Il Signore degli Anelli - Gli Anelli del Potere, recensione episodi 1 e 2
“Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli”
A quale tipologia apparterrà lo spettatore che si accingerà alla visione della nuova serie disponibile su Prime Video, Il Signore degli Anelli – Gli anelli del potere? Sarà un appassionato di J. R. R. Tolkien e dei suoi libri, i più noti scritti fra gli anni ’30 e ‘40, pietre miliari del genere fantasy?
Oppure sarà stato spettatore cinematografico dei tre film di Peter Jackson e, non pago dei tre successivi Hobbit, non vede l’ora di rituffarsi in quel favoloso mondo? Potrebbe anche essere un giocatore della serie di videogame, curioso di vedere quali avventure sono state inventate per i personaggi che ha conosciuto in diverso contesto. Potrebbe anche essere uno spettatore “ignorante”, che ha deciso di lanciarsi nel fantasy per la prima volta, o uno che dopo essersi lasciato irretire da Game of Thrones, è convinto di essere diventato un cultore di questo genere.
A seconda della categoria di appartenenza, diverso sarà il gradimento nei confronti di questo nuovo trattamento. Che (va detto subito) pur guardando all’opera d’origine, romanzi e film, racconta una storia del tutto nuova, a migliaia di anni dal mondo e dai personaggi che avevamo conosciuto, prendendo una strada più attuale, nel modo in cui diversi temi saranno trattati (caratteri femminili forti e dominanti e personaggi di colore dove un tempo sarebbero stati obbligatoriamente con la pelle bianca). I due showrunner J. D. Payne e Patrick McKay hanno attinto da frammenti lasciati da Tolkien, note dal Signore degli Anelli o informazioni tratte dai Racconti incompiuti. La dichiarazione sui titoli di testa è che il lavoro è basato su “Il Signore degli Anelli e appendici”. Si potrebbe definire una “origin story”, molto fedele alla mitologia di Tolkien.
In un mondo incantato lontano lontano siamo condotti a conoscere nuovi personaggi: una giovanissima Galadriel, indomita elfa in un mondo di luminosa felicità, già minacciato dall’ombra del Male, che si materializzerà poi in Sauron. Cui Galadriel da adulta non si stancherà di dare la caccia, contro il volere del suo sprovveduto re, cui sarà costretta a disobbedire. Da grande l’abbiamo incontrata nei film con le fattezze di Cate Blanchett.
Al suo fianco, ma non sempre in accordo, l’elfo Elrond, meno ribelle, più adatto a operare con la parola che con le armi (nei film di Jackson era Hugo Weaving); poi la giovane appartenente ai Pelòpedi (antenati degli Hobbit), di nome Nori, coraggiosa anche se imprudente; l’affascinate soldato elfo Arondir, innamorato di una coraggiosa donna umana, con un figlio ostile; il misterioso e intimidente Gigante, letteralmente caduto dal cielo; Celebrimbor, il fabbro elfico cui sono collegati gli anelli; Il Re dei nani Durin, amico di Elrond. E via via altri che conquisteranno più spazio nel corso degli eventi. Sullo sfondo, motore di tutto ma ancora invisibile, Sauron, in tutta la sua potenza distruttiva.
La necessità di presentare molti personaggi, di introdurre luoghi e dare l’avvio alle varie trame, potrebbe rendere questi episodi iniziali un po’ faticosi e non molto coinvolgenti. Ma è chiaro che (siamo in un film di otto ore) si tratta del tempo di avvio necessario per slanciarsi nel pieno della corposa narrazione successiva. Come già dicevamo in chiusura dell’articolo su House of The Dragon, il fantasy in competizione di questo periodo, vedremo se nel corso delle settimane (no, niente binge watching nemmeno in questo caso) gli sceneggiatori saranno in grado di inventare sviluppi appassionanti, di creare personaggi memorabili, da quelli principali a quelli di contorno, capaci di tenerci avvinti, episodio dopo episodio. Che quello è il trucco, lì sta la bravura.
Va pure detto che si tratta di un prodotto formalmente impeccabile, con una qualità degna della visione su grande schermo. Del resto non si è badato a spese (si parla di un budget di 460 milioni di dollari per 8 episodi, qualcuno alza ancora la cifra, cui aggiungere comunque i diritti per i libri e le spese di promozione) e questo è sempre un fattore che si impone all’attenzione, specie in prodotti che necessitano di molti effetti speciali.
Si dice che Bezos, grande ammiratore dell’opera di Tolkien, abbia deciso di non darsi limiti, dopo aver acquistato i diritti per La Compagnia dell’Anello, Le Due Torri, Il Ritorno del Re, Lo Hobbit e le Appendici del Signore degli Anelli (ma non del Silmarillion). I primi due episodi sono entrambi diretta da Juan Antonio Bayona, regista del Jurassic World del 2018 e del toccante Sette minuti dopo la mezzanotte. Si impongono all’attenzione le scenografie, specie le aeree architetture elfiche, i costumi, alcuni mostri suggestivi e anche gli eleganti titoli di testa con il tema storico di Howard Shore. La colonna sonora della serie invece è di Bear McCreary.
Il Signore degli Anelli – Gli anelli del Potere sarà per i tolkieniani un ritorno inatteso nei luoghi della propria passione letteraria o cinematografica. Per gli altri una “storia della buonanotte” di gran lusso, una fiaba che in cui immergersi, fra tanti personaggi e tante trame. Per entrambi, ci saranno elfi, umani, pelòpodi, giganti, orchi, nani, draghi, mostri di ogni tipo, in un’alternanza fra momenti di devastazione e dolore, storie di amori difficili e parentesi più leggere o tenere, mentre incombe (perché “le cose belle durano poco”) la minaccia di Sauron, che riesce ad alimentarsi delle conseguenze che la sua malvagità crea, come il vento che alimenta una fiamma.
Appare chiaro che anche se si vorrebbe “vivere in armonia con la natura, seguendo le regole”, in certe circostanze non è possibile, perché “il Male non dorme, aspetta”. E come monito si dice che “nessuno lascia la via, nessuno cammina da solo”. Ma non è vero, solo gli eroi lo fanno, anche a rischio di restare a lottare da soli e “con rischi indicibili e traversie innumerevoli”, per citare una frase tratta da un’altra celeberrima saga fantasy.
E poi vedremo (ce lo diranno le analisi di mercato) se nel nostro cuore e nel nostro tempo libero c’è posto per tutto, per un fantasy come questo, di impeccabile realizzazione, dalla nobile matrice letteraria, poetico e tragico, o per House of The Dragon, matrice letteraria più recente, realizzazione meno perfetta, tragico anche lui e più violento, più sanguigno. Come diceva la famosa canzone, lo scopriremo solo vivendo.