Shenmue III - recensione
L'attesa è stata lunga, ma ne è valsa la pena?
"18 anni fa l'orologio si è fermato". Questa frase campeggia nel trailer di lancio che trovate da qualche parte in questa pagina. Era la fine del novembre del 2001, chi vi scrive aveva lo stesso numero di capelli di oggi ma una barba molto meno bianca e qualche migliaio di articoli in meno nel suo CV di critico videoludico.
Il suo cuore si fermò, come quell'orologio e come quello di milioni di altri giocatori, quando il secondo capitolo di Shenmue II si concluse con il più classico dei cliffhanger: una caverna, un antico rito, fiaccole che si accendevano promettendo chissà quale sorpresa nel seguito della storia.
Un seguito che all'epoca non potevamo immaginare di dover attendere tutto questo tempo. Ad un certo punto avevamo perso le speranze di poter vedere l'epilogo del viaggio di Ryo Hazuki, ma poi le voci dei fan si sono alzate, sono aumentate e hanno fatto sempre più rumore. Sono state trasportate dal vento e poi giunte all'orecchio dei dirigenti di Sony Entertainment, che devono aver visto in Shenmue III non solo il modo per vincere a mani basse quel famoso E3 del 2015, ma anche per assicurarsi l'amore di milioni di giocatori.
Quei pochi petali di ciliegio che cadevano dall'alto e l'apparizione del maestro Suzuki sul grande schermo, bastarono per ritornare in quella caverna, per sperare ancora di poter mettere le mani su Lan Di, vendicare il padre di Ryo e spiegare il mistero che circonda gli specchi del Dragone e della Fenice. E finalmente ci siamo: pochi giorni fa i codici del gioco sono arrivati con un sospetto ritardo che ha subito sollevato dubbi e timori.
Tanto vale quindi togliersi subito il dente per poi proseguire nel discorso con la massima serenità: Shenmue III non è un capolavoro, ha un ritmo altalenante, il suo frame rate inciampa di tanto in tanto e i 4K veri non sa neanche dove stanno di casa. Detto in parole povere: non è un gioco al passo con i tempi, ma è Shenmue in ogni sua cellula e riesce a fare quello che lo stesso Suzuki aveva promesso: riportarci a quei tempi, in quei luoghi, dentro quelle atmosfere.
Se questo sia un male o un bene, se possa bastare o meno, sarete voi a deciderlo. Fin da ora però noi possiamo darvi un consiglio: non approcciatevi a questo gioco con la voglia di trovargli tutti i difetti possibili, perché è chiaro che li troverete. Questo è un gioco fuori dal tempo, rimasto cristallizzato nella sua forma da oltre tre lustri. Il suo stesso creatore, Yu Suzuki, non ha fatto mistero fin dall'inizio di quale fosse il suo obiettivo: proseguire QUELLA storia senza stravolgerne idee ed elementi di gameplay.
La promessa è stata mantenuta in pieno. Fatta eccezione per un paio di meccaniche introdotte per snellire un po' il ritmo, Shenmue III si gioca esattamente come i suoi due predecessori. Ha le stesse cadenze, gli stessi inciampi e lo stesso incedere a doppio passo di allora, cose che oggi possono far sorridere finché non si entra nel "mood" giusto per apprezzarlo al meglio.
Quello che allora era un gioco impossibile, un titolo capace di proiettare il giocatore in un mondo mai visto e vissuto prima, oggi è qualcosa di riscontrabile in mille altri titoli, in primis nella serie Yakuza... Che però, senza Shenmue, non sarebbe probabilmente mai esistita.
Se deciderete di analizzarne ogni singolo dettaglio tecnico o ludico con freddezza, non potrete fare a meno di pensare ad esso come un dinosauro che merita di rimanere in un museo. Fate però una prova: lasciate stare il ritmo non proprio incalzante dei dialoghi, la regia nervosa e senza velleità cinematografiche e la rigida progressione di gioco. Fatevi trasportare dal gioco, non cercate di forzarlo; scegliete i dialoghi in giapponese per evitare alcune esagerazioni nell'enfasi del parlato inglese e passate sopra ai difetti di localizzazione dei sottotitoli italiani.
A quel punto fate un ulteriore sforzo per passare sopra alle animazioni legnose e ad altri nei tecnici. Guardate il quadro nell'insieme, non fissate il dito ma guardate la luna e tutto inizierà a cambiare. La sua squisita colonna sonora vi cullerà le sinapsi mentre vi allenate sotto lo sguardo severo ma benevolo del vostro nuovo sensei. Aumenterà di ritmo quando vi troverete di fronte ai primi nemici, quando prenderete le prime botte e capirete di dover migliorare. Allora tornerete al dojo per aumentare le vostre abilità e il combat system, a suo tempo mutuato da Virtua Fighter, inizierà a sprigionare tutta la sua ragion d'essere.
A quel punto i difetti di prima diventeranno sempre più sopportabili, ma avrete ancora molto da fare. Fermatevi ad apprezzare lo scorrere del tempo, cogliete erbe e fiori che vi torneranno utili per ottenere poderosi tonici. Fate una partita alla corsa delle tartarughe, mangiate qualcosa mentre fate una passeggiata in una risaia. Se vi avanza tempo, andate a chiacchierare con la vecchina che sta preparando lo shabu-shabu o passate qualche minuto con suo marito: ci sente poco ma la memoria non gli fa difetto.
Guardate il tramonto e poi tornate a casa di Shenhua per riposarvi: domani è un altro giorno e potrete continuare la vostra ricerca. Sarete solo all'inizio e proprio in quel momento ritmo e storia decolleranno, il tempo inizierà a scorrere più fluido e presto vi sorprenderete a pensare alle mancanze di Shenmue come alle rughe che solcano i visi delle persone anziane: ci sono, sono evidenti, ma alla fine rappresentano "solo" il segno del tempo che passa e non scalfiscono la loro saggezza e sapienza.
Tecnicamente sarà ancora palese che Shenmue III non può competere coi migliori titoli di questa generazione: l'Unreal Engine è potente e versatile ma non fa miracoli, eppure vi troverete di fronte a scorci sorprendenti e panorami che raramente avrete visto prima. Spesso vi chiederete perché Suzuki e il suo team si siano affannati tanto per inserire dei particolari apparentemente insignificanti nei più reconditi angoli del gioco, ma sono proprio quei dettagli a fare la differenza, ad elevare questa produzione anche al di sopra di titoli ben più tecnici. In Shenmue a fare la differenza è sempre stata la cura per il dettaglio, non tanto grafico quanto emozionale.
Una frase, un singolo evento, uno scorcio, un mini-gioco per spezzare il ritmo, una statuina votiva che proietta la sua ombra su una finestra, un'insegna cadente che sbatte per il vento, un viso illuminato da una fiaccola all'imbrunire: sono elementi preziosi, così come sono preziose le emozioni che Shenmue III tirerà fuori dal vostro cuore: pace, rabbia, desiderio di vendetta, compassione, tenerezza e tutte le sfumature che stanno nel mezzo.
Sono doni ben più importanti di 4K, 60fps, ray tracing e via dicendo. Sono doni sempre più rari in un mondo dei videogiochi che ormai vive di estremi, di requisiti tecnici sempre più alti e irraggiungibili. Shenmue III è il "regalo" di Yu Suzuki ai fan della serie, un regalo imperfetto ma confezionato con tanto cuore. È un gioco fuori tempo ma perfettamente a fuoco nel SUO tempo.
La domanda a questo punto è questa: deciderete di giocarlo rimanendo con i piedi ben piantati in terra, criticandolo per le sue mancanze? Lo ignorerete basandovi sul maledetto numero scritto qui sotto, che mai come stavolta avremmo voluto evitare, o vi lascerete trasportare dai suoi meravigliosi meriti del tutto anacronistici?