Splatterhouse
Violenza videoludica allo stato puro.
Se siete nati nel corso degli anni '70, è molto probabile che abbiate avuto modo di provare, all'epoca della sua primissima release, il vecchio Splatterhouse originale, vero apripista del genere splatter anche in ambito videoludico. Il titolo, lanciato sul mercato nell'ormai lontano 1988, era infatti caratterizzato da un gameplay all'insegna di così tanta violenza da renderlo un prodotto quasi temuto, caratteristica questa che sancì anche la sua popolarità a livello mondiale.
Sebbene siano passati oltre vent'anni da quella data, Splatterhouse è rimasto nei cuori di milioni di videogiocatori, e proprio alla luce di questo Namco ha pensato bene di riproporlo alle nuove generazioni attraverso un reboot tanto intrigante quanto sanguinoso. La quindi domanda è: il nuovo Splatterhouse saprà bissare il successo della sua celebre controparte originale? Scopriamolo insieme!
Alla base di questo atteso reboot vi è una premessa narrativa molto semplice: un ragazzo a cui è stata appena strappata la propria amata si trova a terra agonizzante, immerso nel suo stesso sangue, ma proprio quando la sua vita sembra prossima a concludersi, una misteriosa maschera parlante, abbandonata al suolo proprio vicino a lui, gli promette energia, forza e la possibilità di salvare la sua Jennifer. Il prezzo? A voi scoprirlo...
Dopo un breve prologo che lascerà ben poco spazio all'introspezione psicologica, vi troverete quindi a vestire i panni del "nuovo" Rick, divenuto ormai un vero e proprio demone, per dare ufficialmente inizio a quella che sembra a tutti gli effetti una missione suicida: raggiungere le profondità dell'inferno per salvare la fidanzata e punire il malvagio individuo che ha osato rapirla.
Sin dai minuti iniziali la prima cosa che salta agli occhi è chiaramente la violenza estrema che caratterizza ogni più piccolo aspetto dell'esperienza; Splatterhouse è infatti, senza alcun dubbio, il gioco più violento degli ultimi anni (e sicuramente al primo posto di questa particolare classifica per quanto riguarda l'attuale generazione), e ciò lo rende molto difficile da digerire per chiunque non abbia il proverbiale stomaco di ferro.
Nel corso della vostra avventura vi ritroverete infatti a tagliare arti, mozzare e sbudellare in vari modi i nemici che intralceranno la vostra avanzata, e sebbene, almeno all'inizio, questo eccesso di violenza possa apparire in un certo senso gratificante, col passare delle ore le cose potrebbero farsi fin troppo "disturbanti" anche per i videogiocatori più stagionati. Ma questo in fin dei conti è Splatterhouse: o lo si ama o lo si odia.
In tal senso il comparto tecnico, caratterizzato da una netta predominanza del colore rosso sangue (che spesso porta ad ambientazioni del tutto monocromatiche) e da un'atmosfera lugubre e opprimente, si rivela chiaramente determinante per rendere l'esperienza ancor più intensa.