Sekiro: Shadows Die Twice - recensione
ll giudizio finale sull'avventura del Lupo di Ashina.
È spesso capitato, nell'industria dei videogiochi, che durante il volgere al termine del ciclo di vita di una generazione di console, gli sviluppatori, capaci ormai di sfruttare ogni bit dell'hardware a disposizione, riescano a tirare fuori dal cilindro i titoli capaci di segnarla per sempre.
Più che un segno, Hidetaka Miyazaki lasciò una cicatrice quando decise di seguire la propria visione artistica, infischiandosene con geniale sfrontatezza delle regole di un mercato che al tempo coccolava i giocatori occasionali.
Il fenomeno dei Souls è partito, come tutte le rivoluzioni, dal basso. Dalla quasi anonimità di King's Field prima e Demon's Souls poi, la situazione si è ribaltata con Dark Souls per dare finalmente gloria al designer giapponese, che nel frattempo aveva prenotato un posto nell'Olimpo del media dando prova del suo talento con un'opera tanto diversa quanto fedele ai propri stilemi, Bloodborne. Oggi, con Sekiro, assistiamo alla più recente diramazione nell'evoluzione di questa formula vincente.
Le saghe di From Software sono state talmente influenti da modificare il nostro linguaggio di giocatori e generare una lunga serie di cloni, che si sono al massimo appena avvicinati alla sofisticata complessità degli originali. Così, quando il primo teaser della nuova produzione ci ha mostrato quello che abbiamo poi scoperto essere un braccio meccanico insanguinato, le speculazioni dei fan si sono infiammate come mai prima di allora per un titolo di questo genere. Un nuovo Tenchu? O l'agognato successore di Bloodborne? Pur avendo un appellativo diverso, abbiamo scoperto che Sekiro: Shadows Die Twice non si discosta così tanto da queste ipotesi.
È per questo che parliamo di diramazione dal ceppo principale. Anche stavolta From Software ha confezionato un prodotto figlio dell'esperienza lunga oltre una decade, plasmata per ottenere un risultato che conserva tutti i crismi necessari a farci dire che è un vero "Souls-like", pur presentandosi in una veste differente.
Come probabilmente già saprete da tutte le notizie che vi abbiamo riportato in questi mesi, in Sekiro non creeremo un personaggio di nostra scelta ma saremo chiamati a vestire i panni del Lupo, uno shinobi al servizio della Dinastia Hirata, ormai straziata dalla lunga guerra contro il Clan guidato da Isshin Ashina.
Siamo alla fine dell'era Sengoku, intorno al sedicesimo secolo, un'ulteriore novità per From Software che per la prima volta ambienta un suo titolo in un preciso periodo della nostra storia, e ci porta nell'affascinante Giappone feudale. L'ultimo erede Hirata è stato preso prigioniero, e siamo chiamati al nostro dovere di fedele shinobi.
Le somiglianze con i suddetti protagonisti delle speculazioni sul teaser, trovano subito campo aperto nell'azione primaria di Sekiro: come in Tenchu, interpretiamo un ninja capace di occultarsi nell'ombra, e come in Bloodborne avremo solamente la nostra abilità nella spada a farci da scudo. Il Lupo ha un volto, un carattere e un'anima ben definita, così come lo sono le sue abilità nel combattimento. Niente più parametri per armi o armature ma precise capacità per sfuggire alla vista e alle armi del nemico, ed essere letali come un lampo.
I richiami a Tenchu si fanno più espliciti quando scopriamo i tanti modi per arrivare silenziosamente al nemico, ad esempio accostandosi ad un muro per spiare oltre di esso e origliare la conversazione tra due soldati incauti, oppure quando compiamo un'azione tanto semplice quanto impossibile negli altri Souls di From: saltare a piacimento.
Salti, salti a parete, nuoto e agganci alle sporgenze con un rampino, sono solo alcune delle possibilità di movimento concesse ora in Sekiro. Armato della sola Kusabimaru nella mano destra e un'intera protesi meccanica come braccio sinistro, il Lupo si sposta in maniera fulminea sul campo di battaglia, ed evita i colpi soprattutto con la schivata, come in Bloodborne.
Dove invece troviamo grandi e importanti discrepanze con la tradizione del genere, è nella mancanza della barra della stamina e nella presenza di una cruciale chance in più nel combattimento: la possibilità di risorgere. Da quando è stato rivelato dallo sviluppatore che sarebbe stata presente questa meccanica, tanto si è detto tra i fan più accaniti, come che fosse voluta, insieme ad un tutorial, dal nuovo publisher, per rendere il gioco più semplice e adatto anche agli "hardcore gamer".
Non vi illudete. Sekiro è un degno erede di ciò che i Souls ci hanno insegnato nel tempo: la fortuna qui non esiste: o imparate a sfruttare tutti i mezzi a vostra disposizione o vedrete la schermata di "morte" infinite volte. Non c'è resurrezione che tenga. I giocatori esperti sanno che in questo genere non è quanta vita o quante ne avete a disposizione a fare la differenza, le run di Dark Souls con personaggi nudi armati di clava si sprecano in rete. Non solo, la resurrezione è un elemento cardine della trama: il Mal di Drago è una malattia che colpisce una persona nel mondo ogni volta che tornerete in vita.
Siamo già molto avanti nel gioco e siamo sicuri di poter affermare che Sekiro è un gioco estremamente difficile dove morirete decine di volte anche di fronte ad un solo boss. Vi basti pensare che la consegna di questo articolo ha subito un ritardo per via di uno di questi nemici, particolarmente ostico. Questo concetto di difficoltà è da contestualizzare per forza di cose alla filosofia dei Souls-like che abbiamo amato. From Software non applica questa visione semplicemente aumentando il numero di nemici, i loro punti salute e via dicendo, ma anzi vi pone di nel mezzo di complesse ragnatele da cui districarsi, tentativo dopo tentativo, morte dopo morte, mettendovi a disposizione tutti gli strumenti necessari a farlo.
L'avventura del Lupo non fa eccezione e il feeling che si prova fin dai primi minuti è lo stesso di sempre. Così come alcune fondamenta, ad esempio quella del falò, chiamati Idolo dello Scultore, dove ripristinare punti salute e risurrezione, o spostarsi istantaneamente verso un altro Idolo già scoperto in passato. Immancabili le fiaschette per recuperare subito vitalità o anche il nexus principale, quella pagoda dove riposa lo Scultore, colui che ha salvato Lupo e gli ha impiantato la protesi al posto del braccio sinistro perso nella battaglia contro Lord Genichiro. Il braccio meccanico non è solo un rampino utile per spostarsi in un attimo sui punti più alti, e potremo tornare nel nexus ogni volta che scopriremo un suo nuovo utilizzo e vorremo farcelo installare dallo Scultore.
Nonostante non siano presenti punti da assegnare alle diverse categorie come una volta per creare build diverse, possiamo comunque scegliere quali protesi utilizzare e quali colpi speciali imparare per prima, tramite un semplice albero di abilità. Le famose anime che collezionavamo nei vecchi Souls sono infatti state sostituite da una barra dell'esperienza, che ad ogni riempimento genera un punto spendibile, e dalle monete e dai consumabili che possono farci potenziare i "giocattoli" che installiamo sul braccio sinistro. Il senso di progressione è comunque consistente, salvato dall'ottimo ritmo nell'ottenere nuove mosse e miglioramenti, capace di generare anche del sano farming, quando necessario..
Ciò proprio perché Sekiro ci ha convinto fin da subito che, nel combattimento, è senza ombra di dubbio complesso e travolgente come i suoi predecessori, con degli accenti assolutamente personali. La distinzione qui la fa il colpo mortale, un solo potente colpo che mette fine alla vita dell'avversario. È possibile arrivarci in due modi: o prendendo il nemico di sorpresa, o rompendo la difesa avversario colmando la sua barra dell'equilibrio, resa un vero e proprio indicatore nell'interfaccia. Un colpo parato, deviato o portato a segno va ad incrementare la quantità nella barra, e bisognerà avere riflessi fulminei per ottenere questo risultato. Il rammarico per la mancanza del PvP, è dato proprio dalla validità del combat system. Ci sarebbe piaciuto sfidare altri giocatori all'ultimo affondo in arene pensate appositamente, dove magari poter utilizzare il rampino e le abilità prostetiche per scontri spettacolari.
Il nuovo sistema, senza troppi giri di parole, funziona. È adatto al gameplay che un gioco come Sekiro vuole metterci a disposizione e anche alla storia che vi racconterà. Ogni duello si trasforma in pochi attimi in un movimento di corpi fluido e ogni colpo è un passo di una cruenta danza, e nelle sfide con i boss si raggiunge l'apice della spettacolarità. Coadiuvato dal sapiente level design, firma d'autore, le aree che esploreremo lasciano molta libertà di approccio, sia che preferiate agire a singhiozzi con le abilità stealth, sia che vogliate scontrarvi a muso duro con gli avversari.
Nel primo caso si nota come From abbia saputo orchestrare aree e posizionamento di nemici in modo tale da creare quel puzzle di elementi da distinguere in precedenza, per poi buttarsi nell'azione più letale possibile. Ci sono due soldati in un tempio, un arciere sul tetto e cane da guardia sotto una sporgenza. Da dove partire? E come reagire? Questo e mille altri pensieri vi terranno in sospeso per lunghi istanti.
Abbiamo poi notato come molti scontri non siano evitabili tramite questi sotterfugi, e si debba per forza arrivare al duello. In un caso o nell'altro, ponderare e non sottovalutare ogni singola azione è di vitale importanza per non ritrovarsi trafitti da una spada, anche del più semplice dei soldati, o peggio ancora da un manipolo di essi. Regola dei Souls, dei veri Souls.
Eravamo dubbiosi e scettici sul fatto che l'assenza completa di meccaniche ruolistiche a supporto del gameplay potesse risultare trascurabile; che le ore non più impiegate a esplorare i diversi moveset delle armi o a perdersi nel tipico "fashion-souls", potessero essere colmate. Eppure, completata la storia comprendiamo come From Software abbia confezionato il nuovo titolo per essere completo così com'è. Merito di una storia appassionante, sostenuta da una narrazione solida e da un gameplay appagante, che dà fondo alle nostre energie in combattimenti estenuanti e che c'impegna in meticolose indagini per scoprire tutte le sfaccettature di un mondo multiforme ed eterogeneo. Per essere un action la quantità di contenuti è assolutamente valida, come testimoniano le quasi quaranta ore che abbiamo impiegato per finire la prima "run", e le molte altre che spenderemo per scoprire tutti i misteri di Sekiro.
Finora il viaggio del Lupo ci ha portato ad esplorare, faticosamente uno scontro dopo l'altro, alcune aree davvero caratteristiche ed evocative. La regione di Ashina da cui siamo partiti rispetta minuziosamente gli stereotipi a cui siamo abituati a pensare quando ci riferiamo al Giappone feudale, ad esempio attraverso la rappresentazione di aree montane con templi e canneti, intervallati da corsi d'acqua e alte pagode. Anche la colonna sonora sottolinea momenti di raccoglimento come di alta tensione, grazie agli immancabili strumenti classici giapponesi, hyoushigi e biwa compresi.
Il lungo viaggio che ci separa dall'erede di Hirata si dipana tra i tanti misteri che Ashina ci nasconde ma stavolta la sensazione di far parte di qualcosa più grande è data dalla magia infusa negli elementi del Giappone reale. Anche se l'unico riferimento divino è il Buddha, sono l'origine e le ripercussioni del Retaggio del Drago a tenere i fili di una trama profonda e complessa, al pari dei predecessori di Sekiro.
Una caratteristica che salta subito all'occhio è il processo con cui questo mondo è stato progettato, che ruota attorno a una rottura col passato: la verticalità. Quello che era un elemento secondario nelle altre produzioni, qui è un valore aggiunto ai livelli, già di per sé ben costruiti. Dirupi, castelli e montagne esaltano l'agilità dello shinobi, che trova sfogo in un paesaggio nel quale può sfruttare tutte le sue abilità che un tempo non avremmo mai associato ai portatori del segno oscuro o ai cacciatori. Tant'è vero che spariscono anche i famosi ascensori. Questa nuova prospettiva è stata implementata magistralmente nell'esplorazione e nel combattimento con l'uso del rampino, immediato da assimilare e semplice da utilizzare, per farci compiere acrobazie aeree tra una parete e l'altra.
Un altro aspetto sul quale ora possiamo pronunciarci è quello dell'efficacia del comparto tecnico. Nonostante un motore che sente il peso degli anni sulle spalle, e che non riesce a portare su schermo modelli o effetti grafici particolarmente complessi, alcuni scenari ci hanno davvero impressionato. È la regia che fa la differenza arricchendo le arene dei boss o i luoghi chiave del nostro cammino con una cura per i dettagli fuori dal comune. Sembrando puntare più al cuore, che agli occhi. Lo sviluppatore è riuscito a ottenere il meglio con quanto a disposizione costruendo scenari poetici, sempre coerenti e resi protagonisti del racconto tanto quanto i dialoghi dei personaggi.
Sekiro dunque non manca il bersaglio e rappresenta il perfetto adattamento del collaudato approccio di From Software al Giappone feudale, vantando uno stile unico e confermando ancora una volta l'abilità di uno studio dal talento immenso.
I timori di avere a che fare con un'esperienza edulcorata si dissipano dopo i primi minuti, quando si capisce che anche stavolta sarà necessario sudare sette camicie anche per il più semplice degli scontri. Questo rappresenta anche il peso da mettere sull'altro piatto della bilancia: come già accadeva in passato, questo genere resta assolutamente ermetico, adatto solamente a chi sia disposto a mettere sul piatto il tempo e la sopportazione necessari a essere ricompensati da un appagamento senza pari. Armatevi quindi con la pazienza e la concentrazione necessarie: quelle di uno shinobi.