Riuscirà Destiny a risorgere dalle sue ceneri? - editoriale
Ecco cosa cambia con Shadowkeep e senza Activision.
"Tu quoque Brute, fili mi!". Chissà quanti giocatori di Destiny si sono sentiti pugnalati alle spalle dal proprio stesso figlio varcando il confine endgame del sequel, scoprendo che l'anima del gioco era irrimediabilmente mutata lasciandosi alle spalle anni e anni di contenuti, armi con "roll" perfetti, punteggi del Grimorio e virtuosismi legati alla personalizzazione del personaggio.
Niente Radianza, addio Lame ad Arco, a mai più rivederci esperienza da tank puro con il Titano Guardia dell'Alba. L'atmosfera dark fantasy condita da un pizzico di magia spaziale aveva ceduto il passo a nuove radici, stavolta imprigionate in un limbo più vicino al puro shooter che all'MMO, dimenticando gran parte degli elementi che i Guardiani di tutto il mondo avevano imparato ad amare nel corso del triennio originale.
Proprio noi, che abbiamo avuto l'onore di assistere alla prima caduta (letteralmente) di Atheon nel cuore della Volta di Vetro, che ci lamentammo per la scarsa durata della Fine di Crota, che raggiungemmo per primi Mercurio all'ombra delle Prove di Osiride e che, infine, esplorammo l'intera Astrocorazzata di Oryx in cerca di nuovi segreti, ci siamo improvvisamente trovati senza una casa, senza una Torre in cui tornare, senza un concreto obiettivo da perseguire.
Non vogliamo infierire sull'universo di Destiny 2, un viaggio che ha dimostrato di avere qualcosa da dire attraverso il pacchetto I Rinnegati, capace di mettere in scena Ultimo Desiderio, uno fra i raid più belli ed interessanti mai visti, oltre che una serie di ambientazioni in grado di competere a testa alta con gli splendidi panorami del primo episodio. Ma stando alle parole dei ragazzi di Bungie, ormai separati dall'ex publisher Activision, le cose stanno per cambiare radicalmente.
Perché dovremmo fidarci di Luke Smith, l'uomo che più di tutti ha tradito le nostre aspettative? Beh, anzitutto Luke Smith per la prima volta negli ultimi cinque anni ha avuto il coraggio di definire Destiny un MMORPG. Durante un lungo preambolo di scuse in occasione dell'annuncio di Shadowkeep, i ragazzi dello studio ci hanno messo la faccia: "è vero", hanno detto, "abbiamo semplificato il sistema di personalizzazione e abbiamo toccato elementi che avrebbero dovuto rimanere intatti".
Ma, soprattutto, hanno affermato che l'errore più grande è stato proprio quello di aver spaccato in due l'universo di Destiny, creando due sistemi solari sconnessi e paralleli, uno vicino al cuore dei Guardiani e l'altro trattato come un game-as-a-service qualsiasi. Sarà sufficiente questa premessa per riportare il signore indiscusso dei giochi come servizi nella posizione che merita? Per spingere le migliaia di gruppi di Guardiani, ormai divisi, ad abbandonare i nuovi lidi e riunirsi di nuovo all'ombra del Viaggiatore?
Il dubbio più grande che potrebbe attraversarvi la mente è che ormai il treno sia partito, che abbiano scelto di proiettare nel futuro il progetto sbagliato, che a questo punto sia tardi per immaginare l'enorme mondo condiviso promesso cinque anni fa. Eppure Bungie sembra avere un piano ben preciso: niente più distanza dal termine MMO, un tuffo a capofitto negli elementi RPG, un revamp completo dell'esperienza nel Crogiolo accompagnato dalle mappe del primo episodio e una rilettura dell'intero sistema di equipaggiamenti, fra il ritorno degli artefatti e la reinterpretazione del sistema delle mod.
Luke Smith ha poi affermato che Shadowkeep sarà solamente la prima di una serie di iniezioni pensate per ridurre il "backlog" dei contenuti, presumibilmente quelli del primo capitolo, nel tentativo di trasferire all'interno del nuovo motore parte del Sistema Solare dimenticato. Possibile che la scelta migliore sia proprio voltarsi indietro, trasportando tutto il bagaglio del primo Destiny nei confini della nuova esperienza?
La verità è che quella magia sembra ormai un ricordo lontano; l'universo "espanso" di Destiny poggiava su fondamenta che mescolavano sapientemente mistero, fantasy ed elementi da MMO classico con una serie di meccaniche stranamente vicine all'esperienza dell'originale World of Warcraft. Il risultato era uno scatolone immenso che fra i Libri del Dolore, le Prove di Osiride e i segreti del Fuso Martellante, aveva le carte in regola per spingere milioni di giocatori a connettersi su base giornaliera, senza ricorrere al 'grind puro' che abbiamo recentemente incontrato in La Mente Bellica e Armeria Nera.
Il periodo di ricostruzione non sarà facile, perché la fonte di sostentamento rappresentata da Activision ha chiuso i rubinetti, e Bungie ha dovuto virare verso nuovi lidi; il più importante è senza dubbio quello di Stadia, indicato da Smith come l'ecosistema perfetto per la crescita di un titolo in continua espansione e intrinsecamente votato all'online. Una dichiarazione, questa, che dimostra grande fiducia per la struttura server di Google, vista l'importanza della stabilità per la buona riuscita dei raid e delle partite nel Crogiolo.
Il resto dell'opera di assestamento dovrà necessariamente passare per una nuova formula di monetizzazione perché, a quanto pare, la struttura del Pass Annuale sarà lasciata da parte in funzione di un sistema pensato per non dividere i Guardiani, presumibilmente legato a stagioni e microtransazioni. Il tutto si presenterà accompagnato da New Light, versione free-to-play del titolo che introdurrà i giocatori al Sistema Solare, permettendo di accedere alla maggior parte delle attività in forma totalmente gratuita.
La forte deviazione in termini contenutistici è evidente, a giudicare dagli stralci di informazioni trapelati, e passa attraverso un raid che riporterà i giocatori nel cuore del Giardino Nero, culla del finale della prima campagna, riprendendo un filone narrativo che sembrava ormai lasciato da parte. Allo stesso modo il ritorno sulla Luna sottolinea la chiara volontà di ricomporre, un tassello alla volta, le particolari e scenografiche atmosfere dell'opera originale.
C'è qualcosa di Destiny 2 che meriterebbe di sopravvivere alla ristrutturazione? A nostro parere quasi nulla. Con il sistema di personalizzazione del Guardiano destinato ad attraversare il tritacarne RPG, ogni scelta avrà finalmente un reale impatto sul gameplay, portando armi ed armature di nuovo al centro del palcoscenico.
La sfida più difficile sarà rinnovare efficacemente l'intero comparto delle attività legate alla mole di destinazioni. In fin dei conti, Destiny non dovette mai ricorrere a formule simili ai Protocolli di Intensificazione e le Forge per calamitare l'attenzione su base giornaliera; gli bastava affidarsi all'inseguimento di un'arma, a qualche collezionabile, agli assalti Cala la Notte, al Crogiolo e ai raid, senza costruire espedienti pensati unicamente per aumentare le ore di gioco.
Nonostante, attraverso I Rinnegati, Bungie non sia riuscita a riunire tutti i clan ormai divisi, ha avuto dimostrazione della fedeltà dell'utenza "core", quella legata alla sfaccettatura più hardcore di Destiny. I giocatori hanno iniziato ad allontanarsi solo in seguito alle successive iniezioni di contenuti, puntando i riflettori su quel nodo che resta tutt'ora il più intricato: garantire un supporto continuativo che sia abbastanza profondo da legare indissolubilmente i Guardiani all'universo di gioco.
Shadowkeep è senza dubbio un'operazione nostalgia, pensata per integrare elementi familiari ai primi protettori del Viaggiatore. Tuttavia, se dovesse riuscire a cogliere l'anima RPG nascosta dietro il successo del triennio originale, potrebbe resuscitare il re dei games-as-a-service dalle sue stesse ceneri.
Riuscirà Bungie, senza Activision, ad esprimere il massimo del suo potenziale? Mentre restiamo in trepidante attesa, non possiamo fare a meno di porci un'ulteriore domanda: esisterà mai un Destiny 3?