Samurai Warriors 4 Empires - recensione
Il giusto compromesso tra strategia e musou.
Che Koei Tecmo e Omega Force abbiano a cuore la storia del Giappone e il genere dei musou, è ormai cosa risaputa. Tra i tanti titoli da loro prodotti troviamo la serie Samurai Warriors, una delle più famose e prolifiche coi suoi dodici anni di storia. Nata nel 2004 su PlayStation 2 e Xbox, la versione occidentale di Sengoku Musou è riuscita subito ad imporsi come un buon hack 'n' slash capace di tenere testa ad altre produzioni americane ed europee.
Dopo diversi sequel e spin-off su piattaforme domestiche e portatili, Samurai Warriors è approdato anche sull'attuale generazione di console col quarto capitolo della serie regolare, al quale è succeduto un secondo capitolo che più che un seguito era una trovata commerciale poco riuscita. Questa terza incarnazione invece, così come i precedenti titoli Empires, aggiunge una forte componente strategica oltre che alcune novità che ora andremo ad analizzare insieme.
Le modalità principale, ovvero il Conquest Mode, si sviluppa intorno alla storia di diversi personaggi, i quali poi andranno ad avventurarsi in numerosi scenari come la battaglia di Okehazama e quella di Sekigahara. Lo scopo è vincere tutti i vari scenari che il gioco propone, ma il giocatore può decidere anche di continuare ad espandere il proprio impero fino a conquistare l'intero Giappone.
Dopo aver selezionato la difficoltà, e impostato diversi altri parametri come la presenza di figure femminili (le quali porteranno eventualmente anche al matrimonio o al tradimento con il nemico), si comincia a fare sul serio con il sistema politico e gestionale. Attraverso la figura del daimyo partiranno tutti gli ordini, come investire nella coltivazione di riso, cercare oro nelle miniere, istruire le truppe e applicare nuove tasse per la popolazione, mossa che però farà scendere la nostra popolarità tra la gente.
La presenza di consiglieri dislocati nei differenti 'reparti' nel castello, ci aiuta nel difficile compito di far crescere adeguatamente il nostro impero. Durante una singola stagione è possibile impartire un determinato numero di direttive ai consiglieri, i quali però spesso e volentieri propongono investimenti redditizi e vantaggiosi, rispetto se decidessimo di fare di testa nostra.
Una volta terminata la fase politica è tempo di prepararsi per la battaglia, dove riceveremo subito un avviso dal nostro stratega sulla prossima mossa da fare. Nel caso le nostre risorse e truppe fossero in quantità sufficiente per un invasione, inizieremo a selezionare i generali e le truppe da schierare ed eventualmente scegliere altri personaggi di cui possiamo prendere il controllo (oltre al daimyo), contrassegnati dall'apposita icona di scambio.
Maggiore è il numero di truppe che decidiamo di schierare e maggiore sarà il costo del dispiegamento sul campo, che viene condizionato anche da quante provvigioni vogliamo portare con noi. Le provvigioni servono più che altro ad aumentare il tempo totale dell'attacco, che può variare dai 6 a 15 minuti. Ovviamente se la forza del nostro esercito è schiacciante rispetto a quella degli avversari, impostare un limite di tempo più basso sarà più che sufficiente.
Le battaglie prendono la forma del più classico Samurai Warriors, ovvero un musou in terza persona frenetico, ma in questo caso fortemente legato alle scelte politiche e tattiche studiate prima delle invasioni. Oro, risorse, fedeltà, formazione, forza delle truppe e molti altri fattori determinano la nostra percentuale di vittoria contro il nemico, che anche a livello di difficoltà più basso non se ne starà certo con le mani in mano.
Se avete giocato ai precedenti Samurai Warriors non faticherete a riconoscere la maggior parte delle mappe create dal team nipponico, copiate e incollate in maniera abbastanza brutale, ma che in fondo non costituiscono un problema per il gioco.
Lo scopo è sempre quello di conquistare le basi nemiche portando a zero la rispettiva barra posta sulla parte superiore dello schermo, a patto che le truppe nemiche non chiamino i generali e relativi rinforzi. Nel frattempo, ovviamente, dovremo cercare anche di difendere le nostre basi switchando selvaggiamente tra i nostri generali situati in differenti zone della mappa.
In caso di vittoria, oltre alla regione conquisteremo anche provviste, terreni e soldati che eventualmente potremo arruolare nelle file del nostro esercito, mentre quando si perde il procedimento si applica all'inverso. La seconda modalità inclusa in Samurai Warriors 4: Empire è invece il Genesis Mode, nella quale è possibile costruire il proprio scenario personalizzato e confrontarsi in battaglia in maniera del tutto simile in quanto avviene nel Conquest Mode.
Ritorna poi la solita sezione per creare i propri personaggi da zero, scegliendo tra decine e decine di opzioni. Inutile dire che è possibile personalizzare i nostri alter-ego dai capelli agli stivali e modificarne tratti somatici, armature e quant'altro, senza dimenticare le nuove voci e costumi, disponibili anche come contenuti scaricabili.
Inoltre, se sulla console si trovano i salvataggi di personaggi creati coi precedenti capitoli di Samurai Warriors 4, questi possono essere importati in Empires in pochi secondi, senza però conservare i progressi acquisiti in passato.
Se durante le sezioni gestionali Samurai Warriors 4 Empires se la cava con menù e schemi dal piacevole impatto visivo, una volta scesi sul campo di battaglia è il frame rate a sorprendere, con 60 fotogrammi al secondo quasi sempre costanti. Anche durante le ammucchiate poligonali con centinaia di combattenti sullo schermo, il motore di Omega Force è capace di gestire il tutto con estrema disinvoltura, anche se ogni tanto può capitare di incappare in qualche breve rallentamento.
Per agevolare tutto ciò, i modelli poligonali dei guerrieri e delle ambientazioni ne hanno naturalmente risentito in termini di dettaglio, ma questo compromesso è obbligatorio in un titolo del genere. I personaggi sono comunque abbastanza dettagliati da risultare godibili alla vista e soprattutto essere riconoscibili durante le mischie, specie mentre si va a caccia del generale o il daimyo di turno. Troviamo poi le sezione Vault, dove sono raccolte tutte le sequenze sbloccate fino a quel momento, i modelli poligonali dei personaggi con le rispettive biografie, e l'immancabile juke-box dove ascoltare le musiche.
Chiudiamo parlando della versione per PlayStation Vita, già disponibile per il download mentre leggete queste righe. Tralasciando l'ovvia differenza in termini tecnici, il porting sulla piccola console Sony è pressoché identico alla controparte per PlayStation 4.
Data l'assenza dei due grilletti, i tasti L2 e R2 sono stati assegnati al touch pad posteriore e non sempre fanno il loro dovere in battaglia, ma per il resto non abbiamo riscontrato alcun altro problema che penalizzi l'esperienza. Anche le sezioni musou non risentono dell'enorme numero di poligoni delle truppe avversarie, ma non aspettatevi di affrontare la stessa quantità di guerrieri presenti su PS4.
L'unica vera pecca è l'assenza del cross-buy. Se siete intenzionati ad acquistare entrambe le versioni del gioco per trasferire i vostri salvataggi da una piattaforma all'altra, preparatevi a sborsare diverse decine di euro, dato che non sono nemmeno previsti sconti o incentivi.
Difficile quindi consigliare Samurai Warriors 4 Empire ad un pubblico estraneo al genere strategico, mentre se apprezzate le classiche ammucchiate dei musou e più in generale i titoli ambientati nell'era Sengoku, l'ultima fatica di Omega Force potrebbe fare al caso vostro.
Nonostante qualche pecca nel gameplay e il non eclatante comparto tecnico, Samurai Warriors 4 Empires riesce comunque a proporre un buon mix tra azione e tattica, con una solida longevità e una buona dose di contenuti.