Ruiner - recensione
Hello Darkness!
Quando un gioco viene forgiato nella fucina di Devolver Digital ci sono ottime possibilità che si tratti di un titolo dall'alto tasso di violenza, in cui volano centinaia di schiaffi/proiettili e il sangue scorre come un fiume in piena. Ruiner, un progetto che gli amanti del cyberpunk e dell'azione al fulmicotone stavano tenendo d'occhio da parecchio tempo, non fa certo eccezione e anzi rincara la dose proiettando il giocatore in un mondo decaduto, in cui la carne è contaminata dal silicio e dove la maggior parte dei concetti vengono esplicati attraverso l'uso di armi di grosso calibro.
Proprio come una rissa tra ubriachi, non ci sono grossi preamboli e non appena premuto il pulsante New Game veniamo subito proiettati in mezzo all'azione. Il nostro alter ego non ha memoria del suo passato e il suo volto è coperto da una maschera su cui si avvicendano scritte e immagini proprio come sullo schermo impazzito di un computer. Il nostro incedere è intervallato da messaggi subliminali che ci folgorano repentinamente la retina imponendoci un solo obiettivo: KILL THE BOSS.
Superata la fase iniziale, che funge essenzialmente da tutorial, riusciamo a fuggire per il rotto della cuffia dalla struttura in cui siamo intrappolati e raggiungere la decadente città di Rengkok. Questa è un contorto groviglio di edifici luridi e decadenti abitato da persone che si sono lasciate alle spalle la propria umanità in favore di innesti cybernetici più o meno vistosi. Lei, la ragazza che ci ha aiutato a scappare e la cui voce continua a rimbombarci nella testa, ci informa che l'Organizzazione ha in pugno nostro fratello e che dobbiamo muoverci se vogliamo avere qualche chance di salvarlo.
La città corrotta funge da hub centrale, la gente che ci vive è strana, contaminata da un progresso tecnologico che infettata tutti come una piaga putrescente, ma non per questo meno incline al dialogo. Qui infatti facciamo la conoscenza di vari soggetti che possono fornire strambe missioni aggiuntive oltre a quelle della storia principale. Una tizia con un costume da gatto ci informa che siamo tutti osservati attraverso dei felini robotici, invitandoci ad hackerarli ogniqualvolta incontriamo un bastardello miagolante sul nostro cammino. Una ragazza mascherata e inguainata in una succinta tutina in latex invece dice di far parte della Chiesa del Dolore e ci invita a fare ritorno una volta che avremo sperimentato la morte un numero sufficiente di volte.
Bizzarri incarichi supplementari a parte, la nostra missione primaria ci conduce attraverso i quartieri più malfamati della metropoli e via via sempre più vicini al cuore pulsante della malvagia organizzazione che ha rapito nostro fratello. Ed è proprio qui che Ruiner mette in mostra uno dei suoli lati più riusciti, ovvero il gameplay. Il protagonista senza nome mena di brutto sia con le armi corpo a corpo che facendo uso delle tantissime bocche da fuoco su cui riesce a mettere le mani. Una delle sue abilità più importanti è il dash, utilizzabile sia in tempo reale che tenendo premuto il pulsante relativo e pianificando i salti durante uno slowmotion. Quello che ne consegue è un gameplay frenetico, in cui si schizza da una parte all'altra dello schermo come fulmini vomitando proiettili e menando fendenti su qualunque cosa si muova.
Il titolo, oltre ad una marcata componente action, offre anche un ottimo livello di personalizzazione grazie ad alcune meccaniche GDR. In Ruiner si acquisisce esperienza (chiamata Karma), si sale di livello e si distribuiscono i punti ottenuti in un albero che contiene un buon numero di abilità, ognuna di esse con un ramo di crescita dedicato che la rende più efficace. La peculiare scelta degli sviluppatori permette di redistribuire i punti in qualsiasi momento, permettendoci in pratica di modificare a piacimento la build per consentirci di sperimentare varie strategie durante i combattimenti.
Se al primo impatto questa scelta può sembrare sconsiderata, in un secondo momento ci si rende conto che funziona alla grande. Durante il combattimento contro un gigantesco mostro meccanico dotato di un temibile raggio laser l'abilità Scudo è infatti obbligatoria, mentre se si fronteggiano miriadi di piccoli attaccabrighe potrebbe risultare più efficace rimuovere i punti spesi e reinvestirli nell'Hacking Mentale, utilissimo per corrompere le menti degli avversari e convincerli a passare dalla nostra parte. Questo espediente permette di sperimentare vari approcci e di trovare quello che più si confà alla situazione e al nostro stile di gioco.
Il level design proposto è piuttosto lineare, con i corridoi delle varie ambientazioni intervallati da ampi spazi in cui si combatte all'ultimo sangue con frotte di nemici desiderosi di farci a pezzettini. A spezzare la costante dell'inferiorità numerica ci pensano i numerosi boss e mini boss, quasi sempre legati ad una taglia in karma che possiamo riscuotere non appena avuta la meglio. In effetti alcuni di questi avversari ci sono sembrati fin troppo simili tra loro per tipologie di attacco e approcci al combattimento, e avremmo preferito qualche scontro in meno ma meglio caratterizzato.
Ruiner però non è solo botte da orbi e luci stroboscopiche, ci troviamo infatti davanti ad un lavoro artistico davvero impressionante. Il mondo che ci circonda è cyberpunk allo stato puro, l'aria che si respira è la stessa di Ghost in The Shell o Akira, e le citazioni a queste e tante altre produzioni similari spuntano ad ogni angolo. I dialoghi con i vari NPC (interamente in un inglese non troppo abbordabile) avvengono attraverso schermate fisse realizzate con uno splendido stile fumettoso e, anche se il protagonista è muto, risulta molto più loquace di tanti altri. Tra alzate di spalle, cenni del capo e scrocchiamenti delle nocche, riesce a farsi capire benissimo anche senza spiccicare parola e le immagini che si avvicendano sulla maschera non fanno che accentuare la nostra silenziosa eloquenza.
L'ambientazione è di quelle tanto care agli amanti dello sci-fi torbido e distopico, in cui il metallo si fonde con la carne per creare abomini dalla dubbia umanità. Il lerciume delle strade è rischiarato da luci intermittenti e i minacciosi occhi sintetici delle telecamere scrutano con fare inquisitorio ogni povero diavolo che passa al di sotto di esse. Chilometri di cavi e tubazioni si aggrovigliano e si intersecano tra loro, penetrando nelle viscere di una città come un'impietosa sonda alla costante ricerca di un male già fin troppo palese. Insomma, Ruiner non è un piacere solo da giocare ma lo è anche per gli occhi, con doppia goduria da parte degli amanti del genere.
Per concludere possiamo dirvi che quella che ci troviamo di fronte è una piccola perla, un titolo che miscela un gameplay riuscito e personalizzabile ad un'art direction davvero ispirata. L'avventura presenta una longevità variabile, anche a causa della difficoltà decisamente stimolante che è in grado, anche a livello normale, di far digrignare i denti perfino ai giocatori più navigati. Siamo nell'ordine delle circa cinque-otto ore comunque, tenendo contro dell'inevitabilità di ripetere più volte gli stessi scontri per avere la meglio. Vi consigliamo caldamente l'acquisto sia che siate alla ricerca di un brawler stroboscopico in grado di mettere alla prova i vostri riflessi, sia se siete digiuni di action e volete cimentarvi in qualcosa di stuzzicante.