Ritorno alle origini: perché il game design deve cambiare
È tempo di dare una smossa ai videogame!
L'industria dei videogiochi "tradizionali" ha raggiunto un punto molto pericoloso. Le vendite nei negozi sono in ribasso per il quarto anno successivo (il mercato nel 2012 è calato del 22% rispetto al 2011) e, ancora peggio, il numero dei giochi pubblicati è diminuito addirittura del 29%. I giochi migliori sono ancora in grado di fare profitti ma sempre più titoli non ci riescono. I publisher e gli sviluppatori stanno creando meno titoli e tendono sempre di più ad affidarsi a seguiti di franchise collaudati, nel tentativo di ridurre i rischi, ma anche questa politica è rischiosa a lungo termine.
Abbiamo già notato come le vendite di Call of Duty abbiano raggiunto il loro picco nel 2010, per poi cominciare a calare leggermente. Quando i giochi che si producono diventano sempre di meno, il rischio percentuale di "inciampare" in quello sbagliato è più elevato. Cosa succede quando il tuo business si regge soltanto su una manciata di titoli ad altissimo profilo, e uno di questi fallisce? Il disastro.
Una risposta per evitare questa situazione è di allargare il giro di affari ad altre aree come gli smartphone, i giochi browser/social e i titoli free-to-play, o anche porre maggiore accento sulle varie forme di distribuzione digitale. Tutti i publisher tradizionali lo stanno facendo in modo più o meno convinto, ma la maggior parte del loro fatturato ancora viene dai giochi classici venduti su disco nei negozi.
"Il mercato nel 2012 è calato del 22% rispetto al 2011 e il numero dei giochi pubblicati è diminuito del 29%"
La prossima generazione di console potrebbe essere più che mai orientata ai contenuti digitali, ma la maggior parte dei guadagni derivanti dalle vendite di software probabilmente resterà collegata a doppio filo alle vendite fisiche. C'è un modo per introdurre nuove IP, avventurarsi nella produzione di titoli innovativi, e ridurre al tempo stesso i rischi? Probabilmente sì, e la chiave di tutto risiede nel game design.
"Cosa succede quando il tuo business si regge soltanto su una manciata di titoli ad altissimo profilo, e uno di questi fallisce? Il disastro."
I videogiochi, nel complesso, sono principalmente una questione di game design. I designer hanno ormai fatto l'abitudine a seguire le formule che "funzionano" di più sul mercato, e ad effettuare cambiamenti solo quando il mercato a sua volta cambia. Ma il cambiamento sta avvenendo e non solo per i videogiochi, lo stesso vale anche nei mercati della musica, dei film e dei libri. Il concetto di "album" musicale sta scomparendo e non influenza più il modo in cui gli artisti creano la loro musica o il numero di canzoni che devono essere presentate volta per volta.
Il video, attraverso la distribuzione su Internet, non è più relegato alla classica formula "due ore a film", e stiamo ad assistendo ad un proliferare di nuovi stili e tipi di contenuto. Persino i libri, che prima erano legati a doppio filo al numero massimo di parole che si potevano inserire in un'edizione da poche pagine e quindi meno costosa, non hanno più questo vincolo. Allo stesso modo, il design dei giochi è stato finora limitato dal modello di prezzo tradizionale, dallo spazio disponibile sui dischi fisici e dalla necessità percepita di offrire un tot medio di "ore" per soddisfare il giocatore.
La distribuzione digitale ha abbattuto queste barriere e restrizioni. I prezzi di vendita possono spaziare liberamente su ogni cifra, la "lunghezza" di un gioco non è più predefinita. Stiamo vedendo un alto tasso di innovazione tra i giochi distribuiti in modo digitale, prima con i titoli indie su PC, XBLA e PSN, e poi con l'esplosione del gaming sulle piattaforme mobile. Quei titoli hanno le loro restrizioni dovute alla dimensione del download e le specifiche delle loro piattaforme, e i designer dei titoli tradizionali dovrebbero imparare qualcosa da loro.
"La risposta al problema dell'industria risiede nel ridefinire il game design"
La risposta al problema dell'industria risiede nel ridefinire il game design in modo da accostarsi alle esigenze del mercato presente e futuro. Ci sono numerosi passi che si possono fare per ridurre i rischi ed incrementare le chance di successo.
Innanzitutto, evitare di trattare ogni titolo come se dovesse essere un blockbuster tripla-A che necessita di un tempo di sviluppo di due anni (o più) e di un budget di 50 milioni. Ovviamente i sequel dei titoli più famosi meritano di fare le cose "in grande", e il prossimo Call of Duty dovrà per forza avere un grosso budget; basta guardare ad Halo 4 e al suo successo per capire che non si tratta di una cosa sbagliata. Ma riservare lo stesso trattamento a una nuova IP significa andare in cerca di guai.
Cosa potrebbe fare invece un publisher con 50 milioni? Perché non finanziare dieci progetti da 5 milioni l'uno che siano allo stesso livello delle migliori proposte su Kickstarter, come Project Eternity di Obsidian o Wasteland II di InXile? È possibile usare delle tecnologie esistenti senza dover necessariamente pompare l'aspetto grafico, evitare il doppiaggio vocale, non reinventare da capo il sistema o il motore di gioco, tralasciare il multiplayer (o, viceversa, il single-player), creare una sola modalità di gioco purché sia fatta bene. Tutte queste accortezze consentono di creare un gioco in 12 mesi con un team dalle dimensioni ragionevoli. L'idea è quella di sondare il mercato con quel concetto di gioco e con quell'IP.
EA ha avuto una buona idea qualche anno fa, quando ha cercato di creare un certo numero di nuove IP. L'iniziativa si è rivelata di scarso successo perché l'azienda ha cercato di utilizzare l'approccio di sviluppo classico, che non ha portato un buon esito. Un'idea nuova e innovativa è troppo rischiosa per essere realizzata con un progetto da 50 milioni di dollari e 2 anni di sviluppo.
Chris Roberts sta invece adottando il giusto approccio con la sua ambiziosa visione dell'immenso MMO spaziale Star Citizen, che sarà suddiviso dal punto di vista del design in una serie di parti vendibili separatamente. Il risultato è che il progetto potrà essere avviato senza un enorme budget iniziale e, se le prime due o tre parti non si riveleranno un successo sufficiente a finanziare le successive, sarà possibile cancellare il progetto in tempo e risparmiarsi le perdite finanziarie. Forse il progetto continuerà a guadagnare abbastanza per finanziare gli aggiornamenti del contenuto già rilasciato, altrimenti anche quelli potranno essere cancellati. Insomma, il rischio è contenuto ai minimi, mentre il potenziale complessivo, se il titolo ha successo, rimane altissimo.
"Il bello è che non ci sarà un publisher con cui dividere i guadagni, perché non c'è niente che un publisher possa offrire"
E il bello è che non ci sarà un publisher con cui dover dividere i guadagni, perché non c'è niente che un publisher possa offrire. Soldi? Il progetto è finanziato dalle donazioni degli utenti, grazie. Tecnologia? Può essere sviluppata internamente. Server e supporto di distribuzione? Amazon e simili venderanno più che volentieri il prodotto. Marketing? Quando si è un nome ben conosciuto, non c'è bisogno di un grande reparto di marketing. Se i publisher non cominceranno a seguire questa strada, gli sviluppatori saranno lieti di farlo al posto loro, come è già dimostrato dal crescente numero di progetti Kickstarter.
I giochi tradizionali sono diventati colmi di elementi che non sono realmente fondamentali per il gameplay. Certo, le sequenze filmate lunghe minuti sono splendide, ma quante volte le guarderemo? Una soltanto. E quanto è costato realizzarle? In alcuni casi, milioni di dollari. Forse si può motivare una spesa del genere sotto la voce "marketing", ma per favore non inseritela nel budget del gioco.
Alle volte poi sono semplicemente i videogame a essere stracolmi di troppi elementi. Gran Turismo 5 è stato in sviluppo per 5 anni ed è costato 80 milioni di dollari, ed include 1000 auto e 71 piste. La cosa è ridicola: c'è forse qualcuno che ha usato più di una minuscola frazione di tutte quelle vetture? Per creare il motore del gioco è giusto prendersi il tempo necessario, certo, ma il gioco sarebbe potuto uscire anche con qualche dozzina di auto e una decina di piste, per poi vendere altre auto, altre piste ed elementi vari di personalizzazione in seguito, quando il gioco è già sul mercato e genera guadagni.
"I giochi tradizionali sono diventati colmi di elementi che non sono realmente fondamentali per il gameplay."
I titoli mobile hanno mostrato come sia possibile riportare il gameplay agli elementi essenziali. I giochi social hanno ridotto la curva di apprendimento al minimo, piuttosto che richiedere ore per insegnare i controlli al giocatore. C'è veramente bisogno di un motore grafico interamente nuovo? Un sistema di creazione del personaggio inedito? Un set di algoritmi nuovo di zecca per i combattimenti e un nuovo set di armi?
Se c'è una cosa che Minecraft dovrebbe averci insegnato è che pompare l'aspetto grafico non è necessario per creare un campione di vendite. Ovviamente, non è nemmeno necessario avere l'aspetto di un gioco 8-bit: gli screenshot di Project Eternity hanno un impatto rispettabilissimo. Ma c'è veramente bisogno del doppiaggio vocale? No, quello non ha di certo alcun impatto sul gameplay, ma può aggiungere molto tempo alla fase di sviluppo e richiedere molti soldi.
"Un titolo così semplificato non ha motivo di costare 60 euro: 15-20 sono molto più appropriati"
Ora, è chiaro che un titolo così "semplificato" non ha motivo di costare 60 euro: 15-20 sono molto più appropriati. E sappiamo che i publisher possono ancora guadagnare con quella linea di prezzo, persino tramite le vendite nei negozi tradizionali, a patto che riescano a convincerli ad ospitare sugli scaffali prodotti così a basso costo. Con un'intelligente operazione di marketing, la cosa non è poi così impossibile. Una confezione riconoscibile, la creazione di un "brand" per i titoli più innovativi, una promozione intelligente: i modi per attirare l'attenzione dei clienti sono innumerevoli.
Forse questi titoli debutteranno inizialmente solo attraverso i canali di vendita digitali, e verranno accolti dai negozi fisici unicamente quando avranno ottenuto un certo successo. Di dieci titoli, forse solo uno o due riusciranno ad avere la giusta notorietà. E a quel punto il publisher potrà finanziare contenuti aggiuntivi per quei titoli, offrirgli un trattamento speciale e proporlo in vendita su disco contenendo i rischi.
Questa strategia di sviluppo è la stessa utilizzata con successo da King.com per i suoi titoli casual: sviluppare molte idee a basso budget e con piccoli team, e sondare il terreno con il pubblico. Prendi i giochidi maggior successo, potenziali e falli uscire sul mercato col botto. Con questo approccio, King.com ha raggiunto in soli 18 mesi la seconda posizione per quanto riguarda gli sviluppatori più popolari su Facebook.
Sappiamo che molti dei migliori designer lavorano presso le compagnie più grandi, ma così facendo riescono a lavorare solo ad un progetto ogni tot anni. E quando lo fanno devono seguire le direttive di contenimento dei rischi del publisher. Il risultato è che vediamo sempre meno giochi e sempre meno innovativi. La cosa è fastidiosa per noi giocatori ma terrorizzante per gli investitori.
"Il fatto che gli sviluppatori prendano sempre meno rischi e innovino sempre meno, non è passato inosservato neanche in Borsa"
Perché le azioni di tutti i maggiori publisher zoppicano ormai da anni? Perché gli investitori non sono convinti del fatto che lo sviluppo tradizionale abbia il potenziale per creare nuovi clamorosi successi in modo costante. Il fatto che gli sviluppatori prendano sempre meno rischi e innovino sempre meno, non è passato inosservato neanche in Borsa.
Ci sono sicuramente altre strategie che possono essere messe in pratica per far sì che gli sviluppatori tradizionali creino più giochi e mettano in campo più innovazione, ma è tempo che il cambiamento avvenga prima che i "grandi" di oggi imbocchino quella strada di impoverimento che li porterà inevitabilmente a trasformarsi nei "piccoli" di domani. Nuovi ed arrembanti publisher crescono rapidamente nel settore dei giochi online (come Riot e Wargaming.com) e social (come Kabam) o mobile (Rovio, Gree, DeNA, Supercell e altri). I publisher della "vecchia guardia" dovranno aggiornare le loro strategie, se non vogliono rischiare di perdere la partita.
Traduzione a cura di Luca Signorini.