo in presenza dei nemici o nelle situazioni più concitate, dove dovremo raggiungere un certo obiettivo nel minor tempo possibile.
In tali frangenti questa meccanica mette in mostra il suo lato peggiore, costringendo un giocatore già in equilibrio precario (che lo vogliate o no, vi troverete per quasi la totalità del tempo sbilanciati in avanti, con le spalle impegnate nel peggior twist mai visto) a riprendersi dall'impaccio con mosse aggraziate quanto quelle del peggior ubriacone da osteria. Il risultato di tali manovre, in genere, coincide con l'esatto opposto di quanto previsto: un'altra sana craniata nell'angolo tra due pareti, da dove forse usciremo nella mezzora successiva, oppure una ghigliottina di qualche metro quadro che ci piomba tra capo e collo essendo il nostro ultimo passo andato un po' troppo lungo.
"È possibile attivare una sorta di pilota automatico alzando la mano destra sopra la testa."
Per prevenire un eventuale esaurimento nervoso, è possibile attivare una sorta di "pilota automatico" alzando la mano destra sopra la testa: fintanto che tale azione viene perpetuata, il protagonista si muove in autonomia sino all'obiettivo seguente passeggiando su binari invisibili.
Tralasciando ogni digressione filosofica sulla comodità d'uso (assumere la posizione "attaccati al tram" per più di 3 minuti è particolarmente scomodo) e sulla coerenza degli sviluppatori, così convinti del proprio innovativo gameplay al punto di bypassarlo in toto con la più becera delle scorciatoie, questa scelta la dice davvero lunga sull'importanza della decantata esplorazione degli scenari 3D, che seppur nascondano qualche collezionabile utile per arricchire di dettagli la già striminzita trama, finiscono in questo modo per essere bellamente ignorati.
La situazione non migliora di molto nelle fasi di combattimento. L'intelligenza artificiale nemica, semplicistica in generale ma a tratti addirittura imbarazzante, rende ancor più facile il compito di eliminare la carne da macello che ci si para di fronte. Nonostante il buon lavoro di acquisizione svolto da Kinect, l'impressione che basti agitare le mani per avere la meglio anche sui bestioni più massicci, ricorrendo alla parata solo nelle evenienze più critiche, diventa presto un'amara certezza. Un ragguardevole set di armi bianche (disseminate nei livelli e destinate a logorarsi con l'uso), così come la presenza di nemici corrazzati, eliminabili attaccandone solo i punti scoperti, cercano di aggiungere un pizzico di varietà al gameplay, che cade però vittima di pattern ripetuti e prevedibili, riducendo quell'ansia che la location, almeno in parte, riesce ad offrire.
Stessa solfa vale per le boss fight, che offrono una sfida maggiore ma per nulla insormontabile, specie dopo aver padroneggiato schivate o strafe. Sia chiaro, questo non significa che in RoN si raggiungono i credits senza mai assaggiare la polvere: il reload dell'ultimo checkpoint, al contrario, diverrà rapidamente una procedura familiare, ma la nostra cruenta dipartita sarà causata più dalle conseguenze di "errori umani" nell'arrancante gestione dei movimenti dell'alter ego, che non per l'effettiva potenza dell'attacco nemico.
"Le boss fight offrono una sfida per nulla insormontabile, specie dopo aver padroneggiato schivate o strafe."
Sul fronte tecnico, il titolo SEGA si conferma l'ennesimo esponente di un trend particolarmente in voga nell'ultimo periodo, che sacrifica l'impianto grafico all'altare della motion-compatibilità: una scelta che fatico a condividere, ma che sembra essere la legge in molti titoli Kinect. RoN danza zoppicante sui limiti della mediocrità, offrendo modelli ed animazioni dei personaggi accettabili, seppur piuttosto avari di dettagli e riutilizzati con eccessiva frequenza, ed ambientazioni da un lato particolarmente ispirate, ma dall'altro troppo spoglie e malamente texturizzate.
Non mancano piccole trovate sceniche che pur lasciando il tempo che trovano, cercano di ravvivare l'interesse del giocatore: nebbia, polvere che scivola dalle pareti e immancabili tripudi di sangue confermano l'impegno del team di sviluppo, che avrebbe però potuto dedicare maggiore attenzione e cura al prodotto finale.
Cosa salvare dunque di questo esperimento hardcore per Kinect? Non molto, purtroppo. L'idea alla base di Rise of Nightmares è sì ardita, ma non possiamo non riconoscerne l'originalità e il livello di immedesimazione che, almeno in linea teorica, potrebbe regalare al giocatore. Peccato che l'intuizione non sia stata seguita da un'altrettanto lodevole tecnologia: muoversi tra i corridoi e le stanze di questa folle magione risulta difficile e snervante anche per il giocatore più coordinato, che si vedrà troppo spesso costretto a gettare la spugna ed affidarsi al patetico "pilota automatico".
La trama piuttosto banale, fatta di personaggi monodimensionali e di colpi di scena da terza elementare, è la ciliegina sulla torta di un titolo da cui, da fedelissimo dell'horror, mi sarei aspettato molto di più: per passeggiare "fisicamente" all'interno di un videogioco, temo servirà ancora parecchio tempo.