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Shadow of the Tomb Raider - prova

Ci siamo persi nella giungla con Lara per cinque ore!

È la terza volta che Square-Enix ci mette di fronte all'imminente conclusione della nuova trilogia targata Tomb Raider. Nella prima occasione abbiamo vissuto quella che potremmo definire un'introduzione prevalentemente narrativa, con una leggera infarinatura al gameplay delle tombe. Poi, nel corso dell'E3, vi abbiamo raccontato qualcosa in più riguardo il tono generale dell'opera e alcune meccaniche che gli sviluppatori hanno deciso di mostrarci. Questa volta, invece, i membri del team dietro Shadow of the Tomb Raider hanno letteralmente scelto di sguinzagliarci nella giungla del Perù, mettendo a nostra disposizione una build semi-definitiva da esplorare in totale libertà per più di 5 ore.

Cosa abbiamo imparato nel corso dei sempre più frequenti incontri con l'ultimo titolo dedicato a Lara Croft? Che la giovane archeologa è maturata al punto da diventare una donna forte, decisa e forse anche troppo determinata. Una donna che, pronta a tutto per raggiungere il proprio obiettivo, non si rende conto di star provocando conseguenze tragiche per migliaia di innocenti. Nel battesimo del fuoco per la vera Tomb Raider l'atmosfera si fa estremamente oscura, e in più di un'occasione abbiamo dovuto fisicamente farci largo tra decine di cadaveri. Una tinta nera che trova spazio in ogni sezione del gameplay, toccando il suo apice nelle brutali trappole lasciate in eredità dalle violente civiltà precolombiane.

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Ricapitolando ciò che già sapevamo, Lara si reca nella località messicana di Cozumel per recuperare un misterioso manufatto dalle grinfie della pericolosa organizzazione Trinità. Nel corso di un tragico Dia de Los Muertos, le melodie latine che rallegravano le strade addobbate a festa hanno ceduto il posto a centinaia di urla disperate, impotenti di fronte alla mostruosa forza della natura; un danno collaterale provocato dall'implacabile cacciatrice di tombe: mentre il carnevale illuminava la notte del golfo, Lara si stava calando sopra al mare in tempesta, pronta a saccheggiare un'antichissima rovina Maya. Inconsapevolmente, la ragazza stava avviando le apocalittiche conseguenze di una profezia dimenticata.

Così ha inizio Shadow of the Tomb Raider, capitolo fortemente orientato verso la lotta tra luci e ombre nella caratterizzazione della protagonista, quasi a ricordare l'eclissi vista nei trailer. Il sentiero celeste disegnato dai Maya punta al cuore della giungla peruviana, meta che diventa un'ossessione per la nostra pericolosissima Lara; fortunatamente la ragazza è accompagnata dal fedele amico Jonah, personaggio piuttosto banale che tuttavia assume il ruolo di voce della ragione, placando i bollenti spiriti della dottoressa Croft. E così ha avuto inizio anche la nostra prova: abbiamo deciso di prendere il tempo che ci serviva, completando la prima area quasi al 100% e sbirciando parte della seconda, mettendo sotto la lente di ingrandimento tanto le novità quanto le meccaniche riproposte.

La giungla peruviana è caratterizzata in modo eccellente e, nella sua natura intricata e claustrofobica, ha poco da spartire coi vasti panorami dell'episodio precedente. I versi degli animali, la fitta vegetazione, le pozze di fango e gli scorci sulle cascate delineano un orizzonte che, seppur ridotto, trasmette il feeling della pericolosa avventura in puro stile Indiana Jones. Il setting riceve un supporto fondamentale dalla presenza delle tombe precolombiane, ed è proprio in questi incontri che si raggiungono misteriose valli dimenticate che si estendono a perdita d'occhio, dove piramidi a gradoni e antiche rovine ospitano trappole brutali e reliquie di un mondo perduto.

La resa estetica delle tombe e la complessità degli enigmi sono senza dubbio le componenti che hanno beneficiato dei miglioramenti più importanti. Ogni sfida è tanto bella da vedere quanto spettacolare da risolvere.

Il vero punto di forza della foresta pluviale sudamericana è quello di prendere vita attraverso le interazioni di Lara: possiamo coprirci di fango e diventare invisibili nel fogliame che si inerpica lungo le pareti rocciose, nasconderci tra le fronde prima di piombare sui nemici e sfruttare l'intero ecosistema per scatenare il caos nelle pattuglie della Trinità. Nel corso del primo scontro coi giaguari, Shadow of the Tomb Raider mette le cose in chiaro: se Miss Croft vuole sopravvivere, deve diventare il predatore alfa della giungla. Le fasi di combattimento, infatti, brillano quando affrontate con ispirazione felina, mescolando l'approccio stealth e l'assalto diretto, eliminando un nemico e svanendo nel nulla.

Ciò che ha fatto passi da gigante è il design delle cripte e delle tombe. Le prime hanno subito un'evoluzione impressionante rispetto ai capitoli precedenti, e a questo punto le uniche differenze rispetto alle tombe vere e proprie risiedono nella definizione e nell'assenza di una spettacolare cornice ambientale. I veri scorci mozzafiato, infatti, si trovano proprio nel corso della ricerca delle tombe sfida, ben nascoste negli stretti passaggi tra le liane e circondate da cenote, cascate e grotte fuori dal tempo. Non basta più aprire la mappa per localizzare la prossima rovina: bisogna usare l'ingegno e destreggiarsi nella vegetazione, per poi affrontare enigmi all'altezza della resa estetica e meccanismi dalla fisica piuttosto realistica.

Finalmente queste attività regalano ricompense uniche che possono spaziare da abilità a costumi impossibili da ottenere in altri modi. Il sistema delle risorse, invece, è rimasto invariato nella raccolta di decine di materiali disseminati per i meandri della giungla; l'inserimento dell'economia e la presenza di numerosi mercanti sparsi per i vari hub mettono il giocatore di fronte a una scelta: spendere i materiali per rendersi la vita facile in combattimento, oppure conservare le risorse in attesa di poter craftare pezzi di equipaggiamento particolarmente incisivi e potenziamenti per le armi.

Non mancano ovviamente scorci mozzafiato, nonostante l'orizzonte si sia parzialmente ridotto a causa della fitta vegetazione della giungla. Di contro, la possibilità di trovare panorami nascosti regala un sapore migliore all'intero comparto esplorativo.

C'è da dire che, per quanto abbiamo potuto vedere, l'offerta generale del titolo non ha assolutamente subito rivoluzioni: l'esplorazione delle aree iniziali mantiene praticamente le stesse caratteristiche dell'ultima istanza con le sopracitate tombe, cripte e risorse affiancate da monoliti, sfide, kit di sopravvivenza e forzieri del tesoro. Abbiamo tuttavia affrontato una missione secondaria particolarmente interessante e piuttosto ben caratterizzata, ma si è trattato di una piccola parentesi all'interno di una sezione piuttosto vasta.

Se l'identità di Tomb Raider è rimasta saldamente ancorata al modello recente, Eidos Montreal e Crystal Dynamics hanno invece passato la lucidatrice su gran parte delle componenti tecniche e di gameplay. Il feeling generale del controllo di Lara è cresciuto notevolmente e l'inserimento di numerose sezioni acquatiche ha dato modo agli sviluppatori di lavorare a lungo su questa feature, inserendo animazioni complesse e curando dettagliatamente il movimento subacqueo. Ci ha stupiti l'attenzione dedicata alla fisica delle stoffe e dei capelli, che possono contare su un ottimo livello di dettaglio e riescono a dare l'idea della mole di miglioramenti cui è stato sottoposto l'intero comparto grafico.

Anche il level design ha potuto contare su un buon lavoro di rifinitura, e la navigazione delle mappe ne ha sicuramente beneficiato. Proseguendo nella trama abbiamo potuto aprire degli shortcut per raggiungere le aree precedentemente esplorate, e spesso ci siamo trovati di fronte a diversi metodi per raggiungere un determinato obiettivo. A nostro parere, l'esperienza guadagna tantissimo valore e un ottimo grado di realismo quando affrontata con meno agevolazioni possibile: non si tratta di vere e proprie facilitazioni del gameplay, ma piuttosto di quanto siano semplici da individuare le pareti scalabili e punti di appiglio; è interessante anche la nuova meccanica legata alla corda, che Lara può sfruttare una volta agganciata alle pareti per calarsi lentamente o oscillare prima di un salto.

Nel titolo non mancano sequenze spettacolari che trasudano passione e una maniacale attenzione ai particolari. L'intera sezione di gioco di Cozumel è sorprendente, anche perché rappresenta una novità assoluta nella saga di Tomb Raider.

Oh Lara, quanto sei cresciuta! La ragazza celebra Schwarznegger nel film Predator, pitturandosi il volto e diventando invisibile prima di abbattere i nemici con esecuzioni piuttosto cruente. Come emerso dalle precedenti anteprime, Lara ha ben poco da spartire con quella fanciulla gemente incontrata agli esordi del fortunato reboot, e la trilogia dedicata all'innocenza perduta sembra trovare inevitabilmente la sua conclusione alla fine di questo episodio. Da questo punto di vista la narrativa può contare su una base interessante coadiuvata da strutture di gameplay nel complesso soddisfacenti: la festa a Cozumel, per quanto povera di azione, era fantasticamente curata e coinvolgente, mentre la sezione di trama ambientata in Perù è stata la migliore esperienza di gioco da noi testata fino a questo momento.

Se la caratterizzazione delle ambientazioni, delle architetture e delle culture locali è realizzata con estrema attenzione, lo stesso non si può dire delle interazioni tra i protagonisti. Il principale punto debole emerso dalla nostra prova risiede proprio nei dialoghi scontati e ricchi di luoghi comuni, oltre che interpretati con poca enfasi dai doppiatori in lingua originale. Da una parte c'è il meraviglioso e originale sfondo nato dalla commistione tra l'eredità dei Maya e degli Inca, ma al centro della scena mancano la personalità e la credibilità che invece caratterizzano la narrativa in opere come Uncharted, al quale non possiamo fare a meno di paragonare l'ultima fatica di Square-Enix.

C'è da dire che ci siamo fermati proprio nel momento del primo incontro con la città perduta di Paititi, recentemente apparsa in un ViDoc dedicato, ed eravamo ben lontani dai momenti clou della sceneggiatura. L'esperienza ludica è invece cresciuta sotto ogni punto di vista e, nonostante qualche piccolo bug nelle arrampicate dovuto all'apprezzabile bassa frequenza di sezioni scriptate, funziona alla grande nel connubio tra i miglioramenti al gameplay e l'evidente salto di qualità nel comparto grafico. Merita una menzione speciale la gestione del sonoro, che propone in modo convincente i suoni della giungla aumentando piacevolmente la profondità dell'immersione.

Queste sono reali immagini di gioco, e sono piuttosto impressionanti. Abbiamo affrontato questa sezione e l'intelligenza artificiale nemica non ha esitato a punirci più volte, forte di un'evoluzione importante rispetto al passato.

Shadow of the Tomb Raider è un titolo eloquente, e suggerisce senza mezzi termini il tono dell'intera opera. Un momento d'ombra per la nuova Lara, che giunta alla fine del percorso deve confrontarsi, oltre che con il destino del mondo intero, con il suo stesso lato più oscuro. Il 14 settembre potremo finalmente toglierci ogni dubbio: la conclusione del viaggio di formazione della dottoressa Croft non introduce novità rivoluzionarie, ma va a limare tutti gli spigoli delle istanze precedenti e ad alzare il livello di difficoltà in modo più che soddisfacente. A questo punto non ci resta che scoprire se il sole tornerà a brillare sulla giovane Lara, che si riconferma inequivocabilmente donna d'azione per eccellenza nell'universo videoludico.

Avatar di Lorenzo Mancosu
Lorenzo Mancosu: Cresciuto a pane, cultura nerd e videogiochi, i suoi primi ricordi d'infanzia sono tutti legati al Super Nintendo. Dopo aver lavorato dentro e fuori dall'industry, è finalmente riuscito ad allontanarsi dalle scartoffie legali e mettere la sua penna al servizio di Eurogamer.it.
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Shadow of the Tomb Raider

PS4, Xbox One, PC

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