Samaritan recensione, i superpoteri non garantiscono la felicità
“Anche i ruderi meritano una seconda occasione”.
Quasi trent’anni fa si era consumato lo scontro definitivo fra due fratelli, dotati di poteri da supereroe, Samaritan e Nemesis. Entrambi fin da ragazzini erano stati perseguitati da uomini che non li avevano compresi, uno ugualmente aveva deciso di lottare a fianco di chi li aveva combattuti, l’altro era cresciuto animato solo dal desiderio di vendetta. Nella lotta finale entrambi erano morti.
Nella fantasia di Sam, tredicenne senza padre e con mamma premurosa ma assente per tirare la carretta, Samaritan è però ancora vivo e il ragazzino segue ossessivamente tutti i programmi e i siti che su di lui ancora favoleggiano (e speculano). Siamo nelle estreme degradate periferie dell’immaginaria Granite City (una specie di desolato Bronx anni ’70), dappertutto rifiuti, casermoni popolari fatiscenti, infiniti accampamenti di homeless e nessuna speranza nel domani. E tutti parteggiano per i cattivi, quindi rimpiangono Nemesis e si fanno beffe di Samaritan.
Sam per racimolare qualche dollaro, per raccogliere le briciole che avanzano dal banchetto dei veri delinquenti, si mette in una brutta compagnia, che lo porta in contatto con il temuto Cyrus, che è una carogna assoluta che fomenta il disagio sociale per creare un’anarchia su cui dominare. Oltre a un arsenale di armi tradizionali pesantissime, è entrato in possesso del martello di Nemesis, arma potentissima.
In tutto il suo imprudente agitarsi, Sam ha coinvolto nelle sue disavventure un solitario dirimpettaio, Joe Smith, un uomo che campa a stento lavorando nella raccolta di rifiuti, fra i quali ogni tanto scova un pezzo buttato via, ma che si può ancora riparare. Nella pace del suo ordinato appartamentino, aggiusta e rivende pezzi del recente passato. Un personaggio schivo insomma, che cerca di passare inosservato, il viso sempre ombreggiato dal cappuccio del suo cappotto.
Dato che l’attore è Sylvester Stallone, nemmeno per un attimo dubitiamo che Sam si stia sbagliando. Prima per pietà, poi per simpatia e forse desiderio di qualcuno con cui parlare, Joe lascia che Sam gli si avvicini. Ma sbaglia perché il ragazzino è imprudente e lo coinvolge in tutto quello che fino allora l’uomo aveva sempre evitato. Per salvare una ragazzina durante uno scontro con gli scagnozzi di Cyrus, Joe deve palesare le sue doti, attirando anche l’attenzione dei media. Quindi Cyrus non può mancare l’appuntamento con quello che ritiene essere il suo unico vero avversario. In una città in blackout e in mezzo alla rivolta, come una Gotham City sotto l’influsso di Bane, ci sarà la resa dei conti.
Il ragazzino Sam è Javon “Wanna” Walton, già notato in serie tv di spessore come Utopia, The Umbrella Academy e soprattutto Euphoria, uno che sicuramente, se riesce a diversificare, ha un futuro davanti. Il suo personaggio è però un po’ irritante e non riesce a giustificare l’affezione di Joe nei suoi confronti. Cyrus è affidato a Pilou Asbæk, attore danese balzato alla notorietà grazie a Game of Thrones, dove anche faceva il “cattivo” con godimento.
Il film è costruito intorno (e sopra e sotto) a Sylvester Stallone, attore/regista/sceneggiatore che è riuscito a mantenere un appeal infrangibile presso i suoi fan nel corso di una carriera lunghissima e altalenante, quanto a qualità. Si è risollevato quando, accettato di essere diventato anziano, ha giocato su questo elemento, usandolo a suo favore. Anche qui infatti è un vecchio stanco, il viso segnato da troppe sventure, con la sua solita smorfia amareggiata, che fa parte di lui e dei suoi personaggi.
E sarà proprio questo affetto ad addolcire molte recensioni, pensiamo. Perché Samaritan, film pronto dal 2020 e del quale era stata programmata un’uscita in sala, ha una trama elementare, che però mostra ugualmente qualche forzatura e qualche contraddizione (non si capisce come mai uno sia invulnerabile alle pallottole ma sanguini occasionalmente se colpito diversamente). Almeno un colpo di scena finale (prevedibile ma non troppo), risolleva la trama dalla banalità più totale. Bragi F. Schut scrive la sceneggiatura, sulla quale ha poi modellato il suo fumetto. Dirige Julius Avery (Son of The Gun e il più riuscito Overlord) restando in equilibrio instabile fra storia di redenzione, di formazione e di genere.
Samaritan è una storia elementare, per ragazzi o per ragazzi cresciuti e nostalgici di Sly, un B Movie che guarda agli anni ’80 anche nell’omaggio a RoboCop (un cabinato in un negozio), con una sua dignità (ed effetti speciali non eccelsi), che ci lascia con saggio monito, pronunciato con convinzione dall’ammaccato eroe: non ci sono bianchi e neri, buoni e cattivi, con cui schierarsi o con cui combattere, in tutti noi c’è il bene e c’è il male e ogni giorno bisogna combatterlo, decidendo da che parte stare.
Se poi si volesse discutere se il film possa entrare a far parte del filone supereroistico, c’è da dire che anche invecchiare è di per sé eroico e invecchiare come Sly ancora di più.