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Star Wars: Gli Ultimi Jedi - recensione

Luci e ombre sull'ottava pellicola della saga di Guerre Stellari.

All'uscita da un'anteprima cinematografica è prassi porre la solita domanda: "ti è piaciuto il film?". Ma nel caso di Star Wars: Gli Ultimi Jedi la domanda è un'altra: "E dunque?". Che, attenzione, non è la stessa cosa perché nel primo caso si è aperti a qualsiasi risposta, positiva o negativa che sia. Nel secondo, invece, il film non ha convinto del tutto e con quel "e dunque" è come se s'attendesse l'interlocutore al varco, come se si volesse dare la stura alle polemiche. Solo che in questo momento sono qui da solo a casa a scrivere, è appena iniziato il giorno del mio compleanno (a proposito, fatemi gli auguri) e non mi resta che improvvisare uno schizofrenico dialogo con me stesso: "Stefano, e dunque?".

E dunque cominciamo col dire che Star Wars: Gli Ultimi Jedi non ha convinto del tutto la critica, che all'uscita della sala cinematografica s'è divisa tra commenti negativi ("fastidioso", hanno detto alcuni; "Star Wars è morto stasera", hanno detto altri) e moderatamente positivi. Pochi, davvero pochi, gli entusiasti. Chi scrive è meno critico, meno negativo di alcuni nei confronti del lungometraggio (ben 152 minuti) di Rian Johnson, regista sulle cui spalle è gravata un'eredità non da poco, ossia quella di raccogliere il testimone da J. J. Abrams e di confrontarsi con un mostro sacro come Star Wars. Ma sia chiara una cosa: Gli Ultimi Jedi è tutto fuorché un film capace di convincere a fondo.

La storia, com'è facile intuire, riprende lì dov'era finita con Il Risveglio della Forza, ossia con la bella Rey (interpretata da Daisy Ridley) che porge la spada laser a Luke Skywalker (Mark Hamill), il leggendario cavaliere Jedi del quale s'erano perse le tracce. E che, era lecito immaginare, dovrebbe trasformare la coraggiosa Rey in un guerriero capace di tener testa alle forze del Primo Ordine. Ma le cose, almeno inizialmente, prendono una piega inaspettata, così come inaspettato è il destino che attende i Ribelli, che annoverano un Poe Dameron (Oscar Isaac) sempre più arrembante a bordo del proprio X-Wing, l'ex assaltatore imperiale Finn (interpretato da John Boyega) e il Generale Leia Organa, interpretata per l'ultima volta (almeno in carne ed ossa) da Carrie Fisher, attrice deceduta poco meno di un anno fa.

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Immutate anche le forze in campo per quanto riguarda i cattivi del Primo Ordine, a cominciare da Kylo Ren (Adam Driver), Capitan Phasma (Gwendoline Christie), il Generale Hux (Domhnall Gleeson) e il leader supremo Snoke (realizzato in computer grafica sulla base dei motion capture di Andy Serkis). La novità però è che il Primo Ordine ha capito che costruire lune e pianeti nello spazio porta male, col risultato che finalmente non ci saranno più Morti Nere e Starkiller da distruggere, con le conseguenti "trench run" d'ordinanza.

Sembra poco ma non lo è, e se c'è una cosa di cui va dato atto a Gli Ultimi Jedi è di proporre situazioni inedite, capaci di dare un po' di brio a un film che in altri momenti scade nell'autoreferenzialità più spinta. Al punto che in alcuni frangenti questo Star Wars pare un remake de L'Impero Colpisce Ancora, e meno male allora che Rian Johnson infila di tanto in tanto sequenze che restano impresse nell'immaginario una volta usciti dalla sala.

Ma non si vive di sole suggestioni e là dove Gli Ultimi Jedi riesce a parlare alla pancia degli spettatori, fallisce nel fare altrettanto con la testa. Il film infatti è un alternarsi di alti e bassi come raramente ci è capitato di vedere al cinema, con alcuni momenti in grado d'innalzare bruscamente l'indice di gradimento, e altri che l'abbattono vistosamente subito dopo.

L'interpretazione rabbiosa, quasi animalesca di Adam Driver, conferisce maggiore spessore al personaggio di Kylo Ren.

L'inizio della pellicola, ad esempio, è decisamente spettacolare e propone attimi di Star Wars d'annata. Ma il pathos così creato viene compromesso da una vena comica che scorre sottopelle e che fa venire il dubbio, anzi, il terrore, che Disney voglia importare in Star Wars l'umorismo targato Marvel. Fortunatamente Rian Johnson non si spinge mai oltre quell'invisibile linea di demarcazione che sarebbe stato sacrilego varcare, ma ci va pericolosamente vicino. E quando, pur con qualche risatina di troppo, il film prende quota, ecco arrivare una soporifera parte centrale della quale si sarebbe fatto volentieri a meno. O che avremmo asciugato di minimo una ventina di minuti.

Con la noia che ormai aleggia in sala, ecco però il film volgere verso un finale d'impatto, capace di ridestare la sala dal torpore con alcuni momenti epici (aspettiamo le prime GIF animate di Skywalker che si pulisce la spalla con fare sbarazzino). Così epici da non farci storcere la bocca (o inarcare il sopracciglio, fate voi), di fronte alla Forza che, rispetto alle origini, è ormai del tutto snaturata. E che propone situazioni che, stavolta sì, fanno valicare al film l'immaginaria linea di demarcazione con gli Avengers (d'altronde Lucasfilm e Marvel sono entrambe di Disney), trasformando i cavalieri Jedi e i Sith in supereroi spaziali.

Lo sviluppo dei personaggi presta ugualmente il fianco alle critiche. Bene Rey, Finn e Leia, benissimo Poe Dameron, ormai leader carismatico dei Ribelli. Luke Skywalker parte in sordina ma finisce col botto, mentre Adam Driver pare molto più a suo agio col personaggio di Kylo Ren, le cui incoerenze mostrate ne Il Risveglio della Forza vengono cancellate con un colpo di spugna da una battuta iniziale di Snoke. Come a dire "scusate, non accadrà più". Ed è nella sua interpretazione rabbiosa, iraconda, quasi animalesca, che il personaggio acquisisce spessore.

E però, a fronte di quanto appena descritto abbiamo il Generale Hux, che da serioso protagonista del precedente film diventa la spalla comica di Kylo Ren che lo tratta come una punching ball, senza dimenticare la supercazzola monicelliana che gli tocca subire nei primi minuti. Snoke e Phasma (ancora una volta!) vengono invece sprecati da una sceneggiatura che ce li mostra sì a video ma che li svuota di qualsiasi spessore, di un background, manco fossero dei comprimari. Mettiamoci poi un'improbabile comparsata dal passato, messa lì per puro fan service (ma il pubblico ha gradito), e si capisce che qualcosa non ha funzionato a livello di sceneggiatura.

Lungi dall'essere quella catastrofe che alcuni miei colleghi dipingeranno nelle prossime ore, Star Wars: Gli Ultimi Jedi è comunque un film imperfetto, un roller coaster di sensazioni contrastanti capace di prendere lo spettatore sapiens e di portarlo su, poi giù, poi ancora su, e di farlo uscire dalla sala irrazionalmente divertito.

Soprattutto, è un film che tira un inaspettato colpo di spugna su elementi e personaggi de Il Risveglio della Forza, quasi che Rian Johnson volesse correggere J. J. Abrams là dove ce n'era bisogno. Ma con quella che sembra essere la ripartenza della ripartenza, la terza trilogia di Star Wars non riesce a spiccare il volo e ci propone un episodio più interlocutorio di quanto credessimo. Il prezzo del biglietto è giustificato ma bastava poco per fare meglio.

Avatar di Stefano Silvestri
Stefano Silvestri: Il suo passato è costellato di tutto ciò che è stato giocabile negli ultimi 40 anni. Dal ’95 a oggi riesce a fare della sua passione un mestiere, non senza una grande ostinazione e un pizzico di incoscienza.

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