Sociable Soccer - prova
Jon Hare si rituffa nel mondo del pallone.
Tra console del passato che ritornano in formati tascabili, o quasi, serie TV che recuperano stilemi di un decennio addietro e produttori musicali che guardano sempre più spesso agli Anni 80' per trovare l'ispirazione e il giusto groove per quella che, sperano, possa diventare la prossima hit a conquistare il mercato, la nostalgia è senza alcun dubbio il sentimento che domina e guida le scelte di publisher e pubblico pagante.
In campo videoludico, oltre alla già citata smania per le console attempate, questo trend si traduce in giochi che basano il loro carisma su un art design volutamente retrò o sul tentativo di riprodurre il feeling di un tempo, riadattando e riconsiderando le regole del game design moderno. C'è Fez insomma, con la sua strepitosa pixel art, ma c'è anche Dark Souls, con un'intransigenza di fondo che rimanda al vecchio Ghouls 'n Ghosts, solo per citarne uno.
In questo senso, Sociable Soccer sembrerebbe un ottimo compromesso tra i due modus operandi, dal momento che, in un colpo solo, recupera grafica e gameplay propri dei giochi di calcio della seconda metà degli Anni '90, i primi che tentarono di tradurre nelle tre dimensioni tutto il fascino di un gol di Batistuta o la fisicità degli interventi difensivi di Paolo Maldini.
Jon Hare, veterano del genere, noto ai fan per essere l'artefice della saga di Sensible Soccer, si è nuovamente messo in gioco, andando ovviamente in controtendenza rispetto al realismo estremo perseguito, e quasi raggiunto, da PES e, soprattutto, da FIFA.
Provato in Early Access su Steam, Sociable Soccer ci ha regalato emozioni contrastanti, oltre alla chiara e netta sensazione di trovarci di fronte ad un esperimento interessante, ancora incompleto, come del resto ben sanno gli sviluppatori, già a lavoro su una lunga lista di migliorie, soprattutto inerenti ai contenuti offerti.
Parlando di lacune sul fronte quantitativo, non ci riferiamo al numero di squadre e giocatori presenti, rispettivamente mille e tremila, presi dai campionati di ogni parte del globo, per quanto privi di licenze e quindi dai nomi storpiati e riadattati. La prima preoccupazione deriva proprio dalle modalità di gioco proposte.
Il Boss Mode è il cuore pulsante, almeno per il momento, di Sociable Soccer. Nei panni di un allenatore in cerca di fortuna, prenderete il controllo di una squadra qualsiasi di un campionato qualsiasi, con l'obiettivo di vincere il torneo di turno, superando tutti gli scontri diretti. Tra una partita e l'altra, esattamente come nei vecchi giochi di calcio, non è prevista alcuna meccanica gestionale, se non la possibilità di cambiare modulo e sostituire un giocatore con un altro. La successione tra i match non è alternata da nessun tipo di interazione, scelta di design certamente, e coraggiosamente, coerente con il contesto di riferimento del gioco.
Ciò ha il grande pregio di azzerare i tempi morti e di risucchiare il videogiocatore nel solito tunnel tappezzato di "ultime partite e poi basta", ma, al contempo, si tratta di una strategia che in epoca moderna potrebbe non essere apprezzata e digerita da chi cerca qualche distrazione extra, quel pizzico di profondità in più, da coloro che hanno bisogno di attività collaterali per mantenere alto l'interesse.
In maniera del tutto simile si comporta l'altra modalità presente nel menù principale, che permette di imbastire singoli match e piccoli tornei sia contro la CPU, sia contro un proprio amico, al momento solo in locale. Va da sé che per un gioco del genere il multiplayer online è senza mezzi termini fondamentale, agente principale nel garantire una certa longevità alla produzione, ma per il momento, vista l'esclusione dell'online nell'Early Access, non possiamo che soprassedere su qualsiasi giudizio in merito, in attesa che la feature venga implementata, come promesso, nella versione definitiva e finale del gioco.
Certo è che in compagnia di un amico, Sociable Soccer ci ha letteralmente trascinati indietro nel tempo, nella stessa epoca storica dei vari NBA Jam, Kick Off e di FIFA 98, titoli in cui larga parte del divertimento scaturiva da un gameplay immediato, schietto, "caciarone".
Il control scheme, tanto per cominciare, è ridotto all'osso. Non ci sono pulsanti deputati al controllo palla, al dribbling, al passaggio filtrante, alla modalità con cui il difensore pressa l'avversario. C'è il tiro, il passaggio, il cross, la scivolata e poco altro. Non c'è spazio per la finezza tecnica e anche la disposizione dei compagni di squadra in campo è gestita da un'I.A. assolutamente rudimentale, che non permette, per precisa scelta di design, di imbastire fini strategie o azioni che possano sfociare in un estenuante tiki taka. Le stesse dimensioni del campo, ridotte rispetto a quelle a cui siamo normalmente abituati, condizionano il ritmo della partita, match che, tra l'altro, non si protraggono oltre ai tre minuti di durata.
Il controllo palla, così come l'abilità dei portieri tra i pali, allo stato attuale dei lavori, ci sono parse meccaniche gestite con eccesiva arbitrarietà. Qualunque sia il livello di forza dell'atleta prescelto, non si ha mai la sensazione di potercisi fidare ciecamente delle sue capacità. Palla al piede, una rotazione su sé stessi o un repentino cambio di direzione può essere sufficiente per perdere il controllo della sfera. Allo stesso modo, un potente tiro da distanza ravvicinata può essere miracolosamente parato dall'estremo difensore, che, un'azione dopo, può inspiegabilmente mancare l'aggancio di un debole tiro fuori area.
Se da una parte comportamenti fuori da ogni logica del genere aumentano ulteriormente l'ilarità insita in ogni match, che si moltiplica all'ennesima potenza nel caso si giochi contro un proprio amico, dall'altro può essere causa di frustrazione, visto che perdere il pallone in un momento particolarmente delicato del torneo, senza alcuna colpa apparentemente imputabile all'abilità del videogiocatore, può mandare in fumo un'intera stagione.
Poco da eccepire sul fronte grafico, volutamente ridotto all'osso, stilizzato, simile, per mole poligonale messa in mostra e stile, non solo al già citato FIFA 98 Road to World Cup, ma anche a Virtua Striker. Abbozzate le animazioni, così come gli stadi che, sfortunatamente, restano identici a sé stessi, anche negli effetti sonori, qualunque sia il torneo che state giocando.
Sociable Soccer potrebbe farcela, nonostante un gameplay sottile come un foglio di carta. Si tratta in ogni caso di una simulazione sportiva, passateci il termine, che vivrà e morirà con il multiplayer. La totale assenza di qualsiasi meccanica gestionale, rende sterile e ripetitivo fin da subito il gioco in single player che, in assenza di un buon quantitativo di sbloccabili e di un'I.A. avversaria di un certo tipo non terrà impegnati a lungo.
Difficile ipotizzare il futuro di un gioco che è ancora un cantiere a cielo aperto. Giocare al nuovo esperimento di Jon Hare ci ha certamente regalato diverse risate e qualche ora di piacevole intrattenimento. Il problema è che il tutto si è consumato fin troppo in fretta.