Sex Education (seconda stagione) - recensione
“Niente sesso, siamo Inglesi”.
Se già l'adolescenza è un periodo infernale, reso tale da insicurezze, frustrazioni, dubbi su se stessi e sull'intero universo, aggrediti da una fortissima spinta sessuale che assai di rado trova adeguato sfogo, cosa potrebbe renderla peggiore?
Una madre, Jean (Gillian Anderson nel suo massimo fulgore di donna matura), professionista vincente, sicura di sé e affascinante sessuologa d'avant garde, applica con la massima serenità i suoi libertari principi nella vita quotidiana, davanti al traumatizzato pargolo. Che altri non è che Otis, il protagonista della serie inglese Sex Education, distribuita da Netflix. Il quale è costretto ad abbozzare, devastato però non solo dall'invidia per tanta disinvoltura, ma perché si sa che la Mamma ha il sesso degli angeli.
L'azione si svolge nella pacifica campagna inglese, nella contea di Monmouthshire, nel liceo di Moordale, dove i ragazzi convergono pedalando dai loro cottage persi nel verde (anche il posteggio di case-auto dove vivono i meno fortunati è lindo e ben organizzato) e sembra che tutti parlino e pensino solo al sesso.
L'ambiente è quello descritto infinite volte, in tanti film e serie TV, quello della High School alla quale sembra difficile sopravvivere senza danni, anche se qui tutto è declinato in una chiave più leggera, anche quando si trattano temi che possono diventare in un attimo drammatici (le molestie sessuali, l'omofobia, la misoginia di molti maschi). Sempre gli adulti sono incapaci di dare le giuste risposte, essi stessi in cerca di guida.
Otis dovrebbe studiare e costruirsi un futuro e invece il tempo sembra passare fra beghe con i "colleghi", incomprensioni con gli insegnanti, solo a tratti illuminati dalle confidenze con l'unico amico Eric, gay con i suoi problemi famigliari.
Nella prima stagione Otis aveva creato una specie di "clinica del sesso", grazie alla sua esperienza conseguita sul campo, data la convivenza con cotanta madre. In quella veste dispensava a pagamento i suoi consigli, tutti di buona qualità. In questa attività era aiutato da Maeve, ragazza ferita dalla vita, ostile e chiusa, della quale si era innamorato.
Non immaginando di essere ricambiato, alla fine della stagione aveva però ufficializzato la sua relazione con un'altra compagna di scuola. Intorno ai protagonisti si era mosso un "coro" di personaggi di contorno, tutti alle prese con i propri problemi irrisolti, tutti costretti a fingere una sicurezza completamente assente, impegnati a recitare un ruolo di facciata.
Ma non si creda che la serie televisiva inglese Sex Education si riduca a questo: la storia, scritta dalla quasi esordiente Laurie Nunn, parla dei soliti complicati rapporti fra ragazzi in periodo liceale, con un tono diverso dal solito, accentrandosi sul sesso di cui si parla con lodevole libertà, dispensando nella finzione saggi consigli che potrebbero essere utili anche per lo spettatore (la serie è vietata ai minori di 14 anni).
Quindi le ambasce dei ragazzi, argomento scontato anche se messo in scena in modo brillante, sono narrate con un taglio istruttivo. Le situazioni descritte certo sono estreme ma anche chi non fosse per sua fortuna coinvolto in tali paradossali avvenimenti potrebbe ricavare un messaggio utile, che vale anche per gli adulti.
Arrivati alla seconda stagione, ritroviamo il gruppetto dei protagonisti nel proseguimento dei propri difficili equilibri. Otis ha imparato benissimo a masturbarsi ma la semplice idea di un rapporto completo può gettarlo nel panico, mentre non riesce ancora a capire quale sia il suo vero interesse amoroso. Cosa che accade anche a Eric, diviso fra un amore vecchio e uno nuovo.
Nel continuo alternarsi di sicurezza e imbarazzo, spigliatezza e timidezza, voglia di esserci e paura di provarci, tutti i personaggi proseguono lungo la strada accidentata che porta alla maggiore età. Dove sappiamo che i problemi non si risolveranno con un colpo di bacchetta magica (basta guardare i personaggi adulti per rendersene ben conto).
Ma a peggiorare una situazione instabile, quale atroce evento può scatenarsi sulla testa del povero Otis, già provato dalle avventure della prima stagione? Che la sua disinvolta mamma venga assunta come consulente sessuale proprio nel suo liceo, dopo una falsa epidemia di clamidia che ha dimostrato l'impreparazione degli insegnanti e l'ignoranza che degenera nell'isteria di alunni e genitori. La stagione si concluderà, dopo svariate disavventure e incidenti di percorso, con una surreale versione alieno/sexy della storia più romantica di tutte, Romeo e Giulietta.
Si conferma così un cast assai ben scelto: Otis è Asa Butterfield, protagonista di Hugo Cabret, Il bambino con il pigiama righe, Ender's Game, Miss Peregrine, che qui si sottrae al filone dei tanti film in cui è stato il tenero e indifeso ragazzino che sgranava i suoi innocenti occhioni azzurri, per un ruolo più variegato. Ottimi anche tutti gli altri ragazzi, tutte facce vere, mai convenzionali, specie le ragazze, ognuno alle prese con personaggi ben scritti, sfaccettati. Ugualmente ben scelti gli adulti tra cui il rigidissimo preside, il padre lontano di Otis, l'amante di Jean.
Il disagio di vivere qui non ha niente a che vedere con faccende sociali, con questioni razziali: tutto gira intorno al terribile problema di essere adolescenti in un mondo di adulti, non ancora in grado di occuparsi autonomamente di se stessi e costretti a sottostare a regole che sembrano, e talvolta sono, assurde. Con una spinta propulsiva verso l'esterno che manda a sbattere disastrosamente, in mancanza di appropriate indicazioni.
Come dirà la madre di Otis, i rapporti con i ragazzi dovrebbero essere fondati sulle tre T: trust, talking, truth (consigliamo come sempre la versione originale, non fosse altro che per ascoltare Gillian Anderson e il suo accento). Eppure in quel marasma qualcuno trova l'amore, qualcuno esplora il sesso, qualcun altro trova il proprio interesse, in generale si prepara a vivere per conto proprio. Perché si sopravvive. Grazie a Dio infatti, dopo raffigurazioni spesso più tragiche, qui il tono è sempre leggero, spesso umoristico, nella rappresentazione di situazioni paradossali.
Senza drammi come in 13 o The End of the F***ing World, perché già solo districarsi dall'adolescenza basta e avanza, senza ipocrisie moralistiche, la serie continua ad affrontare problemi (o vissuti come tali) serissimi, che spaziano fra impulsi omosessuali, conoscenza delle meccaniche del proprio corpo, pulsioni sessuali in generale, perfino l'aborto.
Intanto tutti i personaggi si evolvono, qualcuno non ce la fa a liberarsi dalle proprie ristrettezze mentali, qualcuno almeno le ammetterà. In questo modo però il tono perde un poco dell'irriverente leggerezza della prima stagione e la narrazione, nonostante i ricorrenti sprazzi di "politica scorrettezza", finisce per assomigliare ad altre Teen Comedy, restando pur sempre trasversale. Anche l'evoluzione della madre, con la scoperta tardiva che un cuore non funziona meccanicamente come la vagina, lascia un po' scettici. Eppure la conclusione di questa stagione, che lascia molte cose in sospeso, è ben scritta, perché ogni azione di ragazzi e adulti ha una sua comprensibile motivazione, a tratti toccante.
I ragazzi sono soli nel momento in cui la Natura li spinge con grande violenza in direzioni che non conoscono, che non sanno decifrare, con cui non sanno come rapportarsi. E a dare risposte, se un tempo c'erano gli amici di gioco, oggi c'è Google. Ma le meccaniche dell'amore, che non è amicizia e non è solo sesso, sono misteriose e non c'è consulente che le possa spiegare.
Purtroppo ogni generazione di ragazzi sarà quella degli adulti di domani e quei ragazzi diventeranno a loro volta genitori: possibile che questa catena di problemi, di complessi, di ignoranza non si possa mai spezzare?
Almeno con Sex Education ne ridiamo, anche se con un poco di amarezza finale.