Sbatti Favij in prima pagina - editoriale
Dalle figurine al film: perché il fenomeno da Torino non va sotto né sopravvalutato.
"Siamo la Factory del talento social che crea contenuti per mettere in connessione le persone". Sono queste le due righe che in rete descrivono molto meglio di quanto sembri Web Stars Channel, l'agenzia dietro il fenomeno FaviJ.
A proposito, questo articolo avrebbe dovuto concentrarsi sulle ultime peripezie dello youtuber più famoso d'Italia (mentre scriviamo più di un milione e seicentomila iscritti al suo canale), nello specifico menzionando il recente album di figurine Panini a lui dedicato e il film, Game Therapy, un racconto fra Tron, Space Jam e, s'immagina, una bella quantità di cazzeggio che il prossimo ottobre vedrà la web star torinese folleggiare in sala col sodale Federico Clapis, quello di Behind a Selfie per intenderci.
Un film costato 2 milioni e 200mila euro ai portafogli di Indiana Production (cui si devono anche Il capitale umano e La prima cosa bella di Paolo Virzì) e, appunto, di Web Stars Channel, la fabbrica warholiana del talento social iperconnesso. Il fatto (il condizionale di poco sopra) è che ritengo impossibile disgiungere FaviJ dal fenomeno che rappresenta, ergo dal fine operato di Web Stars Channel; un fenomeno che mi sembra molto più profondo e rappresentativo di quanto superficiali analisi pro e contro il personaggio raccontino.
Premessa: chi scrive non conosce nel dettaglio la moltitudine di contenuti che il PewDiePie italiano e l'autore delle hit Masturbation e Finocchio di luce periodicamente sottopongono a un pubblico di 10 milioni di fedelissimi. Post premessa: la premessa conta zero. Importa piuttosto che anche chi vi scrive abbia la percezione di quanto FaviJ e Clapis fanno in rete. Dimostra la loro efficacia comunicativa (non a caso già capitalizzata in passato da Clapis, enfant prodige dei nuovi formati pubblicitari e della comunicazione teen).
Rivela quanto bene abbiano saputo interpretare il cambio di paradigma relativo alla produzione e alla distribuzione dei contenuti nei tempi moderni (ancora, il claim Web Stars Channel). Lo stesso che tanti canali tradizionali, fra carta stampata e responsabili di palinsesto, sono ancora lì a tentare di interpretare.
Piacciano o meno (questione del tutto secondaria) FaviJ e Clapis sono fra i migliori interpreti italiani di quella produzione dal basso che per molti pensatori contraddistingue, o dovrebbe contraddistinguere, la rete; sono testimoni(al) della connettività pervasiva e costante, dell'aderenza progressiva fra il pubblico e suoi paladini, sempre più in contatto, sempre più simili per passioni e attitudini condivise. E per questo molto allettanti per chi, a quel pubblico, voglia vendere qualcosa. Ecco perché FaviJ e Clapis sono l'omologo della scena rap oggi così in voga in Italia: si sono fatti le ossa sulla strada (digitale), hanno una credibilità solida presso il loro pubblico e sono allettanti maître à penser per chi abbia visto erodersi la propria capacità di interpretare i gusti del pubblico.
Qui intervengono Web Stars Channel e un secondo fenomeno in corso, vale a dire la convergenza di stelle e stelline del web verso i canali di comunicazione tradizionali. Ancora, succede nel rap (Marracash lo allude addirittura in un suo singolo recente, In radio), come altrove. Si pensi a Frank Matano prima fra le Iene, poi a Italia's Got Talent o al cinema con Claudio Bisio, a Maccio Capatonda, digital star ante litteram e oggi campione d'incassi col suo Italiano medio, o agli imminenti approdi in sala di The Pills (in produzione) e The Jackal (in pre produzione, secondo indiscrezioni non ufficiali).
Bella roba, diranno i maligni. Come si può passare indenni dal web (dalla TV) al cinema? Basterebbe chiederlo ai Benigni, ai John Belushi e ai Dan Aykroyd, ai Woody Allen e pure a Carrie Fisher, quella che fra un Martini cocktail, una puntata del Saturday Night Live e un altro Martini cocktail, ha dato vita eterna alla principessa Leila.
Addirittura? Ma è inaccettabile paragonare Belushi a FaviJ! Vero, tanto che nessuno lo sta facendo, per quanto gente come The Pills e The Jackal dimostri di essere tutt'altro che analfabeta in quanto a grammatica cinematografica e a performance interpretative. Quel che si va sostenendo è che tizi come FaviJ e Clapis hanno capito meglio di molti esperti i meccanismi e la direzione della produzione contenutistica coeva. E che agenzie come Web Stars Channel ne hanno fiutato e amplificato il potenziale prima degli altri.
Onore al merito. Non è un caso che la sceneggiatura di Game Therapy tratti uno dei temi oggi più attuali, la contiguità fra virtualizzazione e realtà quotidiana. O che Panini, leader mondiale di figurine a card da collezione nonché segugio dei fenomeni di costume fra i giovanissimi, si sia interessata a un let's player sabaudo.
La questione incresciosa, semmai, è che FaviJ venga invitato a dir la propria in quanto esperto, anzi, "genio del web" (sic.!) su argomenti a lui impropri come la violenza nei videogiochi. Un fatto verificatosi in Rai, non nella mia parrocchia. Ma, beninteso, il problema non è certo del diciannovenne. È piuttosto l'indice di un "giornalismo" (virgolette volute) che predilige il clamore all'approfondimento o che, in malafede e a tesi, punta a ridimensionare una voce del dibattito. Un po' come quando Michael Moore intervista Britney Spears per canzonare i sostenitori di George W. Bush in Fahrenheit 9/11.
Non ne abbia FaviJ per il paragone. Ma preferiamo limitarci a quel che fa. Oggi, in primis a detta sua, lungi dall'essere un portavoce vuole divertire il suo largo pubblico. Tutto qui (come fosse poco). Un domani, forse, farà l'esperto. Di certo, l'attore.
In attesa di quel momento non si sottovaluti il fenomeno rappresentato da Web Stars Channel, Favij o Clapis. Men che meno lo si sopravvaluti. Ci si limiti a valutarlo a ragion veduta. Per poi, al limite, tornare a ignorarlo. Una factory di contenuti social iperconnessi sa bene che possono far parte del gioco anche solo 15 minuti di celebrità.