Shellshock 2: Blood Trails
Il Vietnam non è più quello di una volta.
Ci sono ben due ragioni per cui non è necessario prendersi il disturbo di avvicinarsi ai nemici. La prima è che il danno arrecato non cambia minimamente: ficcare la canna del fucile nello stomaco di uno zombie o beccarlo da una decina di metri avrà pressocché lo stesso impatto. La seconda è che saranno loro a venire da voi. Che siano infetti o normali soldati vietnamiti, avranno tutti la medesima premura di venirvi incontro. Sempre nella stessa maniera. Sempre. Nessuna tattica di guerriglia, nessuna strategia, nulla insomma che vi costringa a stanarli.
Avanzeranno a fiumi contro di voi, rivelando un'imbarazzante tendenza al suicidio. Dopo pochi tentativi, scarterete anche l'idea di scompattare le loro formazioni con qualche granata. L'efficacia delle suddette è infatti totalmente affidata alla casualità. In alcune sessioni di gioco la detonazione delle granate non li ha nemmeno scalfiti, quasi si trattasse di un innocuo petardo lanciato per scherzo. I nostri avversari, d'altronde, non si sono mai preoccupati di cercare riparo, neppure quando li accoglievamo con sonanti scariche di mitra.
Consapevoli di dover movimentare un gameplay decisamente carente, gli sviluppatori hanno pensato bene di implementare trappole letali e fasi di gioco da superare tramite svariati Quick Time Event. Idea ampiamente condivisibile, se solo fosse stata integrata in maniera migliore. Tramite la puntuale pressione di una sequela di tasti dovremo pertanto tirarci fuori da situazioni pericolose o tranelli inattesi. Non si può negare che in tali situazioni il giocatore sia dominato da un perenne stato di allerta, ma anche qui non possiamo che evidenziare un lavoro svogliato, senza quasi riflettere sulle probabili reazioni di chi si troverà a stringere il joyoad tra le mani. L'introduzione di queste scene scriptate segue infatti logiche parecchio discutibili: se da un lato si cerca di cogliere alla sprovvista il giocatore, dall'altro non si fa altro che sfiancarlo con la schermata del Game Over, magari proprio dopo aver completato una missione tutt'altro che abbordabile.
La mediocrità della produzione risulta chiara anche esaminando il comparto tecnico, per certi versi seriamente imbarazzante. Che si tratti di ambienti claustrofobici o di sezioni di gioco ambientate nella giungla, la qualità generale delle texture rimane scadente, così come l'esiguo numero di poligoni con cui sono strutturati gli scenari e i personaggi. Se a ciò aggiungiamo una fisica ridicola, capite bene che roba simile avrebbe sfigurato persino sulla prima Xbox. Eppure l'intenzione di creare un certo coinvolgimento sensoriale è presente sul versante sonoro, che non è nulla di memorabile ma riesce a mantenersi su standard più che discreti.
Se per caso vi state chiedendo dove siano finite eventuali modalità multiplayer online (dopotutto stiamo pur sempre parlando di un FPS) beh, sappiate che Shellshock 2 non contempla nulla del genere. Finiti i dieci capitoli della storia, l'unica opzione è quella ricominciare da capo. I più maliziosi potrebbero ora suggerirvi di utilizzare il disco di gioco come sottobicchiere, ma lungi da noi dare simili consigli (ci abbiamo già provato: i DVD sono parecchio inaffidabili per tale utilizzo). I problemi del titolo sono tuttavia innegabili, e non fatichiamo ad immaginare le probabili obiezioni sollevate in sede di test. Tutta la fatica dei coder di Rebellion è perciò confluita in un prodotto immeritevole dei vostri soldi che non si spiega come possa essere commercializzato nel 2009. Statene alla larga.