Skip to main content

Ritorno nella Night City di Cyberpunk 2077

Dopo Edgerunners, dopo le patch, dopo l'annuncio di Phantom Liberty: ritornare su Cyberpunk 2077 quasi due anni dopo.

Ebbene sì, anche se non sembra sono passati quasi due anni da quando Cyberpunk 2077 ha esordito sui PC e le console di milioni di videogiocatori, e siamo certi che quel day one lo ricordiate molto bene. Non serve certo fare un riassunto dettagliato della “vicenda Cyberpunk”, ma vale la pena menzionare il fatto che i giocatori legati a macchine di ottava generazione si trovarono di fronte a una produzione a dir poco inaccettabile, mentre sul fronte delle piattaforme più performanti tanti altri appassionati rimasero delusi da un'opera incapace di mantenere le irraggiungibili promesse fatte con zelo nel corso degli anni.

Nonostante la rabbia giustificata, e nonostante gli strascichi portati da tale situazione, c'erano due qualità che già allora sarebbe stato impossibile sottrarre a Cyberpunk 2077. La prima risedeva in Night City, una città magnetica, accecante, labirintica, popolata da personaggi che conoscevano pochi eguali in altri videogiochi open world. La seconda, invece, era rappresentata dallo straordinario immaginario di Mike Pondsmith, capace di dare vita alle sale operatorie dei ripper-doc, alla torre su cui brillava il logo della Arasaka, alla cyber-psicosi, agli innesti cibernetici degli Scav così come a figure leggendarie del calibro di Adam Smasher.

Per fugare ogni dubbio in questo senso è intervenuta la serie animata Cyberpunk Edgerunners prodotta da studio Trigger – già noto per Kill-la-kill e Sword Art Online – e pubblicata su Netflix, piattaforma su cui si è imposta fra le più viste e apprezzate in assoluto; basti pensare al fatto che la canzone “I REALLY WANT TO STAY AT YOUR HOUSE” di Rosa Walton e Hallie Coggins ha conquistato la vetta della classifica Viral di Spotify, all'estero ma anche e soprattutto in Italia dove tutt'ora regna sovrana ad ulteriore testimonianza del successo dello show.

La serie Edgerunners è bastata da sola a far diventare Cyberpunk 2077 il gioco più giocato su Steam a due anni dal lancio.

E come già accaduto sulle sponde di The Witcher – e come probabilmente accadrà anche su quelle di The Last of Us o Horizon Zero Dawn – l'amore per la vicenda messa in scena dalla serie tv ha spinto milioni di videogiocatori a rispolverare il titolo di CD Projekt RED per dare una seconda chance all'avventura del mercenario V dopo aver adorato quella di David Martinez. Dal canto loro, gli sviluppatori non hanno mancato di capitalizzare sul successo televisivo, sfruttando l'ultima patch per introdurre oggetti, riferimenti e missioni che strizzano l'occhio proprio all'adattamento Netflix.

Ma del rapporto tra la serie Edgerunners e l'opera videoludica abbiamo già trattato ampiamente in un articolo dedicato. Oggi siamo qui perché anche noi, come centinaia di migliaia di altri appassionati, ci siamo ributtati tra le strade di Night City, cercando di scoprire se e quanto sia mutato il volto di Cyberpunk 2077 a due anni di distanza dal lancio originale.

E sì, bisogna dirlo subito, alcune ferite non si sono mai rimarginate e probabilmente non si cicatrizzeranno mai: la missione iniziale “Il Colpo” mette tutt'ora un'acquolina in bocca che non sarà mai soddisfatta, presentando una varietà di opzioni, di approcci, di interazioni che non troveranno più riscontro con l'incedere della vicenda. Allo stesso modo, bisogna fare pace con il fatto che l'opera di CD Projekt non è un simulatore immersivo in senso stretto, non ha una straordinaria varietà nel gameplay, e non si avvicina alla perizia tecnica che caratterizza gli open-world cittadini firmati Rockstar Studios.

Insomma, Cyberpunk 2077 non è per risonanza lo “Skyrim Cyberpunk” che in molti si aspettavano, magari condito da un'ispirazione del giocato al là Deus Ex, capace di snodarsi in un mondo aperto sempre disponibile per il dialogo, per l'interazione, per il role-play duro e puro. Eppure...

Cyberpunk 2077 riesce a far pesare lo scorrere del tempo nelle interazioni, come raramente accade in opere di questa scala.

Eppure Night City, con le sue forme brutaliste e i colori psichedelici, con caratteri variopinti e intrecci inquietanti, ha e avrà sempre tutte le carte in regola per catturare il giocatore nel suo incantesimo magnetico. Nella vicenda di un personaggio, il mercenario V, che diventa il vettore attraverso il quale vengono messe in scena le vite, i dilemmi e le tragedie di altri, e che immerge i piedi – seppur restando sempre vicino alla riva – nell'oceano generato dalla fantasia di Mike Pondsmith.

Al netto delle critiche che si possono ancora muovere a Cyberpunk 2077 – che probabilmente resta il videogioco più facile da criticare e attaccare di tutti i tempi – sopravvivono alcuni elementi che conoscono rari comparativi nel medium. Come ad esempio le relazioni con i comprimari, quegli scambi con figure come River Ward o Panam Palmer, interazioni che vivono una reale evoluzione nel tempo che passa attraverso la vicenda narrata e si dischiude in un sorriso davanti a un banale SMS ricevuto sul telefono del gioco.

Oppure le trame decisamente più contenute che pongono V di fronte al condannato a morte Joshua Stephenson nella missione “Sinnerman”, o ancora ai coniugi Peralez nel side-job “Dream On”, storie che scostano leggermente il velo di quest'opera prima facendo scorgere per pochi istanti quali avrebbero potuto essere le tematiche centrali di un ipotetico Cyberpunk 2077 ideale.

Tutto ciò sopravvive, e riesce a farlo in ragione di quello che è al tempo stesso il grande punto di forza e la condanna del progetto: l'essere un RPG immersivo ambientato in un mondo aperto. Nessuno, infatti, aveva mai provato a racchiudere nello scrigno dell'esperienza ruolistica un mondo aperto caratterizzato da una narrativa potente, da una domanda tecnica esagerata e dalla messa in scena tipicamente cinematografica; ed è probabile che nessuno ci avesse mai provato proprio perché consapevole che sarebbe stato troppo difficile agguantare tale risultato.

Non ci sono altri RPG open-world che abbiano inseguito un tale livello di cura tecnica per le sequenze e il design.

Insomma Night City è sempre Night City, “Pacifica è sempre Pacifica”, ma come si comporta l'esperienza a due anni di distanza dal momento del lancio? La prima cosa da dire – purtroppo – è che al netto delle correzioni passate e future è ormai quasi assodato che l'opera non sarà mai soddisfacente su console di ottava generazione; se, dunque, stavate pensando di dargli una chance sulla vostra PS4, il nostro consiglio è quello di stringere i denti ancora per qualche tempo.

Discorso diverso per le console di nuova generazione: se Series S ne esce maluccio, perché il titolo funziona a dovere ma sacrifica nettamente tanto la densità di veicoli e abitanti quanto la qualità delle texture, Xbox Series X e PlayStation 5 riescono a mettere in piedi una performance convincente, che tuttavia resta tutt'ora lontana da quella fatta registrare su PC. La patch 1.5 ha apportato grosse modifiche alle versioni "next-gen" rendendole ancor più godibili, sacrificando tuttavia lungo il percorso la risoluzione 4K nativa, i 60Fps e qualche tassello della performance tecnica.

Sul fronte contenutistico, Night City ha accolto a braccia aperte una lunga serie di feature che verrebbe da chiedersi come sia stato possibile non rendere disponibili fin dal lancio, come la possibilità di personalizzare l'abbigliamento di V, oppure quella di acquistare vari appartamenti in giro per la metropoli, per non parlare delle reazioni delle folle agli angoli delle strade, della possibilità di modificare l'aspetto del personaggio e dei netti miglioramenti alle routine delle IA che governano gli avversari.

Certo, mancano ancora un sacco di funzionalità all'appello, da quelle già annunciate durante i Night City Wire, come ad esempio il revamp completo del funzionamento della polizia e dei combattimenti corpo a corpo, fino a quelle solamente suggerite da informazioni passate, come l'attivazione del trasporto pubblico, la possibilità di utilizzare mezzi volanti o una maggiore incisività delle gang nell'economia generale dell'esperienza. Eppure...

Gameplay e personalizzazione sono molto migliorati, ma manca ancora molto all'appello.

Eppure quella di vagare per Night City ascoltando le note di canzoni che hanno assunto un significato completamente diverso grazie a Edgerunners, assaporando un sistema di progressione che trasmette divinamente l'idea di un V che cresce e diventa più forte, è oggi un'esperienza appagante e centrata. Sì, è vero, capita tutt'ora di concludere l'incarico secondario di un fixer e chiedersi cos'avrebbe potuto essere un Cyberpunk all'altezza della sua smisurata ambizione, ma è innegabile che gli ultimi due anni ci abbiano insegnato quanto sia raro, al netto di tutti i difetti del caso, incontrare sul cammino titoli come 2077.

Di produzioni che hanno l'audacia di porre il giocatore di fronte a un trivio narrativo, srotolando dinanzi a lui ampi sentieri contrapposti che conducono tra le braccia di figure affascinanti come Goro Takemura, Evelyn Parker o Rogue Amendiares, se ne trovano veramente poche, e spesso abitano nei recessi della memoria. Il che, se possibile, rende ancora più triste il destino verso cui il publisher CD Projekt ha condotto l'opera al momento del lancio.

Forte di una Night City che è al tempo stesso cresciuta e incompleta, Cyberpunk 2077 alzerà presto il sipario su Phantom Liberty, la prima e l'unica grande espansione a fare capolino in questo universo, probabilmente accompagnata da quelle che saranno le patch definitive. Se i RED in passato ci hanno abituato molto bene con i contenuti aggiuntivi, e specialmente con Blood & Wine, gli occhi della community sono già puntati sul progetto “Orion”: il fatto stesso che gli sviluppatori abbiano già indicato all'orizzonte un sequel di Cyberpunk 2077 è una testimonianza concreta della fame di rivalsa che pervade lo studio.

Ormai è ufficiale che Phantom Liberty sarà l'unica espansione di Cyberpunk 2077.

Forse i tempi non erano maturi per accendere i riflettori su un gioco di ruolo ambientato in un mondo aperto che fosse capace di conservare tutta la cura per le sequenze e la qualità tecnica solitamente proprie delle esperienze lineari. E bisogna prendere in considerazione l'eventualità che forse non lo saranno mai, che non sarà mai possibile intrecciare queste nature in eterno conflitto. Ma la Night City vissuta da Johnny Silverhand e V, assieme a quella protagonista di Edgerunners, non sono altro che punti di partenza dai quali potrebbe scaturire una leggenda straordinaria.

Per il momento il nostro consiglio – sempre che abbiate un hardware recente – è quello di montare su una Kuzanagi Yaiba e sfrecciare per le strade di Night City, scoprendo cosa si nasconde veramente dietro il velo di critiche e di elogi che hanno occultato in egual misura la vera natura di Cyberpunk 2077 fino a questo momento.

Un titolo che sì, probabilmente non è un capolavoro assoluto, ma non è più neppure il demone che è stato dipinto per mesi su una tela contaminata dalla rabbia. Del resto a Night City un vero lieto fine non esiste, specialmente per persone come V e Silverhand: città sbagliata, persone sbagliate.