Silent Hill è la città in cui tutti vorremmo tornare
L’ennesimo leak relativo al ritorno della serie Konami ci spinge a chiederci come mai desideriamo ardentemente il suo ritorno.
Sono poche le certezze di un mondo videoludico oramai incapace di tener fede alla parola data, visto che tra date ballerine, promesse prestazionali labili come carta velina ed accordi pronti a mutare forma al minimo alito di vento, è difficile per il giocatore scovare saldi appigli a cui ancorare la propria passione. Eppure, in questo turbolento mare di mutamenti continui, permangono leitmotiv che, con cadenza sadicamente studiata, arrivano a titillare la fantasia degli appassionati, come nel caso dei rumor che vedono coinvolto il plurivociferato ritorno sulle scene di Silent Hill.
Già, perché sono oramai quasi 4 anni che il ritornello si ripete ad intervalli regolari, ovviamente senza che vi sia mai l’ombra di una conferma definitiva. Briciole, indizi, indiscrezioni, presunti leak e conferme spergiurate che, purtroppo, non possono mai essere rese pubblicamente manifeste.
Fatto sta che da quell’abortito Silent Hills, la saga partorita da Konami nell’oramai remoto 1999 non ne vuole sapere di uscire da quella nebbia che è, da sempre, il suo marchio di fabbrica. E anche questo settimo mese del 2022, almeno per il momento, sembra voler seguire il medesimo trend: forse sarà il caldo, oppure la mancanza oramai prolungata delle vecchie fiere videoludiche, fatto sta che, secondo l’ennesimo leak, mancherebbero pochissimi giorni a quel reveal ufficiale tanto sospirato.
La data da cerchiare sul calendario con il pennarello rosso delle feste è, difatti, il prossimo 12 Luglio, giorno in cui la reincarnazione della città che sorge sulle rive del lago Toluca dovrebbe (il condizionale è quanto mai d’obbligo) concretizzarsi una volta per tutte. Diciamo subito che, vista la natura della gola profonda in questione, le speranze in tal senso non sono poi così elevate, ma ogni fan che si rispetti dell’IP Konami, difficilmente lascerà spegnere questa seppur esile fiammella. Almeno sino al fatidico giorno della verità.
A questo punto, pertanto, viene spontaneo porsi una semplice, quando banale domanda: da dove deriva tutto questo affetto nei confronti di Silent Hill? Le origini di questa affezione hanno indubbiamente radici molto profonde, ben radicate in quel fortunato esordio datato, come detto poco fa, 1999. Il merito della produzione Konami fu quello di andare contro il trend horror dominante, inaugurato giusto tre anni prima da Resident Evil, tutto a base di muscoli e atmosfere splatter in odor di B movie.
In un periodo in cui la paura era tornata manifesta, tangibile, ben impressa sullo schermo, seguire Harry Mason nella ricerca della figlia Cheryl lasciò un sapore strano nella bocca (e nei polpastrelli) dei gamer: era giunto il momento di sentirsi nuovamente inermi nei confronti di un mondo ostile, i cui pericoli ci erano celati da quella nebbia che, da semplice escamotage per ovviare ai limiti tecnici di PS1, finì per diventare parte integrante della narrazione ludica. Come insegnano i maestri dell’horror, difatti, la vera paura è scaturita da ciò che non conosciamo, dall’ignoto in agguato ad ogni nostro passo, che almeno in questo caso ci può essere bruscamente anticipato dal raccapricciante crepitio di una radio.
Perché la forza di Silent Hill non risiede solo nel suo essere videogioco in senso stretto, ma nasce da una vera e propria sinergia sensoriale tra tatto, vista ed udito. E proprio a questo ultimo aspetto è legato a doppio filo l’eccellente lavoro svolto da Akria Yamahoka, musicista ed autore di talento che, proprio grazie a Silent Hill, è riuscito a raggiungere vette espressive difficilmente eguagliabili.
Analizzare le sue partiture non è mai semplice e scontato, vista la complessità che le contraddistingue, ma è innegabile come la forza maggiore dei brani sia da ritrovare nel perfetto equilibrio tra suoni e silenzio, con questi vuoti che vengono sfruttati da Yamahoka come se fossero dei veri e propri strumenti: silence is also a sound (anche il silenzio è un suono), ci ricorda infatti in una delle interviste contenute all’interno del DVD bonus presente nella prima edizione di Silent Hill 2 per PS2.
E come non dimenticare, poi, la sua capacità di rendere terrificante anche il più banale degli elementi sonori? In tal senso è emblematico lo stridente contrasto generato dalle note di mandolino che aprono la title track del capostipite della saga: riuscire a rendere oscuro, opprimente e spaventoso il suono di uno strumento da sempre legato alla solarità partenopea era davvero ostico, ma Yamaoka ha dimostrato di sapere il fatto suo anche in questo caso. Un contrasto misurabile anche in termini puramente visivi, come dimostrano le lugubri mascotte coniglio viste nel terzo capitolo, che anticipano di una manciata abbondante di anni gli orrori di Five Nights at Freddy’s.
Perdersi per le strade e le abitazioni di Silent Hill, comunque, significa anche essere abbracciati da varie sfumature di paura e terrore, in quello che, ad ogni episodio della serie, si trasforma in un vero e proprio viaggio di redenzione. Ognuno dei vari protagonisti in questione, difatti, è figlio di un passato oscuro e tormentato, che solo attraversando questa sorta di ideale purgatorio manifesto potrà essere compreso ed accettato, sia da loro che dal giocatore stesso.
Ed è proprio in questo legame che si viene a creare tra avatar e player che possiamo ritrovare uno dei motivi che ci spingono a desiderare con veemenza il ritorno delle nebbiose e malinconiche atmosfere della produzione Konami, desiderosi come siamo di proseguire il nostro viaggio all’interno delle angosce più recondite dell’animo umano. E poco importa se questo ci costringerà a dover scendere a patti con identità meno oneste di quelle che credevamo (vero James?), oppure ad affrontare orrori in grado di perseguitare per anni i nostri incubi peggiori.
Quello che più importa, soprattutto in un periodo storico come questo (videoludicamente parlando), che sembra costruito appositamente per ospitare il ritorno di orrori più o meno recenti, è che possa esserci ancora spazio per quella città perennemente ammantata da una nebbia che, a dispetto della sua natura avvolgente, sembra voler far di tutto per mettere in mostra le storture più recondite della natura umana.
Sono questi elementi a far sì che, ancora una volta, ci si spinga ad attendere armati di sconfinata fiducia la fatidica data sussurrata dall’ennesimo leak. E voi, invece? Che cosa vi porta a desiderare di essere ancora avvolti da quel diafano ed etereo abbraccio che risponde al nome di Silent Hill?