Spider-Man: Miles Morales - recensione
Da una grande console next-gen derivano grandi responsabilità.
New York è magica durante l'inverno. È magica soprattutto quando osservata dalla cima del pennone dell'Empire State Building, magari in una giornata luminosa, tra nuvole irradiate dal sole freddo e qualche stormo di piccioni che plana sopra Central Park. E diventa ancora più magica quando ci si lancia nel vuoto, volteggiando di fronte ai riflessi delle vetrate e precipitando come su una montagna russa, sfruttando le ragnatele per tornare a sfiorare il cielo per poi dominare dall'alto il formicaio della Grande Mela.
Le note di una strumentale musica hip hop battono il ritmo delle acrobazie, i cittadini meravigliati riconoscono le linee del costume rosso e blu, mentre J. Jonah Jameson, da qualche parte, sta maledicendo quel disgraziato dell'Uomo Ragno. Miles Morales atterra su un serbatoio d'acqua coperto di brina che svetta sopra un incrocio di Harlem. Si sistema il bomber sopra il costume, sorride guardando il quartiere, ed è pronto a darci il benvenuto nella next-gen di PlayStation 5.
Forse era destino. Era destino che Spider-Man: Miles Morales fosse il primo videogioco ad accoglierci nella nuova generazione di console, un progetto che a poco più di due anni di distanza dal suo diretto predecessore tenta di raccoglierne la pesantissima eredità. Marvel's Spider-Man è stato il quarto titolo più venduto in assoluto sulla piattaforma di Sony, fra le esclusive è secondo solamente a Uncharted 4, e si è trasformato in un simbolo della filosofia della casa. Chi meglio di Spider-Man, di conseguenza, poteva alzare il sipario sulle novità che ci riserva il futuro?
E Spider-Man punta a fare proprio questo. Dopo aver mosso giusto pochi passi nella versione invernale di Manhattan, Miles Morales rientra nel suo caldo appartamento circondato di scale antincendio: è il momento di mettere in mostra 4K e ray-tracing. La cena della vigilia è un piccolo museo interattivo dedicato al nuovo sistema di illuminazione: i lumi dell'immancabile albero festivo trasformano ogni pallina e decorazione in una nuova fonte di luce, e mentre le centinaia di dettagli del salone vengono accarezzate dalle ombre, la mole di elementi su schermo assume le tinte dello showcase tecnico.
Poi c'è l'esterno. Lo skyline di Manhattan è l'ambientazione perfetta per assorbire tutta l'energia del sole e sprigionarla nell'arcobaleno della palette cromatica, trasformando ogni volteggio in una festa per gli occhi. Certe cose non cambiano mai; anziché gettarci subito nella storia del Miles Morales videoludico, abbiamo passato l'intera prima ora di gioco semplicemente schizzando da un grattacielo all'altro, assaporando ogni istante trascorso a mezz'aria, insomma, limitandoci a vestire ancora una volta i panni dell'Uomo Ragno. Ma questa volta su next-gen.
Salti fra i tetti, acrobazie fra le guglie di San Patrizio, una rapina in banca sventata, due passi per le strade del Queens, una foto con i fan sfegatati. Questa è la vera anima di Spider-Man: Miles Morales, la medesima che aveva mosso i fili dell'episodio precedente. È un'esperienza nata per consentire a tutti coloro che da bambini aspettavano solo la festa di carnevale per sparare ragnatele a destra e a manca di trasformarsi definitivamente nell'eroe che ha segnato milioni di infanzie.
Sotto la maschera, però, non c'è più Peter Parker. Spider-Man: Miles Morales riprende la trama esattamente dove l'avevamo interrotta, con il neo-eroe appena diciassettenne intento ad assimilare tutti gli insegnamenti del suo giovanissimo maestro, più che mai volenteroso di lasciare un'impronta nella storia della metropoli natia. Chiaramente non è il celebre Miles Morales di Ultimate, ma un personaggio inedito, destinato a condividere lo stesso universo del suo mentore.
E la New York di Marvel, si sa, è una città movimentata, persino per due Spider-Man che collaborano tra loro. Possiamo solamente immaginare cosa sia passato per la testa dell'adolescente di Harlem scoprendo che Peter avrebbe dovuto raggiungere Mary Jane in Europa, lasciando tutto il peso della responsabilità nelle mani del secondo Uomo Ragno. Miles non è semplicemente ancora inesperto, ma è soprattutto meno apprezzato dal popolo di Manhattan rispetto all'originale.
Rispondendo alle richieste d'aiuto che arrivano direttamente sulla Spider-App, che possiamo sfoderare con uno swipe sul touchpad del DualSense, capita spesso e volentieri di leggere la delusione sul volto dei newyorkesi in difficoltà, persone ancora diffidenti nei confronti del giovane eroe. Ma Miles è uno che non molla mai e forse, quando Peter vede il suo erede stendere un gigante come Rhino con un singolo cazzotto, capisce che alla fine New York non si troverà poi in così pessime mani.
Il protagonista può infatti contare su ben più di un asso nella manica: oltre alle celebri doti camaleontiche, qui sintetizzate in un sistema di occultamento e capaci di renderlo pressoché invisibile agli occhi, annovera nel suo arsenale le tecniche Venom, legate a una forma di energia bio-elettrica pescata direttamente dai comics, volenterose di ritagliarsi uno spazio personale nei confini del gameplay per dar vita a nuove meccaniche.
La formula già la conoscete: spettacolari scontri in free-flow sostenuti da movenze estremamente cinematografiche, botte da orbi, ragnatele a profusione e la giusta dose di combo aeree; un amalgama pensato per trasformare ciascuna battaglia in una scena che sembra uscita dai cinecomic, esplosioni di coreografie fluide e intuitive che fanno schizzare alle stelle il ritmo dell'azione. Il quadro è impreziosito dallo stile di Miles, un supereroe dal sapore decisamente più "street" del suo maestro, uno che non perde occasione per mettersi in mostra durante le esecuzioni ficcando qualche trick da snowboarder tra un balzo e l'altro.
Poi c'è il ragazzo che si nasconde dietro la maschera. Un giovane intraprendente e di sani principi che riporta la Manhattan dell'Uomo Ragno fra le pieghe dell'universo adolescenziale, riuscendo al tempo stesso a non sacrificare quel pizzico di maturità che mancava alla sceneggiatura del predecessore. C'è l'ingombrante assenza del padre, una madre che combatte il sistema tutti i giorni, un amico fraterno, una vecchia fiamma riemersa dal passato e per finire uno zio molto, molto particolare.
Dal momento che fra nomi, cognomi e figuranti fanno capolino parecchi esponenti dell'universo fumettistico, anche solo trattare superficialmente i comprimari ci costringerebbe a spoiler più o meno espliciti. In ogni caso, il novello Spider-Man si trova in mezzo a due fuochi contrapposti: da una parte c'è l'Underground, una banda di super-criminali che sfruttano la tecnologia per seminare il panico in città, mentre dall'altra c'è la Roxxon, multinazionale impegnata nello sviluppo di energia pulita che nasconde ben più di un semplice impegno ambientalista.
Questo piccolo nucleo creativo sprigiona in Spider-Man: Miles Morales tutti gli ingredienti alla base del comic tradizionale: un pizzico di giallo investigativo, una generosa manciata di azione frenetica, qualche spolverata di umorismo e, perché no, anche un leggero fondo drammatico. Nel complesso, la struttura della narrazione ha fatto passi avanti rispetto al primo episodio, avendo ormai esaurito l'urgenza espressiva di mettere in campo l'intero universo di Spider-Man ed essendo finalmente libera di concentrare il fuoco su un singolo filone più curato.
Detto ciò, lo spin-off dedicato a Miles Morales assume le tinte di un sequel a tutti gli effetti, e chi non avesse vissuto l'avventura di Peter Parker potrebbe faticare a cogliere alcune connessioni presenti esclusivamente nell'universo videoludico. Quando si lancia una nuova partita è possibile assistere a un piccolo riassunto dedicato a quanto accaduto su PS4, ma questo si limita a fornire un'infarinatura piuttosto superficiale, pertanto consigliamo a chiunque ne avesse la possibilità di fare un tuffo nella prima incarnazione di New York, magari in versione rimasterizzata.
Ma attenzione, perché questa potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio. Pur vestendo tutte le cicatrici degli eventi passati, come quelle impresse sulla Fisk Tower, la New York di Miles Morales è infatti identica a quella esplorata da Pete, e fatta eccezione per lo scorrere delle stagioni fatica a portare una ventata d'aria abbastanza fresca da profumare di novità. Ciò significa non solo esplorare la medesima metropoli, ma anche e soprattutto confrontarsi con una mole di attività già viste per gran parte delle otto ore complessive che costituiscono lo scheletro dell'avventura principale.
Non è mai stato un segreto che lo Spider-Man di Insomniac Games rappresentasse l'incarnazione più classica della tradizionale formula open-world. La ragnatela di palazzi è ancora una volta un parco giochi costellato di sfide opzionali, oggetti collezionabili, casse di scorte nascoste e roccaforti nemiche, ricalcando quella struttura esplorativa che ci piace definire simpaticamente "il classico mondo aperto in stile Ubisoft", e siamo certi che abbiate capito perfettamente a cosa ci stiamo riferendo.
L'intero mosaico è costruito per sostenere il sistema di progressione, anch'esso molto classico, fatto di tre alberi delle abilità dedicati alle capacità combattive di Miles, e destinato poi ad alzare il sipario sugli immancabili gadget e soprattutto sulle modifiche per la tuta. Tuta che non ha perso un minimo del suo leggendario smalto, mostrandosi in un design eccellente e soprattutto declinandosi in una lunga serie di fantastiche opzioni di personalizzazione, tra cui merita una menzione speciale quella dedicata a Spider-Man: Un nuovo universo, che può addirittura contare su un framerate dedicato per replicare il feeling del film d'animazione.
Nonostante le più o meno gradite conferme, non mancano le novità. Pur mantenendo sempre elevatissimo il ritmo dell'azione, Miles Morales si prende il giusto tempo per mettere in scena enigmi più elaborati rispetto al passato, dedicando un'inaspettata dose di attenzione alle attività della componente narrativa, specialmente quando si esplorano gli interni degli edifici. A margine, le missioni secondarie più corpose si sono avvicinate all'elevato standard fissato dai videogiochi dedicati all'Uomo Pipistrello, svelando side-story approfondite, oltre che finalmente variegate nell'esecuzione.
Anche se abbiamo aperto quest'analisi sottolineando la qualità delle specifiche nella modalità Fedeltà, capace di intrecciare effetti e ray-tracing in 4K nativo sullo sfondo di ogni singolo raggio di sole, sappiate che abbiamo preferito di gran lunga le opzioni dedicate alla performance. La città in 4K dinamico non perde un briciolo del suo fascino, mentre l'assenza delle fonti di luce aggiuntive e dei particellari "evoluti" è ampiamente controbilanciata dai 60fps, che in mezzo alla frenesia dei combattimenti proiettano dritta nel futuro l'avventura dell'arrampicamuri.
Il succo è molto semplice: Spider-Man: Miles Morales è la reincarnazione next-gen del suo predecessore, solo più a fuoco nella sceneggiatura e nella caratterizzazione; un videogioco onesto, diretto, nato con il solo scopo di regalare l'opportunità di vivere lunghe giornate nei panni dell'Uomo Ragno. Non si pone assolutamente l'obiettivo di presentarsi come un'esperienza rivoluzionaria o innovativa, ma accetta e abbraccia la sua natura divertente, trovando una ragion d'essere nella tanto banale quanto straordinaria sensazione che si prova oscillando fra i grattacieli di Manhattan.
Semplicemente, è ancora una volta il miglior tie-in dedicato all'universo dell'Uomo Ragno, niente di più e niente di meno, e in questa formula ridotta assume tinte perfette per un comic videoludico. Ma sappiate che in caso sceglieste di compiere il salto verso la next-gen insieme al giovane Miles Morales, sarà molto difficile riuscire a staccarsi da quelle ragnatele, e correrete il rischio concreto di trascorrere interi pomeriggi solamente volteggiando nel cielo azzurro della Grande Mela. E con questa, noi vi abbiamo avvisato.