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Seven: The Days Long Gone - recensione

Da ex CD Projekt RED arriva un RPG che prova a rivoluzionare il genere.

CD Projekt RED. Tre parole che nell'attuale panorama videoludico nascondono diverse chiavi di lettura possibili. Il pensiero va subito a The Witcher e a Cyberpunk 2077, alle opere di un team relativamente giovane che è passato dal distribuire giochi altrui nella propria nazione a essere un pilastro di quella stessa nazione insieme a team come Techland, The Astronauts e People Can Fly. Non si può non pensare all'incredibile rapporto che la software house ha instaurato con il pubblico, divenendo in breve tempo simbolo di trasparenza in un'industria che gli utenti guardano sempre più con distacco e diffidenza.

Questo team si è trasformato per molti appassionati nell'eccezione che dimostra come realizzare AAA single-player sia assolutamente possibile anche senza proverbiali patti con il diavolo, senza pratiche economiche discutibili e predatorie ma anzi andando anche a riesumare il vecchio e caro concetto di vera espansione. Ma come abbiamo già sottolineato CD Projekt RED ha significato e significa molto per tutta la Polonia, anche perché ha formato non pochi professionisti del settore.

Proprio alcuni di questi professionisti hanno deciso di seguire la strada indie e di appoggiarsi al sostegno di IMGN.Pro (Kholat) per dare vita a un'opera che sin dall'annuncio ha inevitabilmente attirato l'attenzione. Fool's Theory ha presentato Seven: The Days Long Gone come un RPG isometrico e post-apocalittico che si ispira a Thief. Rimanere di stucco di fronte a quella che sembra un'accozzaglia di generi e influenze senza né capo né coda è più che legittimo ma in realtà Seven è ancora più complesso di quel che ci si aspetta, dato che all'equazione decide di aggiungere anche il parkour. Il classico progetto troppo ambizioso per il proprio stesso bene? Scopriamolo insieme.

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Antichi e Demoni. Due fazioni che per anni hanno lottato senza esclusioni di colpi facendo dell'intero mondo un gigantesco campo di battaglia flagellato costantemente dalla più inaudita violenza. Anche quando il conflitto cessò una volta per tutte, ai Figli della Guerra non rimase che spartirsi ciò che era rimasto: le macerie di un passato migliore. Tante fazioni più o meno importanti che si contendono pezzi di terra che non valgono neanche lontanamente il sangue su di essi versato. L'umanità sembra completamente allo sbando, priva di una guida che sappia creare una speranza vagamente credibile di un futuro che possa essere considerato quanto meno degno di essere vissuto.

Poi dal nulla spunta Drugun, un uomo apparentemente tanto illuminato quanto potente che diventa lentamente un vero leader totale attraverso la formazione dell'Impero di Vetrall. L'umanità torna ad assaporare la prosperità e inevitabilmente l'ingordigia, la voglia di benessere e di potere. In un mondo che nonostante tutto continua a essere profondamente corrotto e con pochissime opportunità di vera redenzione si muove Teriel, un protagonista che di eroico non ha assolutamente nulla. Teriel è, infatti, un ladro, sicuramente un ottimo ladro ma pur sempre un criminale come tanti, come troppi. Almeno fino a quando l'ultimo ambizioso colpo ideato insieme al collega Vaetic non dà il via a una serie di eventi che cambieranno per sempre la vita del ladro e addirittura di tutto Vetrall.

Nelle 31 ore di gioco in cui abbiamo completato la quest principale e diverse missioni secondarie (chi cerca il completismo potrebbe molto probabilmente superare tranquillamente le 40 ore), abbiamo esplorato l'isola prigione di Peh scoprendo un universo di gioco a dir poco particolare, che unisce misticismo, spiritualità, tematiche religiose e politiche, magia e tecnologia dando vita a un ammasso di influenze ed elementi che nonostante tutto sa funzionare. Il mondo di Seven non è perfetto, inciampa in alcuni cliché ma sa anche stupire e coinvolgere appoggiandosi su diversi personaggi doppiati in Inglese (tutto il gioco è comunque localizzato in Italiano, non una cosa da poco per una produzione indie) con una complessivamente buona prova attoriale, e su qualche colpo di scena e una manciata di chicche da non sottovalutare.

Cupo, violento e senza pietà. Il mondo di Seven ci mette davvero poco a darci il suo particolare benvenuto.

Un mondo e una trama che rischiavano di rivelarsi un miscuglio raffazzonato, riescono comunque a incuriosire e a dimostrare come l'idea di unire tanti elementi diversi in un collage apparentemente troppo confusionario possa tutto sommato essere considerata vincente. A questo punto la domanda sorge spontanea: la stessa cosa si può dire anche del gameplay?

Partendo da una base da RPG isometrico con la possibilità di ruotare la telecamera Fool's Theory ha aggiunto all'equazione elementi action, stealth e parkour cercando di coniugare anime non certo naturali per un'impostazione isometrica. L'obiettivo degli sviluppatori polacchi era molto preciso: creare un gioco che garantisce una grande libertà di approccio e che si sviluppa anche in verticale grazie alle buone capacità atletiche di Teriel. Più che un RPG puro Seven sembra sotto molti aspetti il fratello isometrico di Dishonored.

Gli elementi ruolistici si fanno indubbiamente sentire ma non aspettatevi una crescita di livello o il classico utilizzo dei punti esperienza. L'anima RPG dell'opera non disdegna di certo l'utilizzo di statistiche sia per il protagonista che per l'equipaggiamento ma allo stesso tempo non si basa su skill tree classico Nel mondo di gioco sono sparse diverse abilità attive e passive e upgrade alle statistiche e il tutto è governato da un sistema di chip in grado di accogliere una serie di skill diverse. In base al chip scelto (del ladro o dell'assassino per esempio) è possibile inserire abilità peculiare e plasmare un personaggio il più possibile su misura.

Per quanto atipica e priva di alcuni capisaldi del genere, l'anima RPG è assolutamente intatta.

Nelle prime fasi ci sono dei limiti evidenti alle abilità equipaggiabili (ognuna ha un costo in termini di Nettare e inizialmente le nostre risorse sono piuttosto scarse da questo punto di vista), ma proseguendo si possono combinare alcune chicche niente male tra una sorta di teletrasporto (si, proprio come quello di Dishonored), la possibilità di rallentare brevemente il tempo o ancora una breve invisibilità. Ma ciò che spicca davvero a livello di gameplay è sicuramente il notevole sistema di movimento.

Camminata, corsa ma anche scatto e la possibilità di muoversi accovacciati. Semplicemente da queste varianti è possibile comprendere come il combattimento non sia di certo l'unica e la prima scelta di fronte alle varie missioni che abbiamo affrontato. Soprattutto nelle prime fasi dell'avventura molti nemici sono decisamente troppo forti per essere affrontati apertamente e l'esplorazione e lo stealth sono in diversi casi una scelta quasi obbligata. Salire sui tetti, cercare strade alternative, muoversi di soppiatto tra i cespugli e osservare le routine nemiche diventano delle abitudini spesso fondamentali per portare a compimento delle quest che, con una buona varietà, spaziano da delle particolari fasi investigative a delle missioni di infiltrazioni.

Il combattimento vero e proprio non è esattamente il piatto forte di Seven ma tra armi da mischia e dalla distanza dotate di pattern diversi, attacchi base e potenti, schivate, parry e gadget come trappole e granate da sfruttare strategicamente non possiamo che premiare una varietà complessiva da non sottovalutare. Una varietà mastodontica di situazioni che probabilmente è un'inevitabile arma a doppio taglio per un team tutto sommato di piccole dimensioni.

La rapina perfetta… o quasi.

Teriel può effettuare backstab dall'alto o alle spalle, soffocare i nemici lasciandoli incoscienti per un breve lasso di tempo, borseggiare gli npc, scassinare porte e casseforti (digitali e non) hackerare terminali di varia natura, travestirsi indossando ogni singolo pezzo di armatura di una certa fazione per agire indisturbato, craftare potenziamenti ed equipaggiamenti più avanzati. Tutto tra l'altro all'interno di un open-world dalle dimensioni tutt'altro che trascurabili soprattutto se si pensa allo sviluppo verticale che affianca quello classicamente orizzontale.

In diversi casi si ha così l'impressione che Seven osi troppo per il proprio stesso bene, e diverse magagne tecniche purtroppo lo dimostrano. Al di là di due crash (in più di 30 ore non sono certo molti tutto sommato), l'Unreal Engine sfruttato da Fool's Theory mostra alcune crepe a livello di performance e per quanto a livello artistico il lavoro sia tutto sommato di buona qualità con uno stile che ricorda vagamente quello di Borderlands, trovarsi di fronte a cali di frame rate e a diversi bug non è di certo giustificabile dal livello di dettaglio o dalla quantità di oggetti a schermo.

Allo stesso tempo ci sono anche dei problemi con la gestione della telecamera che, soprattutto nelle prime ore, cozza con la grande libertà di esplorazione e con uno sviluppo verticale non sempre gestibile al meglio con una visuale isometrica. Anche l'IA non è perfetta e alcuni comportamenti vanno probabilmente modificati pesantemente. La gestione dei travestimenti, in particolare, necessita un bilanciamento importante perché la sensazione di avere a che fare con una abilità troppo potente è palpabile in più di una situazione. Fortunatamente gli sviluppatori sono davvero molto attivi e stanno costantemente pubblicando nuove patch rispondendo prontamente al feedback di critica e giocatori.

Quello legato all'hacking è solo uno dei minigiochi sfruttati dai ragazzi di Fool's Theory.

In bocca c'è un retrogusto dolce/amaro mentre scriviamo le ultime righe di questa recensione. Un retrogusto dolce/amaro perché sappiamo quanto Seven: The Days Long Gone possa significare per tutto il genere degli RPG isometrici. Perché ci sono tanti momenti in cui l'impostazione molto particolare e aperta adottata dall'opera dei ragazzi di Fool's Theory dimostra un potenziale incredibile per un'intera tipologia di produzioni. In più di un'occasione abbiamo fantasticato sognando un mondo così aperto ad approcci diversi e all'esplorazione su più livelli all'interno di altri grandi RPG isometrici e indubbiamente speriamo che le idee di questo team possano a tutti gli effetti proliferare, magari in un sequel o in progetti di altre software house.

Ma se tutto questo può essere considerato il "dolce" di Seven, non possiamo ignorare completamente l'"amaro" che affligge questa opera. In diverse occasioni la magia di un mondo e di un lore molto curati e di un mix tra stealth, action/RPG e parkour davvero interessanti si spezza di fronte a bug, a una gestione della telecamera piuttosto complicata e a una IA spesso claudicante.

Seven: The Days Long Gone è un gioco che ci piacerebbe promuovere a pieni voti ma che purtroppo zoppica e incespica in problematiche che ci hanno spinto più volte a pensare che la software house abbia osato troppo, spinta da ambizioni che probabilmente neanche i team più blasonati riuscirebbero a realizzare a pieno. Un gioco che è una rivoluzione riuscita a metà, che fa sperare per dei cambiamenti di questo tipo anche in altri franchise ma che non riesce a scrollarsi di dosso la definizione di diamante (molto) grezzo.

7 / 10
Avatar di Alessandro Baravalle
Alessandro Baravalle: Si avvicina al mondo dei videogiochi grazie ad un porcospino blu incredibilmente veloce e a un certo "Signor Bison". Crede che il Sega Saturn sia la miglior console mai creata e che un giorno il mondo gli darà ragione.

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Seven

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