Shadow Warrior 3 Recensione: Qualcuno vuole un po' di Wang?
Il ritorno di Lo Wang in uno shooter divertentissimo e dal ritmo indiavolato.
Su queste pagine non abbiamo mai perso occasione per tessere le lodi della serie reboot di Doom. Il secondo capitolo in particolare, Eternal, ha saputo conquistarci, esaltarci, entusiasmarci come pochi altri sparatutto dell'ultimo decennio, grazie ad una sapiente commistione tra canoni classici del genere e importanti avanzamenti tecnologici sia sotto il profilo tecnico che sotto quello più puramente ludico.
Proprio per questo motivo, molti stanno tentando di replicare la formula delle nuove avventure dello Slayer ma praticamente nessuno ci è andato vicino come i polacchi Flying Wild Hog con il loro Shadow Warrior 3, episodio conclusivo della trilogia iniziata nel 2013 dedicata al leggendario ninja metropolitano Lo Wang.
Dopo un primo capitolo fortemente ancorato ai dettami degli fps arcade dei primi anni 2000 e un controverso sequel che aveva assunto i connotati del loot shooter à la Borderlands, con tanto di equipaggiamento personalizzabile, missioni secondarie e tutti i crismi del caso, siamo finalmente giunti alla fine della corsa, un'ultima missione che si spoglia di tutte le (inutili) complicazioni inserite in Shadow Warrior 2 per portare ai fan un'esperienza dal ritmo forsennato con una struttura ampiamente ispirata a quella di Doom Eternal.
La storia riparte esattamente dove l'avevamo lasciata: nel tentativo di sigillare un portale dimensionale che minacciava di frantumare la Terra, Wang, Zilla e Kimiko hanno accidentalmente liberato un potente drago ancestrale, pregno di energia magica che si è abbattuto come un flagello sulla nostra realtà.
Ritroviamo Wang immerso nell'autocommiserazione per il fallimento della precedente missione e per la perdita dell'amico Hoji (il dio dell'inganno intrappolato nella maschera che porta legata alla vita) mentre, fuori dalla finestra, il drago sta conducendo l'intero pianeta sull'orlo dell'Apocalisse.
Proprio quando tutto sembra perduto, Orochi Zilla fa di nuovo la sua comparsa e rivela a Wang un piano per abbattere la minaccia e risolvere la crisi. Il nostro ninja preferito però sembra aver perso la sua verve, il suo incauto ottimismo, la sua naturale propensione verso il becero (e adorabile) umorismo. Insomma, ha smarrito il suo Mojo.
Una inaspettata rivelazione da parte di Zilla e Kimiko, nonché la prospettiva di affrontare un nemico tanto potente, sembra poter ravvivare lo spirito del ninja che si lancia a capofitto in quella che si rivelerà essere la sua missione più pericolosa in assoluto.
Sebbene la trama di Shadow Warrior 3 sia stata tratteggiata come poco più di un mero pretesto per fiondare il giocatore nelle intense sequenze di combattimento di cui vi parleremo tra poco, va reso merito a Flying Wild Hog di aver saputo caratterizzare i suoi personaggi in modo davvero irresistibile.
Lo Wang è sagace, tagliente, sempre con la battuta pronta e sempre propenso a regalarci qualche delizioso riferimento alla cultura pop. Vi possiamo garantire che fare a pezzi orde di demoni mentre il protagonista canticchia 'Another one Bites the Dust' dei Queen è un momento che non dimenticheremo facilmente. E il bello è che si tratta solo di uno di molti esempi che potremmo fare.
Anche i comprimari hanno goduto di un lavoro di caratterizzazione simile con interventi dai tempi comici pressoché perfetti e dialoghi che riusciranno a strapparvi più di un sorriso. Non vi aspettate eclatanti colpi di scena o particolari approfondimenti psicologici: l'intenzione alla base di Shadow Warrior 3, semplicemente, non è quella.
Lo studio polacco ha voluto confezionare un omaggio accorato ai B-movie d'azione di fine secolo scorso e lo ha fatto nel migliore dei modi, rendendolo scanzonato, ultra-citazionista e tremendamente sopra le righe.
D'altra parte, in un mondo in cui gli FPS diventano sempre più seriosi e alla spasmodica ricerca del più freddo realismo, Shadow Warrior 3 (proprio come la sua illustre musa ispiratrice) rappresenta una sorta di oasi nel deserto in cui regna una sola regola: quella del divertimento più puro e incondizionato.
Ed è una filosofia che è stata applicata anche alla formula di gameplay che è, senza mezzi termini, tra le più galvanizzanti che abbiamo provato in tempi recenti. Come dicevamo, alla base, Shadow Warrior 3 ricalca in modo quasi pedissequo quanto visto in Doom Eternal: Lo Wang può navigare gli ambienti di gioco in modo fulmineo grazie a un sistema di movimento impreziosito da scivolate, schivate e doppi salti, utili per spostarsi nello scenario ma anche fondamentali in fase di combattimento per aggredire i nemici e per eseguire repentine manovre evasive.
Nonostante il nostro alter-ego sia dotato di numerose tecniche di ingaggio, oltre ad un corposo arsenale di armi, tuttavia, lo schema di comandi adottato da Flying Wild Hog risulta sufficientemente intuitivo da renderci completamente autonomi già dopo pochissimi minuti di gameplay.
Una volta padroneggiate le abilità del ninja, vi ritroverete ad affrontare le centinaia di yokai che vi sbarreranno il cammino saltando a mezz'aria, evitando i colpi in entrata e esibendovi in veementi contrattacchi, come in una danza di piombo e lame dall'elevatissimo tasso di spettacolarità.
Il gunplay imbastito dal team di Flying Wild Hog funziona alla grande. È frenetico, fluidissimo e, soprattutto, incredibilmente piacevole da sperimentare, grazie anche ad un arsenale alquanto nutrito. Dimenticate le migliaia di armi presenti nel precedente capitolo che, a dispetto della quantità, risultavano tutte piuttosto simili tra loro nell'utilizzo pratico: qui Lo Wang può fare affidamento sul suo immancabile revolver, su una coppia di mitragliette, su un potente fucile a pompa a tamburo e su tante altre sorprese che preferiamo non anticiparvi. E ritorna, naturalmente, anche l'inseparabile e affilatissima katana Dragontail, essenziale per farsi strada passando letteralmente attraverso i nemici ma anche per scatenare devastanti poteri elementali.
Lo diciamo in tutta franchezza: siamo rimasti genuinamente sorpresi nel vedere quanto tutti gli strumenti di morte in dotazione a Lo Wang siano stati valorizzati con un proprio carattere e con effetti unici che li rendono più o meno efficaci rispetto alle diverse tipologie di nemici. Ciò si traduce in scontri a fuoco viscerali, violentissimi e sempre elettrizzanti, anche dopo diverse ore di gioco. Davvero un ottimo lavoro.
Proprio come negli ultimi Doom, inoltre, anche in Shadow Warrior 3 sono state introdotte le cosiddette Glory Kill, le violente esecuzioni che consentono di sferrare un terribile colpo di grazia contro il malcapitato di turno. A differenza dei titoli di id Software, però, qui vengono gestite tramite un indicatore posto in basso a sinistra che va riempito a suon di uccisioni oppure raccogliendo gli appositi pickup sparsi per le mappe.
Il team di sviluppo, però, ha ben pensato di reinterpretare questa meccanica: a seconda del nemico che subirà l'eliminazione tramite Glory Kill, infatti, Lo Wang potrà ottenere dei bonus differenti, come un boost temporaneo alla barra della salute o granate congelanti utili a immobilizzare interi gruppi di avversari.
Se si riesce a portare a termine un'esecuzione su alcuni mostri speciali, inoltre, si può avere temporaneamente accesso alle loro armi in modo da seminare il panico tra le orde di yokai che si affollano nelle varie ambientazioni. Questi 'Gore Tool' sono tanti e assolutamente fuori di testa, tutti piuttosto diversificati tra loro e tutti davvero spassosi da usare.
E poteva mancare il Rampino? No, perché 'ormai tutti ne hanno uno'. Quello in dotazione a Lo Wang già pochi minuti dopo l'inizio della campagna può essere utilizzato sia per completare delle semplici sezioni di platforming ma anche per accorciare le distanze coi nemici aggrappandosi a loro oppure per tirare a sé barili esplosivi e granate, in modo da poterli poi respingere verso gli avversari.
Nell'economia del gameplay di Shadow Warrior 3, inoltre, è stata data particolare importanza all'interazione ambientale che può essere sfruttata a proprio vantaggio per infliggere danni ingenti alle orde di yokai che il gioco continuerà a scagliarci addosso di continuo. Le ambientazioni, infatti, sono disseminate di trappole, pareti appuntite e tanti altri pericoli di cui ci si può servire per avere ragione dei nemici più coriacei.
In tal senso, il gioco ricorda un po' il mai troppo osannato Bulletstorm di People Can Fly (che per pura coincidenza è un altro studio di sviluppo polacco, ndR) che è stato tra i primi a tentare di porre l'accento sull'estrema spettacolarità dell'azione e sulla necessità di utilizzare l'ambiente per sopravvivere. E se non è un punto a favore questo...
Si tratta dunque di un titolo assolutamente privo di difetti? Ovviamente no. Il primo che ci viene in mente è l'eccessiva linearità del level design che, se da una parte garantisce situazioni adrenaliniche e ben coreografate, dall'altra sacrifica totalmente l'esplorazione, togliendo quasi del tutto spazio a segreti da scoprire o qualsivoglia attività secondaria (non ci sono nemmeno i classici collezionabili opzionali, tanto per fare un esempio).
Una volta raggiunti i titoli di coda dopo le circa 6/7 ore necessarie a portare a termine l'avventura, non avrete alcun motivo per continuare a giocare, soprattutto considerando che non ci sono nemmeno modalità accessorie o altri contenuti da sbloccare.
Un altro difetto che non va sottovalutato è il livello di sfida, sensibilmente tarato verso il basso. A livello di difficoltà medio, Shadow Warrior 3 è un'autentica passeggiata di salute per via delle abilità devastanti del buon Lo Wang e di una distribuzione fin troppo generosa dei pickup della vita, delle munizioni e delle Glory Kill. Probabilmente, se siete giocatori rodati del genere, vi converrà iniziare il gioco direttamente alla difficoltà più alta per potervi cimentare in un confronto degno di questo nome.
Che dire, infine, del comparto tecnico? La presentazione visiva di Shadow Warrior 3 tradisce un po' la sua natura last-gen con modelli poligonali poco definiti e qualche texture a risoluzione più bassa ma, fortunatamente, la direzione artistica ispiratissima e un'effettistica di prim'ordine riescono a compensare queste mancanze portando su schermo un titolo davvero gradevole da vedere in movimento. L'assoluta fluidità dell'azione garantita da un frame-rate piuttosto stabile, infine, chiude il quadro di una realizzazione tecnica alquanto curata.
Nota di merito per il doppiaggio in inglese, sempre ben recitato e adatto ad enfatizzare le battute taglienti dei vari personaggi e anche per la colonna sonora composta da brani heavy metal che ben si sposano con la velocità dei combattimenti.
Attenzione però: Shadow Warrior 3 allo stato attuale non include la lingua italiana né nei sottotitoli, né tanto meno nell'audio: per quanto si tratti di un titolo fondamentalmente accessibile e facile da seguire, tenete a mente questo dettaglio se state ponderando l'acquisto.
In definitiva, Shadow Warrior 3 ha saputo conquistare il nostro cuore. È un titolo fortemente derivativo dagli ultimi Doom di id Software ma fa davvero poco per nasconderlo e il risultato è molto migliore di quanto fosse lecito sperare.
Se cercate uno shooter frenetico, folle, citazionista e dannatamente divertente a cui dedicare 6 o 7 ore tra un open world e l'altro (che ultimamente hanno preso d'assalto il mercato), l'ultima opera di Flying Wild Hog e Devolver Digital potrebbe fare al caso vostro.