Shadows on the Vatican - Atto I: Avarizia - review
Avventura all'italiana…
Ci sono due aspetti che devono essere considerati quando si parla di avventure grafiche: il primo è che stiamo parlando di produzioni destinate a un pubblico di nicchia se raffrontato con altre produzioni tripla A. Il secondo, diretta conseguenza del primo, è che questa ristretta cerchia di eletti conosce vita, morte e miracoli di ogni avventura grafica.
In un simile contesto, la speranza che qualche eroe riesca a portare una ventata di aria fresca è così castrata dall'osservanza da parte degli sviluppatori dei canoni per non scontentare fan adagiati su strutture collaudate, e capaci così di essere rassicuranti nel loro classico punta e clicca.
Quando però la conoscenza del genere si incontra con la capacità di proporre trame e ambientazioni che vadano aldilà di temi abusati quali tesori nascosti o belle da salvare, andando a toccare invece tematiche di interesse e di stretta attualità, allora qualcosa nell'animo dell'avventuriero si smuove: riciclaggio di denaro, influenze del Vaticano sulla vita pubblica e complotti all'ombra della Cupola di Michelangelo, sono infatti argomenti che raramente trovano spazio nel mondo dei videogiochi.
Caso vuole che questo felice connubio sia (finalmente) opera di un team tutto italiano, 10th Art Studio, qui alla sua prima prova ufficiale, e che alla fine del primo di una serie di quattro episodi si intravedano diversi motivi per cui potreste prendere in considerazione l'acquisto di Shadows on the Vatican.
Innanzitutto è doveroso partire proprio dalla trama: tratta liberamente dal romanzo "In God's Name" di David Yallop, Avarizia (questo il nome del primo dei quattro atti previsti) ci porta a conoscere James Murphy, un ex prete in visita a Roma per incontrare un amico al Vaticano. Quella che però si preannunciava essere una gita di piacere, si rivelerà essere ben presto una faccenda dai contorni più oscuri, a causa del quasi omicidio del prelato in circostanze ovviamente poco chiare.
"La trama vedrà legare lo IOR alle sorti di una piccolo istituto di credito e ad alcuni personaggi della malavita romana"
Da qui in poi il ritmo narrativo subisce una decisa impennata, non tanto nella velocità di gioco, sempre alquanto compassata, quanto nell'inserimento di diversi tasselli all'interno di un mosaico che vedrà legare lo IOR (Istituto per le Opere di Religione, ndR) alle sorti di una piccolo istituto di credito e ad alcuni personaggi della malavita romana. Insomma, sicuramente un inizio non convenzionale per gioco appartenente a questo genere.
A fronte però di un intreccio narrativo che, come avrete capito, spende bene le frecce al proprio arco, l'intera esperienza risulta limitata dallo scarso numero di ambientazioni che il giocatore si trova a visitare. Aggiungete il fatto che alcune di queste risultano addirittura inaccessibili con il proseguo dell'avventura e capirete perché l'entusiasmo iniziale tenda a scemare velocemente, assestandosi su livelli di routine che si tradurranno in un'analisi limitata dei pochi elementi a disposizione.
Certo, si tratta pur sempre di un episodio volto a presentare un quadro complessivo delle vicende, seminando quello che verosimilmente verrà raccolto con i prossimi titoli, ma la sensazione che se ne ricava è più di una mancanza di risorse che di un vero e proprio espediente narrativo.
"L'intera esperienza risulta limitata dallo scarso numero di ambientazioni che il giocatore si trova a visitare"
Dove tuttavia emerge con maggior chiarezza la conoscenza del genere, frutto verosimilmente di anni di vero e proprio "gioco sul campo", è nella strutturazione degli enigmi, parte fondante di qualsiasi avventura. Discretamente vari nella tipologia, sempre molto logici ed esenti dalla sindrome della "caccia al pixel" o del "prova tutto con tutto", risultano infatti essere una buona prova per l'avventuriero medio, con addirittura alcuni picchi capaci di deliziarne l'ego in maniera arguta.
Nel complesso, pur nella brevità di SOTV, da questo punto di vista non ci si può quindi lamentare se non dell'eccessiva pignoleria relativa al numero di passaggi richiesti per un singolo enigma, quando la soluzione dello stesso è ben chiara nella mente del giocatore. Un difetto che crediamo sia legato a doppio filo con la tensione degli sviluppatori di fronte alla loro prima prova ufficiale, che li porta ad essere troppo lineari per evitare di perdersi qualche elemento lungo la strada. Qualcosa di più in futuro è lecito aspettarselo…
La stessa linearità ad esempio si riflette anche nei dialoghi, semplici botte e risposte nei quali non è richiesto alcun intervento particolare al giocatore, se non un semplice "click" per proseguire nello scambio verbale. Peccato, perché se fosse stato fatto qualcosa anche in questo ambito, sicuramente SOTV avrebbe potuto ambire a valutazioni migliori.
Spostando l'analisi al punto di vista tecnico, tutto il gioco è basato sul Wintermute Engine, un motore open source che permette di ottenere risultati soddisfacenti per un genere mai troppo avaro di risorse grafiche. Se però gli ambienti sono sostanzialmente curati, con alcune chicche stilistiche qua e là, quando andiamo a vedere la resa poligonale dei protagonisti il salto tecnico ci riporta a contesti di diverse ere fa.
Tutti i modelli risultano infatti legnosi e poco ricchi di particolari, così come le espressioni facciali e le animazioni, spesso ripetitive e ridondanti nel voler proporre ogni azione nei minimi particolari: una scelta probabilmente poco azzeccata vista anche la resa finale, che spero venga abbandonata nei prossimi episodi.
"La longevità non fa gridare al miracolo, pur nella consapevolezza che stiamo parlando di un'avventura in formato episodico"
Anche la longevità poi non fa gridare al miracolo, pur nella consapevolezza che stiamo parlando di un'avventura in formato episodico: arrivare a toccare le tre ore richiederà l'analisi di ogni schermata nei minimi particolari, procedimento che peraltro non è strettamente necessario per il proseguo dell'avventura.
Le note finali di interesse riguardano un doppiaggio con qualche guest star (fra cui Peppino Mazzotta del Commissario Montalbano), uno stile generale accattivante e la possibilità di giocare anche in alta definizione, caratteristica di cui attualmente ci sono pochi esempi nel genere.
Il "sei" che vedete qui sotto è pertanto la sintesi di più forze contrastanti: da una parte c'è un comparto tecnico che esce con le ossa rotte dal confronto con i principali antagonisti del genere, sebbene sia evidente il tentativo di sopperire ai limiti che il Wintermute porta nativamente in grembo. Dall'altra c'è un'avventura di buona sostanza, capace di proporre una trama che esce dai soliti cliché e che presenta la giusta dose di colpi di scena.
Aggiungete degli enigmi di buon livello e, per poco meno di sei euro, potrebbe davvero valere la pena di dare una chance a Shadows on the Vatican…