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Silent Hill Homecoming

Io non ho paura.

In alcuni casi sarete anche costretti alla fuga. La tortuosità di certe ambientazioni e la scarsa manovrabilità del personaggio in situazioni concitate sarà qualcosa di estremamente macchinoso. Disponendo della sola luce della vostra torcia, non mancherete quindi di restare incastrati in determinati elementi dello scenario, magari proprio mentre venite accerchiati dalle belve più veloci. L'unica possibilità di salvezza sarà quindi quella di affrontare a viso aperto i nemici e sfoderare le preziose armi da fuoco.

Graficamente siamo su buoni livelli. Gli ambienti sono riccamente dettagliati e non mancano gli elementi disturbanti, pennellati ad hoc e con discreta perizia, mentre i personaggi continuano a mantenere quell'aria malata e apatica che tanto adoriamo. Molto belli gli effetti di illuminazione dinamica e le scene filmate, costituite come sempre da dialoghi abbastanza criptici e in apparenza privi di logica. Sul versante audio/visivo il team di Double Helix è sicuramente riuscito nell'intento di trasmettere la ben nota sensazione di disagio, raggiungendo persino qualche efficace picco di straniamento, destinato purtroppo a scomparire nel ritorno alle fasi di gameplay. A parte qualche texture lievemente slavata, non ci sentiamo di recriminare troppo sul comparto tecnico.

Ciò che veramente manca ad Homecoming è invece quella potenza narrativa tipica del brand, il cui lento ed inesorabile declino era già avvertibile nei deludenti finali del quarto capitolo. L'idea di cercare Josh, che compare e scompare destabilizzando il nostro eroe, poteva funzionare nel migliore dei modi, anche a voler chiudere un occhio sugli scontati cliché situazionali tipici del genere. La nostra impressione è che sia venuta a mancare la follia e quel gusto onirico e visionario che il Team Silent era stato capace di infondere nei primi episodi.

Diciamo la verità, ragazzi, nessuno ha più paura del buio. Siamo stati abituati alle creature più oscene e rivoltanti. Siamo ben coscienti che una volta aperta quella dannata porta ci sarà una schifosa bestiaccia da far fuori. Il sangue alle pareti ci imbarazza molto più che una carta da parati di cattivo gusto... D'altronde è risaputo: ciò che realmente temiamo è ciò che non possiamo conoscere. Porre il giocatore in un contesto ostile e lugubre e costringerlo a proseguire in una situazione di precarietà illusoria è qualcosa che tutti hanno ormai metabolizzato da tempo. Veder morire un compagno del protagonista dopo averci scambiato giusto qualche parola ci lascia totalmente indifferenti. Ed è normale che sia così. La paura diviene perciò fastidio, e col fastidio sopraggiunge anche la leggera impressione che qualcuno ci stia prendendo per il culo.

Non so voi, ma la mia domanda è stata: come farà questo abominio a soffirarsi il naso?

Si potrebbe imputare tale sentimento alla spudorata e inesorabile linearità della trama fino al raggiungimento dei finali multipli, ma non ci sembra questo il caso. Non c'è nulla di male a restare sui binari, se la corsa si mantiene appassionante fino alla fine. Il problema è che il titolo si impegna davvero poco nel tentativo di sorpenderci. Non si tratta di essere particolarmente smaliziati, ma proprio della intollerabile indolenza con cui si viene spinti a proseguire nel gioco. Nelle sue sporadiche apparizioni, Josh se ne uscirà con farneticazioni del tipo: "Io ho le risposte... Io sono la chiave...". Fratellino, se davvero sei la chiave, smettila di scappare via, apri queste maledette porte e usciamo da qui, o in questo postaccio ti ci lascio marcire dentro. Giuro che lo faccio.

Bah... scusate, non era mia intenzione scadere nel sarcastico. Ma davvero non saprei come altro descrivere la banalità di certe scene, alcune delle quali vanno ben oltre il più abusato senso di stereotipo. Double Helix ha provato a miscelare gli elementi cari ai fan in un calderone forse troppo limitato rispetto agli insaziabili giocatori di oggi. È un compitino portato a termine con una certa diligenza, ma nulla di più. Spero capiate la mia fatica nello scrivere cose del genere... Nel momento in cui il rivale di sempre tentava con successo la carta dell'azione, Silent Hill avrebbe stoicamente dovuto percorrere la propria strada personale, anche a costo di rimanere reclusa in un angusta prigione di delirio. Solo allora, probabilmente, ci saremmo impegnati a trovare quella maledettissima chiave. Solo allora si sarebbe potuto avvertire quel familiare odore di casa tra le nebbie.

6 / 10