Runaway: a Twist of Fate
Un’avventura da pazzi!
Buona consolazione a questo neo si può ritrovare negli enigmi che avranno, salvo rari casi, una propria logicità di fondo, evitando il più possibile la classica sindrome del clicca il tutto con tutto che spesso funesta le avventure grafiche.
La complessità è mitigata inoltre anche dal ridotto numero di ambienti in cui di volta in volta vi troverete a muovervi, composti da non più di una decina abbondante di stanze per ogni capitolo: scordatevi le immense location a cui eravate abituati con la vecchia scuola, perché avrete tanti piccoli piacevoli contesti in cui difficilmente perderete la bussola, senza il rischio di scadere nello scontato. Per i più pigri infine un sistema di aiuti vi permetterà di fare quel passaggio che al momento sembra essere impossibile da cogliere.
Vi devo confessare poi una cosa: giocando a Twist of Fate, ho riso. Ho riso davvero di gusto, in più di un’occasione e in maniera sincera. Dopo secoli di storie intrecciate a stretto filo con sangue, sparatorie e violenza, riuscire finalmente a trovare un gioco che riesce a divertire senza esagerare, ma anzi si preoccupa di sfruttare i tempi comici per coinvolgere il giocatore, rappresenta una vera boccata d’aria fresca di cui si sentiva sinceramente la mancanza.
Gli stessi personaggi che incontrerete durante la vostra avventura, nonostante siano tratteggiati per esigenze sceniche in maniera stilizzata, sono uomini e donne che vi entrano in testa, ognuno con la propria storia e la propria vita: difficilmente mi sono mai emozionato tanto per una combriccola di pazzi e la lotta verso la libertà di Brian è la lotta di un genere che vuole dire al mondo che ha ancora qualcosa da dire.
La grafica in cel shading di questo episodio contribuisce sicuramente ad ottenere questo risultato, toccando vette davvero impressionanti: soprattutto nelle scene di intermezzo si ha l’impressione di vedere un cartone animato di ottima fattura, con animazioni convincenti e addirittura una sincronia labiale spesso resa con cognizione di causa. Le animazioni di Brian e della sempre fascinosa Gina (Lara Croft docet), risultano poi fluide e perfettamente inserite all’interno degli ambienti, per lo più ricchi di particolari e di hot-point necessari a reperire qualche indizio e a contestualizzare i vostri obiettivi del caso.
Un’ultima carrellata dedicata alle informazioni di contorno, forse non strettamente necessarie per godervi appieno il gioco ma che comunque hanno il loro perché. Partiamo dal doppiaggio che sfortunatamente a questo giro non contempla il nostro bell’idioma: dovrete infatti accontentarvi solo dei sottotitoli (peraltro mediamente ben fatti) per comprendere al meglio i numerosi dialoghi di cui sono infarcite le peripezie del magico duo. Davvero un peccato, considerato che il precedente capitolo su questo fronte metteva in bella vista uno dei migliori lavori degli ultimi anni.
Anche il prezzo ha subito una leggera impennata rispetto alle ultime esperienze, ma rispetto a produzioni più blasonate si attesta tranquillamente in una forbice accettabile, soprattutto nel caso decidiate di far vostro il cofanetto contenente l’intera serie.
Una volta terminato A Twist of Fate sarete soddisfatti con voi stessi, certi di aver preso parte a una piccola storia che, nel momento in cui abbandonerete il mouse, sarà diventata un po’ vostra. Gabbo, Brian, Gina, il Dr. Bennet e tutti gli altri vi accompagneranno così ancora per qualche tempo, felici ricordi di qualche ora passata assieme.
Le avventure grafiche sono morte. O forse no. Quello che è certo è che giochi come Runaway 3 fanno bene al cuore, alla mente e soprattutto alla voglia di avventura.